Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Einstürzende Neubauten – Alles In Allem

2020 - Potomak
avantgarde

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Ten Grand Goldie
2. Am Landwehrkanal
3. Möbliertes Lied
4. Zivilisatorisches Missgeschick
5. Taschen
7. Seven Screws
8. Alles In Allem
9. Grazer Damm
10. Wedding
11. Tempelhof


Web

Sito Ufficiale
Facebook

In continua, lenta ed inesorabile trasformazione da quel lontano 1981 in cui il mondo prese sui suoi fragili denti la bordata di “Kollaps” restando spiazzato, gli Einstürzende Neubauten giungono negli anni Venti del nuovo millennio ancora vestiti di tutto punto, ancora affamati, ancora impugnando un martello, pronti a percuotere la lastra metallica della realtà.

Ancora una volta Blixa Bargeld, Alexander Hacke, N.U. Unruh, Jochen Arbeit e Rudolf Moser si fanno latori di quel verbo post-moderno che un tempo veniva chiamato industrial ma che oggi non ha più un nome tangibile, oggi che l’arte non ha più denominazioni e i movimenti sono immoti. Non possiamo descrivere in una sola parola quello che il quintetto berlinese ha in serbo per noi, dopo così tanto tempo da “Alles Wieder Offen” e così poco da “Lament”, che però era una parentesi e un lavoro su commissione, e che fotografava un’entità diversa da quella che si stava muovendo sui binari che Emmerich pose sul finire del Secolo Breve. Ci sarebbe da fare tutta una questione di classe che a nessuno di quel movimento di geniale dilettanten che scosse l’Europa punk e post-punk dalle fondamenta toccò come toccò le mani di Mida di Blixa, che si trasforma con la sua creatura con la stessa lentezza degli elefanti in marcia. Eppure la velocità futurista è qui parte integrante, il dadaismo è impresso e lo si guarda da lontano.

In tanti non hanno retto il letargico urto e la conseguente muta del serpente, da anni meno rumoroso (e “Lament” diventa davvero parentesi in un racconto ben più articolato) e si sono allontanati o, più semplicemente, sono rimasti sul quell’autostrada a sbattere tubi di piombo sulle strutture di cemento. Gli EN no, si sono spostati, hanno creato un’altra realtà subitanea alla propria, poco prima ultime bestie del paradiso, quello dopo silenzi sensuali, segue una follia dada in spinta e ora “Alles In Allem”. Tutto Sommato. In copertina si palesa il gruppo, come non accadeva dalle silouette di “…Richterskala” e le pose non sono più quelle degli artisti del metallo, ma quelle dell’apertura: Bargeld a braccia aperte (davvero?), Hacke piegato a schiena curva, Unruh non guarda nemmeno in camera e si sfila la giacca, Arbeit e Moser defilati sullo sfondo, quasi schivi. Tutti e cinque irrorati dal bianco asettico che si scontra con le loro figure colorate. 

Chi ha avuto modo di vederli dal vivo nel lustro appena passato sa quanto siano ancora capaci di efferatezze in violenta antitesi con le proprie figure adulte e distanti. Eppure qui il terreno torna ad essere quello morbido e al contempo austero che ricopre la struttura della macchina. Forse con una “leggerezza” finora tenuta a debita distanza, ed è proprio in questo spettro di colori che si muove la danza laterale dell’apocalisse pop di Möbliertes Lied con il suo comparto elettronico che stinge sullo sfondo o l’ovest ghiacciato a passi lenti di Seven Screws che sale epico e s’inabissa poco dopo. La pacatezza post-punk della locomotiva livida di Wedding trova Bargeld alle prese con l’ipnosi, mentre gli archi carichi a pallettoni emotivi di Taschen sono un viaggio d’amore in catena di montaggio. Ten Grand Goldie è un sabba motorizzato, danza in cerchi concentrici sempre più stretti impalati al basso minaccioso di Hacke. Non manca un’impennata di rumore con Unruh sugli scudi: Zivilisatorisches Missgeschick trova negli opposti noise/silence un fulcro egotico in cui i mostri del passato si rifanno sentire, ma è solo un attimo prima che l’umor vitreo della title track riempia il campo visivo, annegando il tutto in un balletto di seta.

La raffinatezza, a questo punto delle cose, è forse l’unica strada che gli Einstürzende Neubauten possano intraprendere, anche se le alte mura della fabbrica ormai si sono sgretolate e hanno lasciato i macchinari nudi in campo aperto. Non si tema la ruggine, perché lo smalto scintilla al sole, piuttosto l’assenza di un lampo di genio. Ma questi signori han già dato. Alles in allem va bene anche così.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni