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SENZA LUCE: i 40 migliori dischi black metal di sempre

Annaspando in assenza di luce, rimestando nel torbido dell’animo dell’essere umano, tentando di elevarlo altrove, ribellandosi a tutto e a tutti, ponendo le basi per costruire un’autarchia musicale senza eguali e in totale opposizione alla normalità, al classico e al “vecchio”. Fa strano, perché stiamo parlando di black metal, ma se fosse l’incipit all’introduzione a punk e jazz si sposerebbe ugualmente bene. Il che ci pone nell’ottica di trovarci dinnanzi a quella che si potrebbe intendere come una vera e propria rivoluzione in termini non solo musicali, ma anche intrinsecamente culturali. Nel bene e, soprattutto, nel male.

L’attrazione per l’occultismo è sempre stata compagna degli artisti in generale, ma coi musicisti si è sempre trattato d’amore, proibito, censurato, spesso e volentieri nascosto dietro doppisensi, allegorie e maschere di ogni genere. Quando si è mostrato in tutta la sua oscura eccitazione ha spaventato le masse: il blues e le sue infatuazioni che si legano alle radici della cultura voodoo, le pratiche magiche crowleyane e la Chiesa di Satana di La Vey che si sposano alla perfezione con la crescente ondata del rock degli anni ’60 concupendo una lunga lista di artisti pop, il satanismo e la magia posticci presi per buoni, il culto di déi antichi legati alla storia della propria terra d’origine, o di posti lontani, nello spazio e nel tempo. Così, la lunga onda del black metal è andata formandosi in piccoli schizzi d’acqua sporca che ben presto si sono trasformati in uno tsunami di odio, violenza e ribellione che ben pochi altri hanno saputo sfruttare così bene, e così male.

Se la prima ondata di gruppi vicini a quello che sarà il BM sono stati un “male necessario” a porre le basi per la vera rivoluzione, è solo con la seconda che il metal si è veramente tinto di nero e di sangue, spesso letteralmente. Ma sarebbe ora di andare oltre la cronaca, oltre agli errori e guardare tutto col distacco dovuto a quello che è stato un genere nuovo e che ha saputo evolversi, anche ideologicamente. Perché è proprio nelle ideologie estreme, politiche e religiose, che l’evoluzione è nata e cresciuta. Ribellarsi, spesso, porta a non avere contezza di ciò che si sta perseguendo. Se si persevera si scade spesso nel ridicolo, e così anche musicalmente.

Giunto come una svolta, il black metal non ha mai smesso di essere musica in divenire perché, oltre ai gruppi – e di conseguenza i fan – che si sono ovviamente votati al tradizionalismo fine a se stesso, tradendo così quel senso di cambiamento e novità che ha battezzato i propri predecessori (spesso essi stessi rimasti invischiati nel proprio essere TRVE), in tanti hanno seguitato ad aggiungere al mosaico principale sempre nuove tessere che hanno il compito di rendere sempre interessante e innovativo un genere che sì, è tradizione nel senso stretto del termine, ma anche futurismo, reazione e avanguardia. Sono tante le band che si sono incaricate di portare elementi totalmente distaccati da quella che è diventata la dialettica classica del black, permettendo un movimento sempre più spedito verso un ulteriore step, un altro atto avanguardista e una presa di coscienza di cos’è l’uomo, spesso e volentieri unico vero Dio nella narrazione blackster.

In questa classifica, dunque, non troverete solo ed esclusivamente i dischi e i gruppi più ovvi che hanno dato una prima stesura di quella che sarebbe stata la seconda e pià importante ondata di black metal, ma anche quelli che si sono fatti portatori di un nuovo Verbo nel nuovo Verbo, in una spirale di innovazione che sembra non volersi ancora arrestare. Ci sono infatti mancanze illustri di band imprescindibili come Venom (tra quelli internazionali), Mortuary Drape o Necrodeath (tra quelli italiani) che fanno parte della prima ondata della quale non ci siamo voluti occupare.

Non abbiamo fatto distinzioni di sottogeneri poiché il black non è solo un’etichetta, è una filosofia, e da tale va presa nella sua interezza.

