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Kavus Torabi – Hip To The Jag

2020 - Believers Roast
psych

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Tracklist

1. Chart the Way
2. Silent the Rotor
3. A Body of Work
4. The Peacock Throne
5. You Broke my Fall
6. Cemetery of Light
7. Radio to Their World
8. My Cold Rebirth
9. Where the Eyeless Walk
10. Slow Movements 


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Kavus Torabi è uno di quei musicisti dei quali potresti non sentir mai parlare, ma la cui importanza all’interno del mondo musicale odierno è inaspettatamente e sorprendentemente rilevante.

Dagli anni novanta in poi è una figura trasversale nella scena psichedelica inglese, dai primi gruppi Die Laughing e Monsoon Bassoon all’ingresso nei Cardiacs, dalla fondazione dei magnifici Knifeworld alla presa delle redini dei nuovi Gong di Daevid Allen dopo la sua scomparsa. Insomma, un personaggio dal peso specifico non indifferente.

In contemporanea con tour e session con le sue molteplici band Torabi registra il suo primo vero disco da solista (a eccezione dell’ep “Solar Divination” del 2018) “Hip to the Jag”, pubblicato dalla sua etichetta Believers Roast. Contrariamente alla maggior parte degli episodi precedenti che vedono un dispiego abbastanza elevato di elettricità e arrangiamenti alla wall of sound siamo di fronte a un disco intimo, etereo e raccolto, una lettera d’amore a una psichedelia meno acida e più pastorale, scritta in solitaria con chitarre acustiche e armonium.

Fin dalle prime note siamo immersi in un’ambiente rarefatto ma estremamente denso, nel sottobosco creato dall’armonium e dalle sommesse plettrate della chitarra nasce e fiorisce un suono vivo e pulsante, una stratificazione minimale ma che al momento giusto si apre e respira a pieni polmoni, come nel caso di Silent the Rotor: all’inizio un ipnotico arpeggio fa da piedistallo alle note dello xilofono e alle delicate armonie vocali, il tutto cresce fino ad esplodere magnificamente nel ritornello, gli strumenti avvolgono ogni cosa come una densa resina e innalzano la canzone fin sopra le fronde degli alberi, fino a raggiungere i caldi raggi del sole.

Seguono episodi scarni e quasi embrionali (A Body of Work) e parentesi drone (The Peacock Throne) fino ad arrivare al blocco centrale dell’album con le sublimi You Broke my Fall e Cemetery of Light. Da una base estremamente semplice lievitano lentamente fino a sbocciare in un tripudio di cori e armonium, è sorprendente quanto questi pochi elementi riescano a dare vita a un suono così potente e intenso. Non si tratta nemmeno di elaborati e intricati brani con mille cambi di accordi, anche qui rimaniamo su strutture semplici ed essenziali. È la bravura di Torabi negli arrangiamenti a rendere il risultato così sorprendente. Non è quello che ci si aspetta convenzionalmente da un disco acustico ma contemporaneamente ne abbraccia tutte le caratteristiche.

In certi momenti sembra di ascoltare delle gemme perdute dei lavori più bucolici degli XTC, in altri sembra fare capolino lo spettro di Daevid Allen. Si colgono anche fugaci rimandi alla fulminante e aliena psichedelia dei Cardiacs, alla loro soverchiante vitalità e ai loro imprevedibili cambi di direzione, che il nostro conosce bene, più di chiunque altro.

I brani successivi sono una conferma e un’espansione di quanto detto in precedenza, troviamo momenti meditativi, estatiche esplosioni, brevi incursioni elettriche, armonie sinistre e una densità straordinaria, che nella conclusiva Slow Movements si manifesta nella maniera più pura. Per nove minuti di sola voce e armonium si avverte una tensione incredibile, il fiato trattenuto, il presagio di una minaccia dietro l’angolo, quell’elettricità nell’aria che preannuncia l’arrivo della tempesta che però in questo caso non arriva, lasciando il posto al silenzio.

“Hip to the Jag” è la prova definitiva del valore musicale di Kavus Torabi, un disco di rara intensità, che nella sua intimità si espande fino a divenire maestoso e imponente, una gemma preziosa, come non se ne vedono spesso.

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