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Pretenders – Hate For Sale

2020 - BMG
punk / pop rock

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Tracklist

1. Hate For Sale
2. The Buzz
3. Lightning Man
4. Turf Accountant Daddy
5. You Can’t Hurt A Fool
6. I Didn’t Know When To Stop
7. Maybe Love Is In NYC
8. Junkie Walk
9. Didn’t Want To Be This Lonely
10. Crying In Public


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Undicesimo album in studio per i leggendari Pretenders. La band della rediviva Chrissie Hynde torna ad incidere un long a quattro anni dal fortunato (e ben fatto) “Alone”. Non tutto è andato liscio a dir la verità, come del resto è accaduto per i tanti artisti che in tutto il mondo hanno deciso di uscire in questa prima metà di 2020: la pandemia ha infatti ritardato di qualche mese l’uscita di “Hate For Sale” – prevista inizialmente per marzo – e, a proposito di leggende, il tour estivo in compagnia dei Journey.

Per ovvi motivi tocca ripetere che non parliamo dei “veri” Pretenders: dopo le scomparse premature di James Honeyman-Scott e Pete Farndon e diversi avvicendamenti, oltre a Chrissie del nucleo storico è rimasto solo il batterista Martin Chambers. Tuttavia, nuova linfa è arrivata nell’ultimo decennio dal compositore e chitarrista James Walbourne: metà dell’opera è sua, dando per scontato che l’altra metà è figlia della carismatica frontwoman.

La band anglo-statunitense, che si completa con il basso di Nick Wilkinson e le tastiere di Carwin Ellis, ha vissuto l’epoca d’oro ai suoi esordi e per tutto il decennio ’80. Poi una lunga fase di assestamento, che è andata di pari passo con un progressivo ammorbidimento dei suoni e che non sempre – anzi, quasi mai – è stata foriera di buoni prodotti. Gli ultimi anni del millennio sembravano l’anticamera della fine, ipotesi suffragata dalle poche e non troppo convinte uscite degli anni 2000.

Alive”, come detto, è stato un barlume di speranza, una fiammella che ha riacceso la curiosità di sapere non tanto se nell’immediato futuro i Pretenders sarebbero stati in grado di tornare ai livelli dei primi anni ’80 (togliendo l’omonimo disco d’esordio, decisamente fuori categoria, almeno di un “Learning To Crawl”), quanto di capire quanta vena creativa avessero ancora in corpo.

Quindi ecco “Hate For Sale“, un disco in dieci tracce che hanno – come sempre – nella brevità e nell’immediatezza di suoni e temi i loro tratti distintivi. Sul piano squisitamente critico, il disco si può idealmente dividere in tre categorie. Ci sono i Pretenders che ci piacciono, quelli che spaziano con agio tra il rock e il punk come una Ford Mustang farebbe su una highway americana: la title track in apertura – omaggio dichiarato ai The Damned, e con questo siamo a tre leggende in poche righe – Turf accountant daddy, I didn’t know when to stop e Didn’t want to be this lonely sono, con ritmi più o meno sostenuti, l’ennesima rappresentazione del melo-punk di Chrissie e soci.

Il secondo gruppo è formato dai Pretenders che non ti aspetti, che sperimentano raggae (Lightning Man) e struggenti ballad (Crying In Public). La terza categoria, ahinoi, è quella del repertorio che non vorremmo mai ascoltare, né in future raccolte né ai concerti, quando riprenderanno: nostalgia Nineties (The Buzz e Maybe Love Is In NYC), ballads decisamente evitabili (You Can’t Hurt A Fool) e semplici riempitivi (Junkie Walk).

Dal punto di vista qualitativo, fortunatamente, per larghi tratti “Hate For Sale” mantiene lo standard di “Alive“, proponendo una produzione ispirata e convincente. Nel complesso, tuttavia, il lavoro somiglia ad una rimpatriata tra vecchi amici che non si vedono, appunto, da quattro anni: ci si incontra, si parla e molto spesso si introducono anche argomenti nuovi. Nulla può scalfire l’amicizia, ma al tempo stesso gli avventurosi anni della gioventù sono ormai un ricordo lontano.

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