Nota: per rendere le cose più complesse e al contempo divertenti abbiamo selezionato un solo disco per band.

40. Rotting Christ – Thy Mighty Contract (1993)

I Rotting Christ sono la band che fece capire a molti che il black-metal di inizio anni ‘90 non significava solo Scandinavia. Padri del movimento ellenico, Sakis e soci scegliendo un approccio meno estremo al genere hanno sempre avuto una particolare attenzione per la parte atmosferica e melodica, che è qua usata per creare atmosfere funebri ed esoteriche. Un approccio non troppo distante dai nostri Mortuary Drape.

39. Kvist – For Kunsten Maa Vi Evig Vite

Un disco per certi versi unico, con un songwriting estremamente maturo e una tecnica individuale al di sopra della media (soprattutto vista l’età della band appena maggiorenne all’epoca). Spesso considerato un capolavoro minore, “For Kunsten Maa Vi Evig Vite” è una perla da riscoprire assolutamente, uno degli esempi migliori di come far convivere atmosfera, melodia e aggressività.

38. Xasthur – Defective Epitaph (2007)

Davvero in pochi sono riusciti a carpire il segreto delle strutture abissali di Burzum. Uno, e forse uno solo è Scott Conner, o meglio, Malefic, è in grado di far affondare qualsiasi umore e in qualsiasi momento farli riaffiorare in altra forma tanto da richiamare l’attenzione di Aaron Turner e della sua Hydra Head. Questo disco è sentito e terrificante, uno specchio infranto di depressione in un tunnel immerso nella nebbia.

37. Cradle Of Filth – Dusk And Her Embrace (1996)

Derisi e odiati, pacchiani e venduti. Sui Cradle Of Filth è stato detto tutto e il contrario di tutto ma ciò non toglie che “Dusk And Her Embrace” rimanga una pietra miliare per il black metal inglese e non. Niente come questo disco è mai riuscito a descrivere cosi bene le lugubri atmosfere gotiche e vittoriane tipiche dell’estetica anglosassone. Il tutto senza perdere un minimo di violenza ed aggressività.

36. Sunn O))) – Black One (2005)

Chi meglio di Anderson e O’Malley, maestri dell’oscenità orrorifica trasposta in rumore poteva addentrarsi in questo deserto emotivo? Con questo disco dimostrano di saperlo fare meglio di tanti altri. Lo chiameremmo depressive, se non avesse una forza interiore e un calore vicino a quello del Sole, un sole spento fuori e ribollente in profondità. Tocco di classe? Cursed Realms (Of The Winterdemons) degli Immortal azzoppata dalle ritmiche a mitragliatrice e resa magma, alla voce Malefic (Xasthur), che se ne va in giro per il disco a mietere vittime come nulla fosse.

35. Nachtmystium – Assassins: Black Meddle Pt. I (2008)

In uno dei dischi più di rottura di tutto il filone a stelle e strisce, già dal titolo e dalla traccia iniziale si capisce che i Pink Floyd e il rock psichedelico saranno il fulcro dell’evoluzione della band di Blake Judd che si avvale qua di una formazione stellare (Tony Laureano, Bruce Lamont e Sandfor Parker). Molti proveranno a mischiare atmosfere lisergiche e black-metal, ma nessuno mai lo farà bene come loro. La title-track rimane probabilmente uno dei punti più alti del metal estremo americano.

34. Spite Extreme Wing – Vltra (2009)

Dimenticatevi i suoni hi-fi di tanti lavori black del nuovo Millennio perché gli Spite Extreme Wing per “Vltra” si sono armati di cattive intenzioni e una strumentazione anni ’60/’70 per dare vita a quello che non solo è il loro capolavoro, ma anche il miglior album di genere all’ombra del tricolore italiano. Rendere morbide composizioni così violente e dar loro un tocco di luminosa inquietudine ed espressività epica non è da tutti. Loro ci sono riusciti. Galattico.

