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Кальк - Олень На Вершине Холма

2020 - I.corrupt Records
post hardcore / screamo

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Dediti a una singolare miscela di sfuriate elettriche e distensioni sintetiche, i Кальк appaiono come figli sani della famigerata “forma del punk a venire” ventilata dai Refused oltre due decenni or sono, nonché di quel mondialismo tanto inviso ai conservatori di tutto il globo. Infatti benché di stanza nella teutonica Kiel, la cantante Anna ricorre quasi esclusivamente al russo, con ogni probabilità suo idioma natio, per esprimersi. Non si preoccupino troppo coloro che hanno poca familiarità col cirillico: sul proprio profilo Bandcamp il gruppo ha saggiamente fornito una traduzione in inglese di tutti i testi. 

Inequivocabilmente riconducibile all’attitudine lo-fi/DIY, la stesura dei brani si rivela tutt’altro che raffazzonata. Hannes (batteria) e Philipp (chitarre) dimostrano una certa padronanza dei propri strumenti, non lesinando su cambi di tempo e tono e tenendosi a debita distanza dalle “eutanasie musicali” care alle branche più estreme del genere. Su un’intelaiatura asciutta e funzionale, s’innestano tastiere elettroniche sfacciatamente fuori luogo eppure perfettamente integrate nella struttura dei pezzi. Anna pare aver fatto propria la lezione di Jacob Bannon e urlatori similari, rendendo palpabile la visceralità dei propri stati d’animo al netto di liriche molto poco intellegibili. 

Топор Ведьм (L’ascia della strega) instaura un dialogo tra ritmo e synth per poi fuggire in preda a una furia cieca, Надоела Любовь (Stufa dell’amore) è un malinconico strimpellare che muta ben presto in un riff di notevole pesantezza, Язба (Ulcera) non fosse per la voce, potrebbe tranquillamente provenire da qualche vecchia sessione dei Devo, taluni potrebbero trovare Вагина (Vagina) addirittura ballabile

Tra atipiche istanze femministe (“La mia vagina risplende come una stella in un’oscura foresta […] non dà alla luce bambini ma saggi barbuti e accoglie rifugiati politici perduti nella bufera”), nette prese di posizione (“Maledico nazisti, razzisti e stupratori”) e quelli che hanno tutta l’aria di essere strascichi di una relazione finita male, i poco più di venti minuti di “Олень На Вершине Холма” (letteralmente: “Il cervo in cima alla collina”) si fanno riascoltare volentieri più e più volte. È sempre confortante imbattersi in formazioni che non antepongono la ricerca di visibilità alla cura del proprio operato. 

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