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Shabaka And The Ancestors – We Are Sent Here By History

2020 - Impulse! Records
afro jazz

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Tracklist

1. They who must die
2. You’ve been called
3. Go my heart, go to heaven
4. Behold, the deceiver
5. Run, the darkness will pass
6. The coming of the strange ones
7. Beasts to spoke of suffering
8. We will work (on redefining manhood)
9 - ‘Til the freedom comes home
10. Finally, the man cried
11. Teach me how to be vulnerable


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Shabaka Hutchings, classe 1985, sassofonista tenore, clarinettista, musicista e compositore britannico di origini barbadiane, leader e fondatore di progetti musicali come Sons of Kemet, The Comet is Coming e, appunto, Shabaka and the Ancestors. Artista virtuoso con alle spalle collaborazioni prestigiose con artiseti del calibro di Sun Ra Arkestra, Floating Points, Mulatu Astakte, Polar Bear e molti altri.

Shabaka, ascolta, anzi, King Shabaka così come recita lo pseudonimo con cui ti fai chiamare quando sali sul palco a suonare…dicci anche sei un discreto centravanti dal gol facile e ce ne andiamo tutti a casa. No dico, basta saperlo! (Stiamo vivendo un periodo non facile di forzata quarantena, quindi siate buoni e concedetemi la battuta!)

Un artista capace di ritagliarsi uno spazio degno di tale rispetto in una scena fertilissima come quella del jazz contemporaneo merita tutti gli elogi del caso. Musicista dal dna afrocentrico, il cui talento cristallino è da sempre finalizzato alla produzione di ottima musica e mai per il semplice virtuosismo fine a se stesso. “We Are Sent Here By History” è il secondo capitolo del progetto Shabaka and the Ancestors, registrato interamente in Sudafrica tra Johannesburg e Cape Town e suonato da uno straordinario gruppo di musicisti con i quali Hutchings aveva già collaborato in precedenza: Mthunzi Mvubu al sax contralto, Siyabonga Mthembu al canto nelle voci zulu e xhosa, Ariel Zamonsky al contrabbasso, Gontse Makhene alle percussioni, Tumi Mogorosi alla batteria, senza dimenticarci degli ospiti di lusso tra cui Mandla Mlangeni alla tromba e i pianisti Nduduzo Makhathini e Thandi Ntuli.

Africa, Caraibi, tradizione jazz, tutti in un unico disco, riscoperti, reinterpretati e ricombinati. La tematica del disco, “un’umanità in procinto di essere spazzata via da una catastrofe ambientale” profetizzata dallo stesso Shabaka, rende l’ascolto di questo album quasi spiazzante in questi “strani” giorni che stiamo attraversando. In attesa di questo collasso apocalittico che tutti noi auspichiamo il più lontano possibile, ascoltare le 11 tracce di “ We Are Sent Here By History ” risulta un viaggio spirituale all’interno di un disco jazz tribale dall’attitudine punk, dove la spiritualità e gli echi di John Coltrane e di Mingus si addensano in ogni rivolo di note suonate da questo poderoso ensemble di musicisti.

I 10 minuti di They who must die, brano con cui si apre il disco, già basterebbero a indurti a chiamare tutti i tuoi amici jazzofili suggerendogli l’ascolto obbligato. Ogni brano meriterebbe di essere discusso sorseggiando una birra seduti ad uno di quei tavolini in legno, tondi, consumati dalle stagioni e illuminati dalla flebile luce di una lampada dal paravento intriso del fumo degli anni che fecero grande il jazz e il be bop.

Un disco che potrebbe essere già considerato come la prova definitiva di un enorme talento, ma che a mio avviso sarà invece solo un altro capitolo di un romanzo che inizia davvero a farsi davvero interessante.


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