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Static-X – Project Regeneration Vol. 1

2020 - Otsego Entertainment Group
nu-metal

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Tracklist

1. Regeneration
2.Hollow (Project Regeneration)
3. Worth Dyin For
4. Terminator Oscillator
5. All These Years
6. Accelerate
7. Bring You Down (Project Regeneration)
8. My Destruction
9. Something of My Own (Project Regeneration)
10. Otsego Placebo
11. Follow
12. Dead Souls


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Se me lo chiedeste vi direi che “Project Regeneration Vol. 1” è il miglior album degli Static-X dai tempi di “Machine”. Se me lo chiedeste vi direi che operazioni di questo tipo, se da un lato sono umanamente comprensibili (la prematura morte di un amico provoca sempre strascichi che non se ne vanno mai e poi mai), da un altro sono tremende e forse poco delicate. Hanno sempre un secondo volto, poco chiaro.

Intanto la formazione di quel disco infinito che è “Winsconsin Death Trip” formata da Tony Campos, Koichi Fukuda e Ken Jay ha scavato così a fondo (troppo a fondo, come i Nani del “Signore degli Anelli”) nel registratore lasciato da Wayne Static che è riuscita a trovare qualcosa che non so dire se sarebbe dovuto restare per sempre nell’oscurità oppure venire alla luce. Il prezzo da pagare è l’annientamento di ¾ della discografia degli Static-X.

Alla cabina di regia torna Ulrich Wild e così il cerchio si chiude attorno alla controversa figura di Static. La sua voce che arriva dagli inferi (questa volta letteralmente) è insostituibile, e infatti non la si cambia, la si usa per portare a compimento un rituale voodoo e rimettere in moto la macchina, anche se spero per poco. Una lancia va spezzata in favore del nuovo “frontman” (ho detto che Wayne è insostituibile) Xer0, che va a completare il lavoro dove i reperti non arrivano. Il resto è puro staticxismo, di quello massacrante dei primi due album.

L’ambiente in cui si entra è di quelli asettici e tecnologicamente mostruosi. Chitarre a trapano che operano chirurgicamente su batterie meccaniche, ora techno, ora industrial metal, sempre più nu che mai. C’è più violenza, molta di più, c’è una ferocia a cui abbiamo dovuto rinunciare ben da prima della dipartita del deus ex machina del gruppo, avvitatosi su se stesso negli ultimi quindici anni, è finalmente qui libero di tornare al suo stato primordiale di mostro impareggiabile. Ci sono cluster devastanti presi in prestito dai Prodigy pronti a scannarsi nell’arena con il metal più obnubilante (Terminator Oscillator, My Destruction), obliteranti razioni di disperazione melodica (Worth Dyin For), ci sono mecha che marciano su città fantasma (All These Years e le sue grida virulente fanno paura), follie synthmetal che fanno male, malissimo (Otsego Placebo), e singoloni che spazzano via con un colpo di spugna il tentativo di propulsione pop di “Shadow Zone” (Bring You Down da sola vale più di tutto quel dischetto mediocre). Sapete cosa? Ci sono anche delle ballate acustiche, credibili più di tante altre uscite nel periodo crepuscolare del nu-metal tutto (la conclusiva Dead Souls, con un Al Jourgensen in grande spolvero sugli scudi).

Ci sono tutte queste cose ma manca Wayne. Noi lo sentiamo ma sappiamo che non c’è più e non possiamo farci un cazzo, né possono farci nulla gli Static-X. Se volevano un canto del cigno degno dell’immensa figura del fondatore di questo Culto di Static ci sono riusciti. Fa male, ma ci sono riusciti perché questo è un disco che frantuma tutte le ossa del corpo. Però ora basta. Davvero.

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