Less Bells – Mouring Jewelry

In un periodo in cui basta la foto in bianconero di un bosco in copertina per camuffare dischi pop in fenomeni alternativi (e poverini quelli che ci cascano) esistono, fortunatamente, artisti che pubblicano qualcosa di originale e soprattutto emozionante. È questo il caso di Julie Carpenter, talentuosa musicista e compositrice americana che ritorna, dopo uno splendido debut (“Solifuge“), con un secondo, meraviglioso album.

“Mourning Jewlery” è un affresco strumentale in cui ambient, elettronica, folk, e musica contemporanea si fondono alla perfezione in un toccante viaggio sonoro fatto di contrasti e chiaroscuri. Con un’attitudine narrativa e cinematografica molto vicina a quella compagni di etichetta Godspeed You! Black Emperor, Julie riesce nel difficile intento di dare ad ognuna delle componenti sonore un ruolo ben preciso: gli archi e strumenti come il banjo, utilizzati con estrema intelligenza, disegnano atmosfere dal sapore Americana, i synth dal canto loro fanno da fondamento fisico del suono stesso e danno un tocco claustrofobico mentre i layer di voci infondono umanità e spiritualità.

Non c’è un singolo momento di noia nei sette brani di “Mourning Jewlery” che raggiunge i suoi picchi emotivi con il connubio perfetto tra elettronica cosmica e orchestrazioni alla GY!BE di Fiery Wings, la malinconia folk costruita su tinte post-rock di Queen Of Crickets, i layer notturni di Plait, e il misticismo drone acustico dai toni valzer della conclusiva The Fang, picco assoluto dell’intero lavoro.

La Carpenter è attualmente, insieme a Hildur Guðnadóttir e Anna Von Hausswolff, uno dei talenti musicali più grandi del panorama musicale alternativo femminile e la rassicurante malinconia di un disco come “Mourning Jewlery” ne è la prova.