Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Mushroomhead – A Wonderful Life

2020 - Napalm Records
alternative metal

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. A Requiem For Tomorrow
2. Madness Within
3. Seen It All
4. The Heresy
5. What A Shame
6. Pulse
7. Carry On
8. The Time Has Come
9. 11th Hour
10. I Am The One
11. The Flood
12. Where The End Begins
13. Confutatis


Web

Sito Ufficiale
Facebook

È un ritorno in pompa magna quello dei Mushroomhead, che a distanza di sei anni da “The Righteous & The Butterfly” si rinfilano le loro spaventose maschere non per proteggersi dal terribile COVID-19 ma per presentarci il nuovo “A Wonderful Life”. Un album davvero molto importante per la band di Cleveland, non fosse altro perché segna il debutto di una formazione inedita. Ad affiancare i grandi vecchi Skinny (batteria) e J-Mann (voce) troviamo infatti delle new entries di peso.

Il chitarrista Tom Shaffner, con il suo stile moderno e incisivo, sembra perfettamente in sintonia con i sette compagni di avventura; ma sono i cantanti Steve Rauckhorst e Jackie LaPonza a rubare la scena e a dare una botta di vita a un gruppo che, dopo l’overdose nu metal di inizio millennio, avevamo francamente perso di vista in molti. L’abbandono di Jeffrey Hatrix avrà pure lasciato un po’ di amaro in bocca ai vecchi fan, ma ai suoi sostituti va il merito di non farne sentire troppo la mancanza.

È soprattutto LaPonza a colpire in maniera positiva, capace com’è di infondere respiro alle melodie dark di The Heresy, Pulse e Carry On. I suoi duetti con Rauckhorst funzionano a meraviglia e fanno quasi da contrappeso alle incursioni rappate/urlate di J Mann, protagonista dei momenti più pesanti e tradizionalmente nu metal del disco (A Requiem For Tomorrow, I Am The One).

L’impressione è che i Mushroomhead abbiano deciso di giocarsi il tutto per tutto e dare alle stampe un lavoro estremamente ambizioso, curato in ogni minima virgola negli arrangiamenti e nei testi. Forse il loro obiettivo è quello di tornare in qualche modo rilevanti nell’affollato recinto dell’alternative metal/crossover, ribadendo per l’ennesima volta che le somiglianze con gli Slipknot si fermano al gusto per il camuffarsi.

Il desiderio di voler dimostrare a tutti i costi il proprio valore rappresenta però il punto debole di “A Wonderful Life”, che con i suoi cinquantotto minuti di durata (si arriva addirittura a settantuno nella versione deluxe) finisce per diventare il classico album senza né capo né coda. Non è assolutamente brutto, ma a tratti può rivelarsi davvero molto, molto noioso.

Le atmosfere perennemente drammatiche rendono indigeribili brani altrimenti interessanti, caratterizzati dall’uso del pianoforte o dal recupero di antiche influenze industrial (11th Hour, The Time Has Come). Da bocciare anche la scelta di Steve Rauckhorst di seguire pedissequamente la lezione di Mike Patton: The Flood suona esattamente come uno scarto dei Faith No More.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni