Impatto Sonoro
Menu

Back In Time

“Times Of Grace”, il ruggito sgraziato dei Neurosis

Amazon button

Chiunque abbia vissuto in prima persona l’universo metal e affini nel triennio 1997-1998-1999 non può non ricordarne il fermento artistico.
Erano gli anni in cui, mentre un sacco di teenager passavano le giornate tra skateboard e dischi hardcore-punk, le orecchie ed il cervello di quelli più coraggiosi venivano continuamente prese a calci da una quantità incredibile di uscite completamente trasversali e per certi versi rivoluzionarie.

Una situazione che che mise a dura prova pure le più illustri penne dei giornalisti dell’epoca (allora leggere i magazine metal era l’unico modo per tenersi aggiornati) che cercavano di collocare invano dischi come “Chaosphere“, “The Marriage Of Heaven And Hell“, “Calculating Infinity“, “City”, “Obscura”, “Dreaming Neon Black“, “Neonism” o “Times Of Grace” in generi specifici.

In questa occasione mi soffermerò a parlare proprio di “Times Of Grace“, un disco che ha per me un valore speciale ed ossessivo e che ha rappresentato il mio primo approccio con i Neurosis. Ogni suo ascolto mi riporta indietro ad un periodo in cui ogni uscita rappresentava, per un ragazzino affamato di musica come il sottoscritto, un viaggio alla scoperta di atmosfere e suoni nuovi come  quello delle chitarre iniziali di The Doorway. Il loro ruggire sgraziato molto più vicino al clangore noise-rock che al metal rappresentano, insieme ad un suono generale molto più secco ed organico che in passato, l’ingresso della band di Oakland nel DNA produttivo di Steve Albini che si occuperà da qui in avanti di ogni loro lavoro.

Il disco in cui i Neurosis iniziarono a suonare al 100% come i Neurosis

Anche se un po’ esagerata, questa affermazione risulta in realtà tutt’altro che campata in aria: da “Times Of Grace” in avanti i Neurosis porteranno avanti un discorso evolutivo, coerente e (quasi) mai statico, merito anche di Albini stesso che riesce qui nell’impresa di fare centro al primo tentativo.

Si percepisce in ogni momento una sensazione di pericolo imminente, una tensione continua che mantiene l’ascoltatore in uno stato costante di ansia lisergica, vittima di un rituale infinito in cui viene trasportato in un contesto senza spazio né tempo. Impossibile non perdersi in un brano mastodontico come The Last You’ll Know con i suoi inserti di cornamusa, trombone tuba ed archi.

Calibrando alla perfezione pesantezze doom, le atmosfere più spaventose degli Swans e un attitudine più vicina alla musica rituale che al rock, la band dà vita ad uno dei capitoli più importanti e allo stesso tempo più sottovalutati della loro discografia. Molte delle sue canzoni, come Belief, End Of The Harvest, la title track o The Doorway, entreranno comunque in pianta stabilmente nel loro repertorio live.

Provare a ricollocare un disco come questo (più viscerale e meno hardcore dei precedenti) nel panorama musicale del tempo, rende l’idea di come fosse veramente difficile capirne appieno il contenuto nel 1999. Lo stesso anno “Times Of Grace” porterà Von Till e soci in giro per il mondo con uno dei tour più distruttivi che la storia ricordi, insieme ai meravigliosi Voivod del periodo Eric Forrest (reduci anche loro da una clamorosa collaborazione con Albini sfortunatamente mai pubblicata) e Today Is The Day.

A chiusura del cerchio il gruppo pubblicherà sotto lo pseudonimo Tribes Of Neurot la controparte ambient “Grace“, la cui particolarità è quella di poter essere ascoltato in contemporanea al disco principale, creando una esperienza di ascolto inedita e nuova. La stessa idea che i Rosetta riprenderanno in futuro ma senza lo stesso risultato.

Times Of Grace” seppur non rappresentando un momento di rottura come il precedente “Through Silver In Blood”, rimane la chiave di volta per comprendere appieno i Neurosis del nuovo millennio ed io, fortunatamente c’ero.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Articoli correlati