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Thurston Moore – By The Fire

2020 - Daydream Library Series
noise rock

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Tracklist

1. Hashish
2. Cantaloupe
3. Breath
4. Siren
5. Calligraphy
6. Locomotives
7. Dreamers Work
8. They Believe in Love
9. Venus


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Metto su la prima traccia e la seguo come se la conoscessi già, mi aspetto l’attacco della sezione ritmica esattamente dove è posizionata, il crescendo di chitarre e l’incursione dei soliti riff, la voce anch’essa arriva puntuale come da copione, bel pezzo, sembra uscito da un demo di “Nurse”, solo che non è stato sottoposto ai Sonic Youth per essere arrangiato. 

La sensazione di un Thurston Moore stanco e adagiato è forte, il dubbio che sia convinto di essere un autore unico e inimitabile, convinzione forse spinta da forza maggiore, è forte anch’esso. Il terrore che Thurston sia diventato, grazie all’influenza della sua nuova vita, il ragazzo tutto d’oro, l’artista intoccabile che guai a metterlo in discussione è molto presente. L’orrore che una mente creativa come quella di Thurston possa partorire album semplicemente scontati e banali e noiosi e spocchiosi e altezzosi e arroganti non mi fa dormire la notte.

L’assolo hard rock in Cantaloupe non risolleva abbastanza la delusione ma mi impongo di andare avanti. Anche l’arpeggio iniziale di Breath ricorda l’intro venuto dal passato ma forse, la sto prendendo troppo sul personale e, se vado avanti così, dovete trascinarmi via in lacrime. Perciò decido di dare a “By The Fire” un ulteriore ascolto, stavolta scevro da pregiudizi aciduli da fan cinico e nostalgico.

Perché non possiamo chiedere a Moore di sperimentare nuove strade, altrimenti dovremmo accontentarci quando esce con live come “The Thing” e sperimentazioni avanguardistiche al limite dell’infernale. E inoltre non posso farmi condizionare dal perenne pensiero di come ha terminato la mia band preferita di sempre e che Kim ha fatto un disco che vale tutti quelli di Thurston post-Youth messi insieme.

Quello che ne viene fuori è un album di Thurston Moore onesto, forse che ricorda un po’ tanto la sua vecchia e gloriosa band ma quello che ci vuole dire Thurston è che questo è quello che sa fare meglio ed è il suo, chiamiamolo con un nome brutto, marchio di fabbrica. L’importante è che siano pezzi buoni, e lo sono: come la lunga Siren, sono comunque (lunghi, son tutti lunghi) viaggi tra il pacifico e l’interstellare che tutto raccontano di un autore che ha passato i 60 anni ed ha influenzato un’intera scena musicale. E la cosa ancora più importante da sperare è che la decisione di fare un album come “By The Fire” sia sua e che dentro di lui sia stata comunque una sfida perché tutto quello che faceva con Kim e Lee era una sfida, qui invece sembra che manchi l’umiltà, e lo so che vuole dare un messaggio forte contro la violenza e la guerra e i guerrafondai che governano il pianeta ma non bastano i testi pacifisti o le moderate mitragliate soniche di mezz’età a rendere grande un suo album, anzi, alla fine, risulta molle e prevedibile. Perché il genio di Thurston non sta tanto nella composizione o nei riff ma nel combattere l’omologazione, nel destrutturare, nel de-costruire (non mi stancherò mai di usare questo termine quando parlo di lui) ciò che ci viene insegnato come giusto quando dietro c’è un organismo di controllo che causa diseguaglianze, odio razziale e omofobia. Dai Thustron smettila di fare l’artista e torna ad esserlo, e non dare retta a chi ti dice di seguire il tuo spirito e di fare quello che senti dentro, perché stai tralasciando quello che senti fuori!

Perché tutti gli album dei Sonic Youth sono stati una vera e propria sfida contro le bruttezze del mondo, ora sembra che questi pezzi siano calcolati, che nulla sia lasciato al caso, manca l’incertezza, il dubbio, il duello. Quello che arriva da “By The Fire” è una formula brevettata da usare e riusare. Mi dispiace ma la conclusione è di vedere Thurston Moore, riconoscerlo e sentirlo come se fosse sotto una campana di vetro. Sogno di vederlo spaccare questa campana spingendole contro un amplificatore.

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