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“Individual Thought Patterns”, tutta la rabbia, l’odio e la tecnica sopraffina dei Death

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Una delle più grandi tragedie del mondo musicale metal (e non solo) rimane senza alcun dubbio, la prematura scomparsa di Chuck Schuldiner, un musicista che dal solo ha contribuito a creare, evolvere e perfezionare un genere , il Death, che insieme al Thrash e al Black ha rappresentato la base su cui si svilupperà gran parte del metal degli ultimi trent’anni.

Che siano stati proprio i Death a creare il genere che porta il loro stesso nome è da sempre una  fonte di infiniti dibattiti che lasciano il tempo che trovano ma quel che è certo è che la band floridiana ha avuto un’evoluzione stilistica unica e per certi versi inarrivabile.

Già con “Human” di due anni prima Chuck aveva pubblicato un lavoro che di umano aveva solo il titolo e che amplificava alcune delle caratteristiche del precedente “Spiritual Healing” (grazie ad una formazione tecnicamente stellare) proponendole con una eleganza e una efficacia mai sentite prima.

Individual Thought Patterns” nasce da una line-up ancora una volta rivoluzionata (ed ancora una volta stratosferica) comprendente, oltre a Chuck, Gene Hoglan alla batteria, Andy La Roque (King Diamond) alla chitarra e al basso Steve Di Giorgio, unico superstite della line up di “Human“.

Il rapporto conflittuale tra Chuck, il proprio management e la Relativity Records (che li scaricherà da lì a poco) avrà una pesante influenza sia sulla musica che sui testi, pregni di ira ed odio e quello che ne uscirà sarà un disco più estremo del precedente ma al contempo ancora più complesso (la performance della sezione ritmica è qualcosa di mai sentito), a dimostrazione che si può suonare tecnici e violenti.

Come un Miles Davis dei nostri giorni, in ogni brano Chuck lascia enorme spazio all’improvvisazione personale dei vari musicisti che raggiungono picchi assoluti nelle parti di basso di Di Giorgio, spesso e volentieri in primo piano e nei soli di La Roque, quasi tutti improvvisati.

La sinergia tra i vari componenti rende immortali brani come la furiosa opener Overactive Imagination, la più atmosferica Mentally Blind o In Human Form (dalla struttura ritmica estremamente complessa) fino ad arrivare alla conclusiva The Philosopher che grazie al videoclip troverà spazio anche tra le playlist di MTV.

Da un certo punto di vista “Individual Thought Patterns” rimarrà il loro ultimo disco puramente death metal e, a partire da “Symbolic” (per chi scrive il vero picco artistico di Chuck che porterà il genere a stato dell’arte), il loro suono evolverà drammaticamente trasformandoli in una band metal a trecentosessanta gradi totalmente fuori da ogni possibile catalogazione.

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