33. Krieg – The Isolationist (2010)

Quando il tradizionalismo incontra il futuro sotto forma di spettri sonori incrinati. Non ci sono solo corse a rotta di collo nell’oscurità in “The Isolationist”, ma anche sterzate pericolose in alvei melodici monolitici, all’interno dei quali i Krieg (una creatura senza fissa identità) dimenano i loro tentacoli con perizia, per colpire le certezze di quello che si pensa essere il black Oltreoceano. L’ambiente angusto dell’album è perfetto per quel che è: un film horror senza punti di luce.

32. Peste Noire – L’Ordure À L’État Pur (2011)

I Peste Noire sono stati il teatro dell’assurdo, un momento di altissima commistione di generi nell’alveo oscuro del black più radicato sul territorio (qui francese). Famine non ha mai fatto segreto di essere fuori dagli schemi, e “L’Ordur À L’État Pur” è specchio di questa incoerenza di fondo. Tradizione? Mi ci tuffo! Ma anche no! Quindi da queste parti troverete un meltin pot di stili raro da pescare altrove, schizzate ska-punk, sbiellate folkeggianti, sgrezzate da marching band, un sacco di groove e già che ci siamo anche qualche cannonata digital-hardcore/techno. Per essere uno che tiene alle origini Famine sembra non avere le idee chiare. Meno male, perché ‘sto disco è assurdo.

31. Marduk – Nightwing (1998)

Subito prima di quel monolite di intransigenza che è “Panzer Division“, I Marduk pubblicano quello che è il lavoro più vario della prima parte della loro carriera. “Nightwing” ci consegna infatti una band che si trova perfettamente a suo agio sia nei momenti più veloci ed estremi (tutta la prima metà del disco) che in quelli più cadenzati e atmosferici. Non è un caso che molti brani di questo disco facciano costantemente parte delle loro scalette live.

30. Taake – Nattestid… Ser Porten Vid (1999)

Il colpo di coda del black metal norvegese. Un capolavoro freddo, epico e, cosa importantissima, incredibilmente violento che rappresenterà l’ultimo esempio di un certo modo di intendere la musica estrema. Da qua in avanti, tutto ciò che suonerà “trve” sarà mero revival nostalgico (seppur ottimo in alcuni casi). Non è un caso poi che, oltre ad esser uscito alla fine della decade storica, “Nattestid” sia anche uno degli ultimi lavori registrati presso i Grieghallen Studios.

29. Dimmu Borgir – Enthrone Darkness Triumphant (1997)

Dalle costole sinfoniche degli Emperor sono nate una miriade di band, ma solo poche sono riuscite a scrivere più di un album credibile, se non proprio pazzesco. Ecco, i Dimmu Borgir sono tra questi, e sono pure tra i migliori. Eterni rivali nella mente dei fan dei Cradle Of Filth, Shagrath e compagni vincono a man bassa infilando il trittico “For All Tid”, “Stormblast” e infine “Enthrone Darkness Triumphant”, summa di melodie gotiche, barocchismi pianistici e violenza assortita fanno del terzo album della band norvegese una testa di serie del sottogenere.

28. Arcturus – The Sham Mirrors (2002)

Il black che abbandona la maschera. Rygg che smette di essere Garm e qui diventa Trickster G. Rex, un Hellhammer irriconoscibile sempre più alle prese con tutte le possibilità che il suo strumento può dare. Melodia, tanta melodia, in una spirale ascendente ed evolutiva che ha pochi precedenti nel genere. “The Sham Mirrors” è l’avanguardia, il metal che si specchia, si trova nuovo e finalmente si riconosce. Ci sono anche Mathias Eick (Jaga Jazzist) e Ihsahn (Emperor) a mettere il sigillo. Il futuro è qui.

27. Krallice – Ygg Hurr (2015)

Colin Martson è una sorta di leggenda vivente per quanto riguarda la musica estrema statunitense e uno dei suoi progetti più riusciti sono proprio i Krallice. “Ygg Hurr” è uno dei punti più alti della band, un abisso noise di avanguardia tagliente, pregno di soluzioni mai scontate e spesso vicine al post-core più alienante, eccessivo così com’è eccessiva la disperazione bruciante con cui il quartetto fa a pezzi tutto in soli sei brani. Un gioiello oscuro.

