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Run The Jewels – RTJ4

2020 - Jewel Runners / RBC / BMG
hip-hop

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Tracklist

01. Yankee And The Brave (ep.4)
02. Ooh La La (feat. Greg Nice e DJ Premiér)
03. Out Of Sight (feat. 2Chainz)
04. Holy Calamafuck
05. Goonies Vs. ET
06. Walking In The Snow
07. Ju$t (feat. Pharrell Williams and Zack De La Rocha)
08. Never Look Back
09. The Ground Below
10. Pulling The Pin (feat. Mavis Staples and Josh Homme)
11. A Few Words For The Firing Squad (Radiation)


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Dai un’occhiata alle ultime notizie e realizzi come gli Stati Uniti d’America stiano sprofondando in uno scenario a metà strada tra “The Crazies” di Romero e i tumulti finali di “Do The Right Thing” di Spike Lee. Solo che questa volta è tutto vero. Jaime e Michael avrebbero dovuto rilasciare il quarto frutto del loro splendido sodalizio in data 5 Giugno ma date le circostanze, perché aspettare? Ancora una volta in free download dal loro sito e ognuno valuti da sé se valga o meno la pena di mettere mano al portafoglio. E sì che con un tour mondiale in supporto ai Rage Against The Machine andato a monte, stavolta di fare cassa avrebbero avuto bisogno.

A trent’anni esatti da “Fear Of A Black Planet” dei Public Enemy, l’Apocalisse preannunciata da Mistachuck e soci torna a palesarsi più insidiosa che mai. Killer Mike pare farsi consapevolmente carico del passaggio di testimone irrompendo sull’ennesimo beat (de)costruito dal suo socio per Out Of Sight: “My mother fuckin’ Uzi weighs a ton!”. Le cose erano comunque già state abbondantemente chiarite con l’uscita di Ooh La La, che riprende un caposaldo dei giorni che furono come DWYCK e omaggia Ol’ Dirty Bastard nel testo: mentre i riflettori rimangono monopolizzati dalla (mendace) figura del rapper come self made man, da queste parti l’hip hop è ancora cultura, identità comunitaria e bagaglio di esperienze condivise. Ben lungi dal risultare mera celebrazione di un immaginario nonostante tutto ancora assai ben radicato in patria (Never Look Back no?), “RTJ4” riesce ancora una volta a fare sì che il suo lato più materialista non stoni minimamente con quello più creativo e, osiamo pure dirlo, intellettuale.

Esaurito il fattore sorpresa dei dischi precedenti non rimane che continuare a puntare su stile e concretezza. Va in onda Yankee And The Brave, ipotetico show televisivo che, aldilà dell’evidente valore del pezzo, riassume l’essenza del duo accostando i nomi delle squadre di baseball delle rispettive città di provenienza. Questi sono i Run The Jewels: un figlio della middle class bianca newyorkese e un sottoproletario nero di Atlanta. Nella loro musica i due mondi non collidono affatto ma anzi, si compenetrano e compensano a vicenda, trovando sempre la quadra per trarre il miglior risultato possibile dai due approcci. Ecco perché possono permettersi di incastonare sul groove sinuoso solcato da tastiere dopate di Pulling The Pin, sia il gospel di Mavis Staples che le chitarre di Josh Homme.

Caso mai non vi bastassero Goonies Vs. ET e Walking In The Snow per capire che ci troviamo davanti al meglio del meglio che il rap possa offrire in questo difficile momento storico, sappiate che c’è spazio anche per una manciata di capolavori veri. Ju$t è una Drop It Like It’s Hot sotto steroidi con Zack De La Rocha in luogo di Snoop Dogg (e scusate se è poco), Pharrell invece è sempre lui ma ci delizia giocando con la semantica della lingua inglese. Quindi: to master nel senso di impratichirsi e/o conseguire un titolo accademico ma anche master da intendersi come padrone di schiavi. Holy Calamafuck è il trionfo delle virtù del THC, coi suoi rimandi giamaicani e il suo repentino cambio di marcia prima della strofa di El-P che la fa decollare definitivamente. A Few Words For The Firing Squad è un crescendo drammatico accompagnato al suo apogeo da un sassofono grondante lacrime.

Brillantezza e coesione sembrano essere la nuova cifra stilistica dei RTJ. Le ghost note e le texture che regnavano sovrane sul precedente capitolo vengono utilizzate con molta più parsimonia, preferendo un impianto sonoro più grezzo e minimale (raw shit, come si dice in gergo). Il livello lirico rimane inarrivabile per perizia tecnica e capacità interpretativa e narrativa, passando con una naturalezza disarmante dal più ignorante sfoggio di testosterone alla più lucida disamina di una situazione socio-politica ormai insostenibile. Alla fine li si ama anche per questa capacità di declinare le numerose anime del rap senza snobbarne né santificarne nessuna di default. Si termina l’ascolto indecisi se immergersi nella lettura di Don DeLillo o procurarsi un cannone delle dimensioni del pene di Lex Steele.

Pochi dubbi invece sul fatto che anche stavolta, non si possa fare altro che togliersi il cappello.

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