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Suzanne Vega – An Evening Of New York Songs And Stories

2020 - Cooking Vinyl
songwriting

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Tracklist

1. Marlene On The Wall
2. Luka
3. ‘So how many people are here from out of town?’
4. New York Is A Woman
5. ‘This next song takes place on 59th street…’
6. Frank and Eva
7. ‘So I myself came to New York City when I was 2 ½ years old’
8. Gypsy
9. Freeze Tag
10. Pornographer’s Dream
11. ‘This next song is called New York Is My Destination’
12. New York Is My Destination
13. ‘The first time I saw Lou Reed…’
14. Walk On The Wild Side
15. Ludlow Street
16. Cracking
17. ‘And now we’ve got a song about those times…’
18. Some Journey
19. ‘I’m gonna close with this song…’
20. Tom’s Diner
21. ‘Would you like another one?’
22. Anniversary
23. Tombstone
24. Thin Man


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Verso la seconda metà degli anni Ottanta una nuova generazione di cantautrici cominciò a bussare alla porta del paradiso delle charts. Sebbene nessuna portasse con sè il fascino selvaggio delle notti al Tropicana di Rickie Lee Jones o la geniale irrequietezza di Joni Mitchell, non fu difficile per alcune di esse convincere buona parte di quel pubblico che ancora mandava i dischi in classifica.

In un certo senso, a fare da apripista fu Suzanne Vega, nata in California ma cresciuta nell’Upper West Side di New York, che coi suoi occhioni grigi e la frangetta innocente bucava lo schermo col video virato blu di Luka. Era una di quelle canzoni che a pochi è capitato di scrivere due volte di fila, ed ebbe successo nonostante trattasse un tema delicato come quello dell’abuso sui minori. O forse proprio per quello, anche se immagino che buona parte di quelli che comprarono il disco pensavano di avere a che fare con un’innocua canzoncina pop.

I primi due album (quello dell’85, omonimo, che riportava il folk-rock al centro del villaggio, e il successivo “Solitude Standing“, appena più pop e rotondo) ne fecero una specie di star del genere, anche se lei continuava a conservare lo sguardo disincantato di chi preferisce la penombra delle retrovie alle luci della ribalta. Negli anni ha continuato a scrivere belle canzoni e pubblicare dischi, si è rifatta il trucco e ha aggiornato il look, ha messo un piede nel campo minato della sperimentazione e suonato con Bill Frisell, Danger Mouse e Philip Glass, ha scritto un libro e ha flirtato col teatro, e oggi è una splendida sessantenne che può permettersi di rimettere a nuovo Walk On The Wild Side di Lou Reed togliendole di dosso l’alone tossico e farne una ballata da quattro del pomeriggio.

Accade in questo “An Evening Of New York Songs And Stories“, registrato live al Caffè Carlyle di New York all’inizio dell’anno scorso e che, come facilmente intuibile ,contiene canzoni che sono state ispirate dalla Grande Mela o per le quali la città ha fatto da sfondo. Ovviamente, la New York Di Suzanne Vega non è quella di Jim Carroll o Johnny Thunders, ma resta comunque il miglior posto al mondo da dove prendere una storia e metterla dentro una canzone. E dunque, una via l’altra scorrono Marlene On The Wall, Luka, Pornographers Dream, Gypsy, New York Is A Woman fino alla conclusiva Thin Man, tutte più o meno in sintonia con le versioni che già conoscevamo e comunque mai eccessivamente calligrafiche.

A volte, le canzoni si appoggiano alla chitarra di Gerry Leonard, uno che non sbaglia una nota nemmeno da ubriaco, altre alla voce della Vega, che col tempo e il fumo ha assunto sfumature più roche e vissute. Da applausi il lavoro alle tastiere di Jamie Edwards, di ritorno dallo studio di David Byrne per il quale ha lavorato ai sampling di “American Utopia“. Dal cilindro escono un paio di pezzi recuperati dalle outtakes e che oggi guadagnano una meritata visibilità e più in generale l’atmosfera resta volutamente ed elegantemente tra le righe come è normale che sia per chi continua a pensare al Greenwich Village come un luogo dell’anima, prima di qualsiasi altra cosa.

Tra una canzone e l’altra Suzanne Vega si ferma a parlare col pubblico, come quando racconta della prima volta che incontrò Lou Reed che le svelò “…cosa fosse davvero il rock’n’roll…”. Perchè come per la Jenny della canzone, anche per Suzanne “…there was nothin’ goin’ down at all, not at all /then, one fine mornin’, she puts on a New York Station/ you know, she couldn’t believe what she heard at all…….

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