26. Celeste – Misanthrope(s) (2009)

Ai Celeste piace pure poco il black, non si ritengono nemmeno parte del genere. Per di più nascono dalle ceneri di un gruppo screamo. Che ci fanno qui? Se ve lo state chiedendo è perché non avete sentito “Misanthrope(s)”: duro come il cemento armato, un cubo nero di negatività che corre sui binari a rotta di collo, senza vere accelerazioni, inizia in medias res e lì rimane. Le vischiose obnubilazioni melodiche si confondono nel disastro elettrico, tra grida disperate (rigorosamente in lingua francese) e atterramenti sonici. Nero come la pece. Sì, ma quella incendiata.

25. Immortal – Pure Holocaust (1993)

Il disco più genuino della carriera di Abbath e Demonaz nonché uno dei lavori più intransigenti mai usciti dalla Scandinavia. Prima di diventare una parodia di sé stessi, gli Immortal tirano fuori otto brani che sono il perfetto compendio musicale ad un concept lirico a volte pacchiano ma originalissimo ed affascinante. A loro modo, i Manowar del metallo nero.

24. Dodheimsgard – 666 International (1999)

Il disco che (insieme a “Marriage Of Heaven And Hell” degli Ulver) ha smembrato il genere e lo ha ricostruito. “666 International” è un lavoro estremo, in certi punti pure parossistico, dove la glacialità è sintentica e priva di ogni componente umana, voce compresa. Uno dei momenti più complessi e criptici dell’intera storia del genere.

23. Altar Of Plagues – Teethed Glory & Injury (2013)

Dopo due dischi ottimi ma derivativi, gli inglesi Altar Of Plagues decidono di cambiare le carte in tavola ed escono con un capolavoro totalmente spiazzante. Una coltre pesantissima di elettronica nera di scuola inglese, prende il sopravvento su quello che fino a poco prima era un buon esempio di post-black, creando scorie musicali dissonanti e corrosive. Aiutato da una produzione coraggiosa e originalissima, James Kelly pubblica il suo canto del cigno in ambito metal (si occuperà di elettronica col nome Wife) regalandoci un lavoro angolare, irripetibile ed estremamente criptico.

22. Negura Bunget – OM (2006)

Certe storie terrificanti trovano le proprie origini nell’Europa dell’est ed alcune di esse hanno influenzato le lande desolate del black (qualcuno ha detto Vlad Tepes?), ed è proprio qui che nascono i Negura Bunget. Come sia possibile mischiare in modo così sapiente passato e futuro? La risposta è “OM” (umano), opera magna della band del compianto Negru. Come la Terra e gli umani si formano dalla mota, così dal terreno freddo si propaga l’album, un’opera cosmica prog di intensità irraggiungibile.

21. Deathspell Omega – Paracletus (2010)

Quando si parla di violenza senza pari si parla chiaramente dei Deathspell Omega. I francesi prendono la materia black più feroce e la plasmano con saggezza fino ad inserirvi momenti di completa follia impareggiabile. Tempi dispari che si fondono a sferraglianti blast in ritmiche serrate come i denti di una bestia inferocita. Interminabili momenti di frenesia incompromissoria si fondono a melodie ascendenti e risucchiano ogni brandello di luce.

20. Blut Aus Nord – 777 – Cosmosophy (2012)

Terzo e ultimo capitolo della serie del triplo 7, “Cosmosophy” rappresenta un momento altissimo per il misterioso trio francese. Un angolo di mondo in cui l’ascetismo si traduce in lunghe stille di cristallo, suoni aperti, lacrimevoli incisioni di chitarra che lasciano cicatrici nell’anima che ci ritroveremo a toccare dopo anni, con un mesto sorriso, sapendo che “il dolore è un’illusione” (non è una citazione casuale).

19. Agalloch – The Mantle (2002)

Pochi album sono riusciti a raggiungere le vette della seconda fatica in studio degli Agalloch. Il grigiore che come brina ricopre i brani composti da John Haughm e Don Anderson hanno un’aura di distacco emotivo e al contempo sembrano affondare mani metafisiche in fondo all’anima. Non è solo folk, non è solo black, è quintessenza di qualcosa che purtroppo non si ripeterà più.

