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Alberto Boccardi – Cairo Primo

2020 - Oltrarno Recordings
ambient / elettronica

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Tracklist

1. I
2. II
3. III
4. IV
5. V
6. VI
7. VII
8. VIII
9. IX


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“Cairo Primo” è il terzo solo album di Alberto Boccardi. Rispetto al suo precedente lavoro, “Fingers” (2014), presenta un sound epurato da molte sonorità che stabiliscono con la memoria un rapporto nitido, dettagliato.

Nasce dopo un periodo di permanenza a Il Cairo durante il quale ha stabilito una relazione umana con la città egiziana “che non dorme mai”. È un omaggio meditativo e multilivello alla metropoli.

È opportuno premettere che “Cairo Primo” non è un album di facile ascolto. Richiede tempo, energia, connessioni mnemoniche che l’ascoltatore potrebbe non essere pronto ad affrontare. Eppure è ipnotico. Come il caos che governa la vita in una metropoli come quella egiziana.

Il tappeto sonoro sul quale si sviluppano le nove tracce, ognuna delle quali ha i propri campionamenti e le proprie distorsioni, non è sempre rassicurante. Ogni traccia è un quartiere, con le proprie luci e le proprie inquietudini. Il sound è nebbioso, polveroso, come si levasse una musica dall’afa. Il flaneur si trova spesso dinanzi a delle discrepanze spaziali e temporali. È Il Cairo? O è un sobborgo di Londra? Ok sono a Il Cairo, ma quando? Questa alterazione spazio tempo consente che ogni ascolto sia come il primo.

I è un viaggio emozionante, malinconico e vagamente hauntologico in taxi sotto la pioggia. I campionamenti disegnano delle luci che corrono via, distorte dalla rifrazione causata dall’acqua. Suggestioni che scivolano veloci, incessanti. Nella traccia III si percepisce la vita pulsante de Il Cairo. Come Pac Man che si muove compulsivamente attraverso i labirinti, anche l’unità sonora si snoda tra le vie metropolitane leggermente rosa e polverose.

V regala un sound più industrial. Il corpo percussivo è camaleontico; muta a seconda del mood in cui si pone l’orecchio che ascolta, trasformandosi da “forza lavoro” a “forza naturale” la quale ricorda l’incessante battere di una goccia durante la pioggia. VI è un respiro. Non solo metaforico, ma sonoro. Nonostante il suo carattere vagamente “eerie” è un attimo di quiete, un momento di meditazione profonda ed umana.

L’ultima traccia, IX, è un paesaggio distopico alienante che ben descrive la visione di Boccardi.

Il suo personalissimo filtro della memoria gioca sulle mancate presenze tipiche della musica hauntologica, nella quale il rapporto tra tempo e spazio viene alterato causando una sorta di vuoto nel quale prendono vita dei misteri, creature figlie del passato e del presente.

Tensione e calma generano energia.

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