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Misanthropic Rituals – A Path Through Absent Places

2020 - Self
black metal

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Tracklist

1.The Violation of Paradise
2.Dweller in Nocturnes 
3.Beset with Shroud of Pitch 
4.At The Gyre of Holocaust 
5.An Absent Place 
6.The Mountain my Cair


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Sono in due i Misanthropic Rituals c’è il polistrumentista Bones membro fondatore e ideatore della band e adesso c’è Ymir (dei Degrader). La band originaria del New Jersey ha visto alternarsi diversi cantanti, da quando nel 2012 Bones ha pubblicato un annuncio su Craigslist (un portale di annunci) cercando un cantante. Il primo a rispondere fu  Josh Perrin dei Basilysk, e poi Joe Kreiss dei WolfCloak ed entrambi hanno partecipato al debutto del 2017 in “Human Dirt“. 

Dopo tre anni ecco il secondo full-lenghtPath Through Absent Places  prima uscita con un unico cantante, Ymir e l’inizio di una formazione regolare. Dall’approccio black metal, la band si destreggia anche in parti più heavy o thrash metal , molto interessante ascoltare  e recepire i diversi cambi di ritmo, talvolta totalmente inaspettati.

Si parte subito con The Violation of Paradise un bello scontro tra basso e voce che si alternano aggressivamente. L’atmosfera che si crea è la stessa in un tutto il disco, cupa, arrabbiata e mannara. Dweller in Nocturnes inizia all’improvviso poi con un piano, poi la voce in growl e chitarra si scatenano per poi calarsi in una nebbiosa tastiera molto anni ottanta, tutto un saliscendi. A volte ricordano i Judas Priest, altre invece i Venom.

Beset with Shroud of Pitch è un incantesimo, in una valle sognante si passeggia e si viene lasciati ondeggiare. Poi arriva la batteria, potente e pomposa poi la voce. Un riff thrash percorre tutta la canzone, un climax di sirene (come quelle di Ulisse) accompagna l’ascoltatore in questo mondo mistico. At The Gyre of Holocaust è un brano che non ti permette di respirare, come se stessi affogando ti porta giù giù, batteria e basso non si fermano mai,frenetiche.

An Absent Place sembra un relief dalle tenebre come se ci si fosse riscattati e si avesse la possibilità di tornare sulla terra, passando direttamente dell’inferno e da posti lugubri. Una arpeggio di chitarra accompagna l’avventore nel percorso verso una città quasi fantasma dominata dalla natura, ricorda un po’ l’ambientazione del film “Il Corvo”. Neanche il tempo di assaporarla che bom!  The Mountain my Cai arriva dritta nei denti. Fratelli del metal unitevi in questo che pare essere un inno al basso e al growl. Una carica la grancassa!

Un album da gustare , che arriva dalle Americhe, che porta quel un po’ di trash a stelle e strisce. Da ascoltare quando si è un po’ malinconici e si ha bisogno di una spinta elettrificata a fine disco, per non esserlo più.

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