18. Alcest – Les Voyages De L’Âme (2012)

Quante volte abbiamo sentito dire che gli Alcest non sono black metal. Che errore. Dal 2007 Neige e Winterhalter codificano la materia adattandola alla propria anima gentile, alla visione di piani al di là di quello materiale, affondando le proprie mani nell’anima, spesso perduta e affranta. “Les Voyages De L’Âme” è lo zenit di questo viaggio, fatto di sentimenti bucolici, freddi paesaggi boschivi da sogno e ammantati da un senso di perdizione che sembra non aver fine. Se non è black questo, non so cosa.

17. Dissection – Storm Of The Light’s Bane (1995)

Può una band da sola racchiudere un intero modo di suonare un genere musicale? E se sì, quale? Se pensiamo al black metal svedese la risposta è affermativa e la band non può essere altro che i Dissection. In soli due album (abbiamo scelto questo ma sarebbero intercambiabili) Jon Nodveit ha codificato tutto ciò che sarebbe diventata la Svezia in ambito black. Con buona pace di Dark Funeral e compagnia varia.

16. Enslaved – Axioma Ethica Odini (2010)

Sebbene gli Enslaved non si siano mai considerati una band black metal vera e propria (specialmente dal punto di vista di certe tematiche) è innegabile che abbiano flirtato sin dai loro inizi col genere e lo abbiano utilizzato per evolvere il loro sound (stesso discorso che potrebbe esser fatto per gli Opeth col death metal). Una band dalla qualità media delle uscite talmente elevata e costante che potremmo qua inserire un loro disco a caso e andrebbe bene lo stesso. Scegliamo “Axioma Ethica Odini perché (insieme al successivo “RITIIR“) un mix praticamente perfetto tra metal estremo, eleganza prog e tematiche pagane. La title-track poi è probabilmente il brano migliore mai composto dai Ivar e compagni.

15. Borknagar – The Olden Domain (1997)

Kristoffer Rygg è ovunque, per farvi capire quanto abbia cambiato la storia del nero metallo andando a lavorare dritto sul suo DNA. Lo stesso anno riesce ad uscire con “La Masquerade Infernale” (Arcturus), “Nattens Madrigal” (Ulver) e con il secondo album dei Borknagar. Tre dischi agli antipodi, tre dischi enormi e di rilievo per la scena norvegese (e non solo). Il disco in questione invece è una raffica di folk black progressivo di altissimo livello, battezzato nel paganesimo, sotto l’occhio buono di Odino mentre gli Enslaved erano ancora ben lungi da queste soluzioni. Precursori è dir poco. Rygg caposcuola di razza.

14. Solefald – Neonism (1999)

Uno dei dischi più difficili da descrivere per quella che è forse la band più enigmatica dell’intera scena avanguardistica norvegese. “Neonism” è un pot-pourri di black metal, pop, art rock ed elettronica, composto in maniera magistrale. Il fil rouge del disco è una critica molto feroce, lucida e raffinata al caos della società consumistica, estremamente pertinente con la schizofrenia musicale presente nei brani.

13. Wolves In The Throne Room – Black Cascade (2009)

Oltre il latrato industriale e metropolitano delle città statunitensi c’è tutto un mondo che si lega indissolubilmente alla Natura e a tutte le sensazioni che essa produce nell’Uomo: serenità, paura, sconforto, amore, odio per qualsiasi cosa tenti di intaccarne la bellezza intrinseca. I guardiani di questo Verbo, nel Nuovo Mondo, sono i WITTR. Se i Weakling hanno mostrato la strada del Cascadian BM, i fratelli Weaver ne hanno cesellato tutte le sezioni, e con “Black Cascade” hanno messo cappello, firma e sigillo di morte definitiva del genere. Chiunque altro vi si avventuri risulterà poco credibile. Loro no. Melodia, rarefazione, black, kraut, arte. Tutto in un sol disco.

