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Back In Time

“Chaosphere”, la squisita macchina della tortura dei Meshuggah

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Come già scrissi precedentemente in occasione di “Times of Grace”, la fine degli anni novanta rimane uno dei periodi più fertili ed innovativi per la musica metal.

Se ci si sofferma in particolare sul 1998 (l’anno di “The Sound Of Perseverance” tanto per Intenderci), credo che nessuno di noi all’epoca fosse riuscito a comprendere appieno quanto fossero importanti e in parte rivoluzionari dischi come “Obscura” dei Gorguts o il midiciale trittico metal-core “American Nervoso” dei Botch, “When Forever Comes Crashing” dei Converge o “The Shape Of Punk To Come” dei Refused.

Ma c’è un album in particolare che creò tantissima confusione a un sacco di gente che provò, fallendo, ad inquadrarlo in un genere preciso. Qualcuno parlava di Pantera, Metallica o Fear Factory come possibili e convenienti metri di paragone, ma la realtà è che nessuno aveva ancora avuto a che fare con qualcosa di simile.

Parliamo ovviamente di “Chaosphere“. I Meshuggah, che dal 1994 sono (anno di pubblicazione dell’ EP “None”) una delle colonne portanti di questa spinta modernista, arrivavano da un anno e mezzo di inattività dovuta al lungo periodo di gestazione del debutto solista del chitarrista Fredrik Thordendal, “Sol Niger Within”. In un periodo di appena tre mesi riescono a scrivere e registrare quello che è il loro lavoro più estremo, violento e schizofrenico, nonché primo vero esempio di quel suono che farà scuola ma che non troverà negli anni mai nessuno in grado di replicarlo.

Se col precedente “Destroy Erase Improve” avevano dato a tutti una lezione di dinamica, innovazione e tecnica, con “Chaosphere” ci troviamo di fronte ad un assalto frontale chirurgico, un monolite sonoro che ti ingabbia il cervello in una dimensione dolorosa e claustrofobica (il tal senso mai copertina fu più adatta). Ogni brano si regge su un miracoloso equilibrio fatto di groove, incastri ritmici al limite del comprensibile (l’attacco dell’opener Concatenation rimane, ad oggi, una delle esperienze più destabilizzanti che abbia mai provato) e dissonanze spesso ostiche. Sebbene ogni singolo momento sia calcolato in maniera chirurgica, è l’attitudine “in your face”, in parte ancora legata al thrash degli esordi, e la registrazione volutamente corrosiva e senza troppi fronzoli, che rendono “Chaosphere” uno dei lavori più violenti della band i Umeå.

Ogni singola canzone possiede una personalità ben precisa, basti citare Sane, Neurotica The Mouth Licking What You’ve Bled (descritta all’epoca abbastanza efficacemente dal buon Luca Signorelli come una seduta dal dentista) senza dimenticare New Millenium Cyanide Christ, dal geniale videoclip girato praticamente a costo zero.

La pesantissima “The Exquisite Machine Of Torture” (con il drummer Thomas Haake alla voce) anticipa tutto quello che verrà sviluppato da Nothing in avanti in tandem con la conclusiva “Elastic” che ha il compito di chiudere il disco con una coda di quasi dieci minuti fatta di riff destabilizzanti e rumori insostenibili.

Se vi state chiedendo cosa ci fosse prima delle chitarre ad otto corde, prima di quel genere che verrà chiamato (orribilmente) Djent, tornate indietro e riascoltate “Chaosphere“, vi causerà un bel po’ di emicranie ma vi aiuterà allo stesso tempo a schiarirvi le idee.

Per quel che mi riguarda io continuo felicemente, a distanza di ventidue anni, a non capacitarmi di come sia stato possibile concepire certe cose.

Curiosità: Il caos informe degli ultimi tre minuti, non sono nient’altro che quattro canzoni del disco suonate in contemporanea, il risultato è, come prevedibile, delirante.

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