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Fuzz – III

2020 - In The Red
garage rock / stoner rock

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Tracklist

1. Returning
2. Nothing People
3. Spit
4. Time Collapse
5. Mirror
6. Close Your Eyes
7. Blind to Vines
8. End Returning


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Per la California, quella del 2020 è stata un’estate all’insegna del garage rock: L.A. Witch, Death Valley Girls, Frankie and the Witch Fingers, Osees. La ciliegina sulla torta la mettono i Fuzz, supergruppo eponimo composto da sua maestà Ty Segall alla voce/batteria, dal multistrumentalista Charles Moothart alla chitarra (CFM, The Freedom Band, GØGGS) e dal bassista Chad Ubovich (Meatbodies).

A cinque anni dal doppio-LP “II” (2015), tanto ispirato quanto prolisso, i tre di San Francisco si ripresentano stavolta con un disco ben più conciso, “down-to-earth” come si suol dire. La marcia in più di questo “III” è sicuramente nella produzione, affidata al guru della musica indipendente Steve Albini, noto per le sue peculiari tecniche di registrazione, modellate sul sound di Led Zeppelin e ZZ Top. Grazie a microfoni piazzati strategicamente e pochissima post-produzione, l’ex Big Black e Shellac cerca infatti di ricreare in cuffia l’esperienza di un live show, un approccio che veste a pennello il garage-rock tinto di stoner dei Fuzz.

Si comincia con tre head-bangers assolute: Returning, che cattura subito la nostra attenzione con un irresistibile riff proto-metal figlio di Black Sabbath e Hawkwind, Nothing People, che ci esalta con un perfetto incrocio tra Led Zeppelin e White Stripes, ed il singolo Spit, una fulminante hit in 7/4 che sembra uscita dal self-titled di Ty Segall. Al languore blues dell’epica Time Collapse il compito di farci riprendere fiato per un istante, prima di trascinarci in una coda strumentale che farà esplodere le meningi agli appassionati del genere.

L’adrenalinica Mirror ci riporta sulla cresta dell’onda per un po’ di sano crowd surfing, mentre Close Your Eyes ci delizia con un finale troncato degno di Jack White. Bisogna ammetterlo: Moothart ha davvero poco da invidiare ai maestri della sei corde, non solo in termini di tecnicismo, ma anche di ispirazione. Basti ascoltare il riff di Blind To Vines, un riuscitissimo bluesettone che suona tanto inedito dei Raconteurs, o ancora la conclusiva End Returning, un viaggio di otto minuti all’insegna del garage-stoner più schizofrenico e psicotropo possibile.

Pur non toccando le vette di originalità del debutto omonimo (2013), “III” arriva come una vera e propria ancora di salvezza per tutti gli annoiati gig-goers là fuori, a cui è chiesta solamente una cosa: di chiudere gli occhi. A trasportarci in prima fila per una mezz’ora abbondante di pogo spensierato ci pensano i tre cattivoni in copertina.

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