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Wellworn Banana – Anytime

2020 - Mia Cameretta Records / Lady Sometimes
shoegaze / alt-rock

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Tracklist

1. P.
2. Song One
3. Grandmother
4. Blast Off
5. Slow Time
6. Rui Costa
7. Instrumental Song
8. Adele
9. YoLa Song


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Questo nefasto inizio d’anno qualcosa di buono sta portando. Dalla scena indipendente laziale stanno arrivando segnali decisamente positivi, grazie soprattutto al lavoro di scoperta e selezione compiuta ormai da anni da quelli di MiaCameretta. Stavolta è il turno di Ettore Pistolesi, ormai alla ribalta da un decennio con diversi – e validissimi – progetti, come il grunge degli Esercizi base per le cinque dita, il garage punk psichedelico dei Poptones e lo shoegaze dei Flying Vaginas. Proprio da quest’ultimo riflesso Ettore decide di ripartire, mettendosi in proprio e intitolando il suo personale progetto Wellworn Banana.

In collaborazione con Lady Sometimes esce così “Anytime”, nel quale Pistolesi si porta appresso le sonorità dreamy e shoegaze, oltre a diversi (ex) compagni d’avventura. Completano la line-up, infatti, gli amici Strueia al basso – che nel 2017 abbiamo apprezzato da solista con l’album “La chitarra il bosco lo spleen” – e Andrea Sperduti alla batteria, coadiuvati talvolta da Simone Alteri alla chitarra (già con Pistolesi ai tempi degli Esercizi), da Filippo Strang (Flying Vaginas) e dallo Human Colonies Giuseppe Mazzoni.

Un tappeto d’organo su cui iniziano a muoversi gli arpeggi (P.) ci introduce lentamente in un’attesa impregnata d’angoscia: la voce dilatata di Ettore si appoggia sul box strumentale, diventandone parte integrante. Il tempo aumenta in modo vertiginoso e i riff diventano taglienti (Song one), in una sorta di secondo inizio che descrive l’estate in modo essenziale. L’attesa implica distacco, un tema che viene affrontato in Granmother rispettando gli stilemi shoegaze anni ’80, sospesi a metà tra Jesus and Mary Chain e My Bloody Valentine. Poi ecco spuntare i Sonic Youth (Blast off), quelli che a Ettore mancano irrimediabilmente, ma anche i Placebo, gente che in quanto a inquietudine non scherza.

Con Slow time si prende un bel respiro, e una breve pausa dai ritmi forsennati tenuti fin qua: titolo, musica e testo si compattano fino a formare un inno alla lentezza. Poi si riparte, e con Rui Costa Ettore ricorda – ancora in modo nostalgico, sotto forma di mancanza – la classe del campione portoghese. L’ispirazione stavolta arriva dalla colonna sonora del docufilm su Zidane, scritta dai Mogwai nel 2006.

Tra le varie solitudini trova posto quella dovuta al distacco amoroso (Intrumental song): in questo caso sono ben calibrati i cambi di tempo, mentre le note volutamente calanti risultano deliziose ciliegine sulla torta. Ancora ritmi alti con Adele, dove si corre speditamente verso il traguardo, una linea d’arrivo che merita un piccolo discorso separato dal resto. YoLa Song è un chiaro omaggio a YoLa Tengo, la band newyorkese che a metà degli anni ’90 stravolse e al tempo stesso ridisegnò il concetto di rock alternativo. In un trionfo di nostalgia, di contro, il tema cantato è quanto mai attuale e si basa sugli slogan “andrà tutto bene” e “resto a casa”.  

In questo disco Ettore rispetta l’impegno con se stesso, componendo musica in grado di descrivere efficacemente la solitudine. Una solitudine vissuta in uno scenario urbano che va dai luoghi di studio a quelli di lavoro, viaggiando su sentieri alienati che vedono mutare il paesaggio dal centro città alla periferia, fino a diventare provincia, mentre il rumore si fa silenzio. La solitudine è ispirata ai modelli musicali di Pistolesi, dai Sonic Youth ai Guided By Voices, passando per gli Eric’s Trip. In questo contesto si insinuano testi scarni, a tratti ermetici, che fissano pochi ma essenziali concetti: sembra quasi di ascoltare una colonna sonora che accompagna un film tratto da un romanzo di formazione.

Con “Anytime”, Ettore non ha voluto concepire un disco innovativo. Non ci sono tracce di sperimentazione, tantomeno la pretesa di tracciare le linee melodiche del prossimo futuro. E’ un disco nostalgico, nelle intenzioni e nella messa in pratica, un lavoro che nel complesso non poteva prescindere dai richiami a quel periodo storico a cavallo tra gli ’80 e i ’90, apice delle tante band da cui trae ispirazione.  

Nel complesso parliamo di un disco ben fatto, coerente, senza sbavature. Ettore ha dimostrato innanzitutto di sapersi affrancare in modo efficace da una band, avendo le idee chiare su come portare a termine un lavoro che per la prima volta ruota tutto intorno a lui. L’attitudine indie dona poi quei sani “detriti” alle sonorità, un must per gli amanti della grezza purezza derivante dalle registrazioni casalinghe. In attesa di future conferme, il primo disco a nome Wellworn Banana è promosso a pieni voti.

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