12. Ved Buens Ende – Written In Waters (1995)

C’è da chiedersi cosa abbia spinto, nel 1995, tre ragazzi (con esperienze in band come Ulver, Arcturus, Satyricon e Dodheimsgard) a tirare fuori un disco simile. Lavoro di una complessità tecnica e musicale estrema, “Written In Waters porta la freddezza del black-metal al servizio di un’approccio avanguardista e angolare tipico di band come King Crimson, creando qualcosa di alieno e terribilmente ispirato. Un lavoro surrealista e disorientante come pochi.

11. Liturgy – Aesthethica (2011)

New York è un mostro frenetico e pieno di rumori che la infestano salgono più in alto di quanto potrebbe mai fare una sola nota. Ma se le note si moltiplicano, ancora e ancora, e diventano arte, e una miriade di persone le suonano tutte assieme, allora sì che il rumore sarà completo. Non poteva essere la stessa materia di un gruppo di ragazzi che bazzicano per le strade della Norvegia, quella di Hunter-Hunt Hendrix. Filosofa del black e della sua estetica, coi suoi Liturgy ha dato a NY il suo suono nero, niente più blast, troppo morbidi per questo mondo, qui vige la legge del burst beat e “Aesthethica” è alter ego del mostro frenetico in cui nasce. Disumano.

10. Deafheaven – Sunbather (2013)

Era dai tempi di “Perdition City” degli Ulver che una band black metal non era così divisiva e coraggiosa. Con “Sunbather” i californiani Deafheaven si prendono un rischio bello grosso, e lo fanno fin dalla copertina, rosa, rassicurante, assolutamente avulsa ai cliché del genere. È subito bestemmia per i puritani, ma la realtà è un’altra: il loro secondo album è un pietra miliare. Non è nemmeno blackgaze, è shoegaze E black metal. È intenso, affonda le radici dove nessuno ha osato mai. Capite? Osare. Tenetelo bene a mente. E se restate indifferenti alle splendide melodie scritte da Kerry McKoy, non avete un cuore. Peggio per voi.

9. Weakling – Dead As Dreams (2000)

Può il disco di gran lunga più importante di tutta la scena black americana essere, allo stesso tempo, il meno conosciuto? Evidentemente si, soprattuto se ti chiami Weakling (da un brano degli Swans) e nel 1998 riesci in un’ora di musica a codificare tutto il post-black, appalachian, cazzi e mazzi dei futuri dieci anni. La title track è tutt’ora qualcosa di scioccante, specie se ascoltata a due decenni di distanza. Deafheaven e Wolves In The Throne Room ringraziano.

8. Bathory – Under The Sign Of The Black Mark (1987)

Il terzo disco dei Bathory rappresenta a tutti gli effetti il primo esempio vero di black metal scandinavo. Niente più Motorhead sparati a mille, niente più Venom portati all’estremo, nei brani di questo capolavoro c’è il DNA di tutto quello che sarebbe esploso a breve, dai riff alla voce fino all’uso delle tastiere.

7. Celtic Frost – To Mega Therion (1985)

Se ci fosse un ipotetico podio per decretare quale sia il disco più spaventoso uscito nel 1985 “To Mega Therion” ne farebbe sicuramente parte insieme a “Hell Awaits “(Slayer) e “The Return…” (Bathory) con una sola differenza: nessuno suonava e (suonerà) mai come i Celtic Frost. Una delle band estreme più importanti di sempre, che ha influenzato e spaventato generazioni di musicisti rock a prescindere dal genere (si passa da Dave Grohl a Fenriz). C’è da impazzire nel pensare a cosa potesse essere stato ascoltare Necromantical Scream in quel periodo. Copertina di H.R. Giger, c’è da aggiungere altro?

6. Satyricon – Rebel Extravaganza (1999)

So già che con questo arriveranno una valanga di critiche: “Ma come? E allora Nemesis Divina, Shadowthrone? Per quando sia difficile trovare un disco anche solo mediocre nella prima parte di carriera dei Satyricon, la scelta di “Rebel Extravaganza” è dettata da un fattore: è stato forse il primo disco ad aver avuto il coraggio di lasciarsi dietro un certo tipo di sonorità e tematiche nostalgiche e ormai abusate. Il primo a lanciare violentemente il black metal nel ventesimo secolo, tra i vicoli sporchi e bui delle metropoli moderne. Non più castelli, foreste o folklore, ma fiumi di immondizia, depressione metropolitana e schiavitù tecnologica come a dire: svegliatevi, il black metal nel 2000 è più Filthgrinder che Dominions Of Satyricon. La presenza di Snorre Ruch dei Thorns alla chitarra rende ancora più claustrofobico e destabilizzante quello che è di gran lunga il disco più estremo di Satyr e Frost.

