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Backxwash – God Has Nothing To Do With This, Leave Him Out Of It

2020 - Autoproduzione
alternative rap

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Tracklist

1. God Has Nothing To Do With This, Leave Him Out Of It
2. Black Magic (feat. Ada Rook)
3. Spells (feat. Devi McCallion)
4. Black Sheep
5. Hell’s Interlude
6. Into The Void
7. Adolescence
8. Amen
9. Heaven’s Interludi
10. Redemption


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Nel 2020 che rap e musica altra, meglio se pesante e oscura, si frequentino, si piacciano e finiscano per fare coppia fissa dando vita a una progenie di nuovi mostri, non stupisce veramente più nessuno. Niente di strano quindi se i Godspeed You! Black Emperor fanno aprire i propri show a una rapper zambiana trapiantata a Montreal, Hunter-Hunt Hendrix dei Liturgy ne elogia pubblicamente l’operato su Twitter e l’edizione inglese di Metal Hammer, inserisce “God Has Nothing To Do With This, Leave Him Out Of It” tra le migliori uscite dell’anno in corso. Poi purtroppo mi sovviene che a queste latitudini, non più di due anni fa è stato pubblicato un libro che spende un intero capitolo per spiegare che, dai, in fondo barre, campionatori e Stratocaster, non è che facciano proprio brutta figura assieme. Poveri alberi. 

Lasciamoci alle spalle le nostre miserie (musicali e non) e parliamo di Backxwash. La ragazza ha ormai all’attivo un numero considerevole di autoproduzioni, molte delle quali, tra cui quella di cui ci apprestiamo a parlare, scaricabili gratuitamente dal suo profilo Bandcamp, e mostra di avere affinato gli strumenti per dire la sua tanto al microfono quanto alle macchine. L’influenza dei Death Grips è evidente sia in una certa spregiudicatezza nell’uso dei campionamenti, sia nella maniera in cui va sopra i beat. Salvo poi mostrare dimestichezza con costruzioni metriche ben più articolate di quelle a cui ci ha abituato MC Ride, ma ci arriveremo. 

La titletrack ci offre subito un posto privilegiato da cui ammirare un abisso di misantropia e nervi che si sfaldano, accostando sonorità tribali e piombo (e se non riconoscete il campione avete un problema da risolvere). Black Magic è trap piegata all’incedere mortifero del doom, Amen manda 6x9ine e tutti gli urlatori della sua risma a casa con la nota sul diario, difficile non avvertire l’influsso di Reznor sul ritornello di Spells, così come quello di Eminem sul flow di Black Sheep. Dei Death Grips si è già detto ma Into The Void non può che togliere ogni eventuale dubbio a riguardo, sulla cupa e introspettiva Adolescence fa bella mostra di sé uno dei break di batteria più utilizzati di sempre.

Da questo ribollire di umori pessimi, invettive al curaro e rimandi biblici, emerge una sorta di ostinata ricerca di elevazione spirituale, seppur sfigurata dallo sforzo di doversi fare strada in una fitta foresta di rabbia e disperazione. Non stupisce nemmeno troppo quindi dopo tutta una serie di aggressioni verbali e sonore, trovare in chiusura la soffusa Redemption, praticamente uno spiritual.  

Una visione artistica ben delineata che non esita a rendere palesi i propri punti di riferimento ma allo stesso tempo, cerca di rielaborarne l’attitudine in maniera personale. Talento e inventiva non mancano, con un pizzico di coraggio, o magari proprio di follia, in più, ci sono tutti i presupposti per scrivere pagine di rap estremamente interessanti. A chi è già avvezzo a sollazzarsi con materiale similare, ricordo che il disco è gratis e dura poco più di venti minuti: dormirci sopra sarebbe veramente un peccato. 

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