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Jehnny Beth – To Love Is To Live

2020 - Caroline Records
songwriting / industrial / post-punk

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Tracklist

1. I Am
2. Innocence
3. Flower
4. We Will Sin Together
5. A Place Above (feat. Cillian Murphy)
6. I’m The Man
7. The Rooms
8. Heroine
9. How Could You (feat.Joe Talbot)
10. French Countryside
11. Human


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Nella newsletter in cui annunciava la cancellazione del “Cold And Black And Infinite Tour” Trent Reznor diceva: “In the meantime…listen to Jehnny‘s album, continue to listen to Bowie, and don’t be too hard with yourself”. Vogliamo per caso non seguire il consiglio? Direi di no. Soprattutto per quanto riguarda il primo.

Jehnny è Jehnny Beth, già leader delle Savages, forse una delle band più interessanti uscite nell’arco di questi anni ’10. Se Camille Bethomier (il nome con cui è registrata all’anagrafe) aveva ancora qualcosa da dimostrare, beh, con “To Love Is To Live” lo fa egregiamente. Dapprima, con la sua band, collocatasi eccellentemente nel circuito del revival post-moderno del post-punk, oggi la musicista francese scarta a destra il genere e si butta in un mondo multiforme, dando prova di un eclettismo che, forse forse, prima d’ora era rimasto sopito a causa della compresenza delle altre Savages.

Scelti i compagni di viaggio e di produzione nelle figure di Flood, Atticus Ross e dello storico collaboratore Johnny Hostile, Jehnny si mette al lavoro per creare un piccolo miracolo solista, senza esagerazioni di sorta. Quante volte ci è capitato di ascoltare l’album in solitaria di un membro di una band esplosiva finendo per ascoltare una semplificazione del percorso già intrapreso col gruppo rimanendo delusi e scottati? Migliaia. A ‘sto giro il rischio non è da prendere nemmeno in considerazione.

La voce di Camille è di quelle che non si dimenticano in fretta, roca, gentile, aggressiva, toccante, accattivante, micidiale. Un timbro di quelli che spingono la musica a fondo, che graffiano fino a far sanguinare e che nel suo essere mutevole riesce a portarsi dietro anche tutta la musica che gli sta attorno, finendo per sfaccettare all’eccesso un intero album. Sono undici fulmini, ognuno a se stante eppure indissolubilmente legati, che vanno a comporre “To Love Is To Live”; quando si pensa che si sia al cospetto di un lavoro cantautorale ispirato e toccante, seppur alternativo, un attimo dopo ci si deve ricredere, finendo coperti di elettrica pesantezza e mazzate a tutto spiano. 

Le mazzate a tutto spiano: How Could You schianta un tir punk contro uno schizoide muro digitale e lo fa con l’ausilio di Joe Talbot degli IDLES, un diretto al volto che manda k.o.; l’industrial stomp di Innocence schiaccia al suolo; I’m The Man guarda da molto, molto vicino i NIN, è rock mutante, elettrificato alla follia e gonfio steroidale, da manicomio; Hunter si piazza in mezzo ai due mondi di Jehnny partendo liscia e finendo per incupirsi di violenza disorientante e finendo suite per archi.

Il lavoro cantautorale ispirato e toccante: sta qui la sorpresa, perché i brani di questa sezione sono di una bellezza disarmante. C’è il soul pianistico di I Am che sembra di sentire una Mavis Staples di origini francesi, il tocco strappalacrime di French Countryside come un viaggio in auto senza meta in zone grigie dimenticate dallo spirito, le ballad spinte e distorte Flower e We Will Sin Togheter fanno sciogliere il ghiaccio che diventa un fiume di lacrime ad inondare la profonda The Rooms (eccolo qui Bowie).

Di rado Reznor si sbaglia. E infatti anche a ‘sto giro non l’ha fatto.

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