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June Of 44 – Revisionist: Adaptations & Future Histories In The Time Of Love And Survival

2020 - La Tempesta / Broken Clover Records
math rock

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Tracklist

1. A Chance To Cure Is A Chance To Cut Your Face (Matmos Remix)
2. ReRecorded Syntax
3. Cardiac Atlas
4. Post-Modern Hereditary Dance Steps
5. A Past To Face (John McEntire Remix)
6. No Escape, Levitate
7. Generate
8. Paint Your Face


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Esattamente come due anni fa quando gli Uzeda festeggiarono i loro trent’anni di Storia con la S maiuscola, invitando la creme di quello che fu il math rock, la sperimentazione e il taglio netto con l’alternative della fine del Secolo Breve e il futuro che finalmente arrivò, e nella cui line-up figuravano – rullo di tamburi – i June Of 44, quando vidi che il quartetto di Chicago stava per pubblicare un nuovo album…beh, schiantai.

Quindi, davvero Fred Erskine, Sean Meadows, Doug Scharin e Jeff Mueller sono tornati in studio? Sì. Davvero gli Uzeda e la loro famiglia allargata sono riusciti nel miracolo di riportare in vita la Creatura, messa in ghiaccio vent’anni or sono? Sì. È davvero un disco completamente nuovo? Sì. E no.

Revisionist: Adaptations And Future Histories In The Time Of Love And Survival” già il titolo la dice lunga sul nuovo corso dei June Of 44, un corso che riprende il passato e lo rende presente, lo prepara per chi dovrà vivere nel futuro, mentre l’oggi è incerto e fa sostanzialmente schifo, in cui l’uguaglianza non è mai stata così lontana e la dignità potrebbe essere studiata come reperto archelogico, i chicagoani donano il proprio senso del rumore e lo condividono “con coloro che lottano per essere liberi”. È di base un concetto, qualcosa che sembra non essere presente nella maggior parte dei dischi che vengono scritti, registrati e infine distribuiti. È un’idea di nuovo che nuovo non è.

Allora trattiamo – come fa la band stessa – “Revisionist…” come un album nuovo di pacca, anche se al suo interno troviamo ciò che fu in quel periodo in cui Touch And Go dominava la controcultura del rock “matematico” (e non solo), brani scritti in fase di scioglimento che oggi possono rilucere nuovamente, pronte ad essere donate alla prossima generazione, o a questa, che magari ignora quel momento. Un punto di partenza, o uno di arrivo, per noi che già ci sollazzavamo con quella scena, che un po’ ci manca, ma che negli ultimi anni ha fatto il suo ritorno (o non se n’è mai andata?).

Anche quando sono gli amici a manipolare la materia dei June, avviene di vedere questo futuro di cui tanto ho sproloquiato, ecco che ci ritroviamo davanti a remix che sono parte integrante del discorso: da una parte John “Tortoise” McEntire, con una A Past To Face che pulsa pesante a bassi spiegati, notturna emanazione di un acid jazz di cui lui è matrice altrove e che qui porta tutta la classe immensa di un post sempre più post, dall’altra i Matmos, che quest’anno sembrano volersi appropriare della scena alt-tutto, e che qui, su A Chance To Cure Is A Chance To Cut Your Face, alternano sapienza techno a bordate math, riprendendo il filo del discorso dei quattro, ampliandone veracità e possanza.

Laddove sono i June a tornare protagonisti diretti assistiamo alla trasformazione futuribile: Post-Modern Hereditary Dance Steps prende quel punk ’77 che fu e lo appesantisce post e lo ammanta di furia garage che porta via come un treno, No Escape, Levitate e Generate estremizzano la dicotomia basso-batteria, si fanno muscolari dub-math con le chitarre a strappare lo spazio come tanti fogli di carta multicolore. Che i Nostri siano nuove persone e nuovi musicisti appare chiaro sin da subito, dagli arrangiamenti maturi e focalizzati alla resa strumentale, mai così precisa. ReRecorded Syntax è un tumulto malinconico, Cardiac Atlas una spietata combinazione post-rock, ambient ed esagerazioni vocali slowcore d’antan, che completano un quadro già sufficientemente bello.

Dopo tanto silenzio sembra che i June Of 44 siano davvero pronti per tornare ad essere parte di quella costellazione che brillò tutta assieme quella sera a Catania, a festeggiare gli Uzeda. Noi di certo lo siamo, perché, come diceva Faulkner: “Il passato non è mai morto. Non è neanche passato”.

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