5. Ulver – Nattens Madrigal (1997)

Sapete a chi piace questo album? A David Pajo degli Slint. Voi direte “embè?”, e invece è roba grossa. Al di là di questo, ultimo atto degli Ulver come li conoscevamo, già pronti per il salto nel vuoto che li aspetta di lì a breve, e già si sente, nelle melodie sempre più aperte, nelle chitarre acustiche flamencate, negli ambienti sempre più rarefatti anche quando si tratta di sentirsi attanagliati tra blast beat e chitarre a chiodo, ultraveloci e spaventose. C’è qualcos’altro che si agita nel profondo, ed è il seme dell’evoluzione. Non più un gruppetto di ragazzi con chiodo, borchie e piedi immersi nella neve, ma di uomini in completo attorno ad una Corvette. Pietra miliare e chiodo nella bara del genere.

4. Burzum – Filosofem (1996)

Ok, ad essere oggettivi “Filosofem” non è il miglior disco di Burzum, (“Hivs Lyset Tar Oss” rimane il picco artistico) ma è sicuramente quello che più si è insinuato nell’immaginario collettivo. Un lavoro unico, concettualmente più vicino alla musica ambient che al metal vero e proprio, in cui il concetto di ripetizione e minimalismo viene portato all’estremo risultando in brani lunghi, ipnotici e pregni di un senso di desolazione e tristezza infinito. Tralasciando la totale discutibilità del personaggio dietro a Burzum, rimane il fatto che nessuno riuscirà ad usare la melodia allo stesso modo in cui ha fatto Varg Vikernes nei suoi dischi.

3. Emperor – In The Nightside Eclipse (1994)

Il debutto degli Emperor è uno di quei pochi momenti nella musica rock in cui un genere viene elevato a stato dell’arte, un po’ come lo è stato “Master Of Puppets” per il thrash o “Symbolic” per il death. Il fatto poi che la band avesse una media di sedici anni quando venne composto è un fattore di shock in più. “In The Nightside Eclipse rimane dopo quasi due decenni un disco nerissimo, estremamente aggressivo e violento ma di una eleganza e una classe mai sentita in altri dischi del genere. Ma dopotutto è dell’Imperatore che si sta parlando.

2. Darkthrone – A Blaze In The Northern Sky (1992)

Immaginatevi la faccia di Hammy, il boss della Peaceville, quando ascoltò per la prima volta i primi due minuti di quello che tutti pensavano fosse un disco technical-death. “A Blaze In The Northern Sky fu invece un pugno in pieno stomaco, un lavoro marcio fino al midollo, grezzo e senza compromessi che cambiò per sempre le carte in tavola, musicalmente e esteticamente. Una rilettura ancora più nera ed estrema di Bathory e Celtic Frost, che prende lezione dai Mayhem di “Deathcrush e la rielabora in maniera molto più efficace e devastante. I primi due brani del disco valgono da soli più di intere discografie e i Darkthrone rimangono, e rimarranno per sempre, la band black metal per eccellenza.

1. Mayhem – De Mysteriis Dom Sathanas (1994)

Una band continuamente tormentata da tragedie interne che ha influenzato enormemente un numero infinito di ragazzini e li ha spinti a passare dal death metal (una specie di comfort zone per tutte le band estreme di fine anni ‘80) ad un qualcosa che all’epoca ancora non esisteva. “De Mysteriis Dom Sathanas è la pietra tombale di una band morta ancora prima della sua pubblicazione, il tributo ultimo di un periodo irripetibile. Non è probabilmente nemmeno il disco black metal più bello, però stiamo parlando dei Mayhem e, volente o nolente loro rimarranno per sempre il centro nevralgico dell’intero genere.

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