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The Zen Circus – L’Ultima Casa Accogliente

2020 - Polydor / Universal
rock / indie

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Tracklist

1. Catrame
2. Appesi Alla Luna
3. Come Se Provassi Amore
4. Non
5. Bestia Rara
6. Ciao Sono Io
7. Cattivo
8. 2050
9. L’Ultima Casa Accogliente


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Degli Zen Circus ho sempre apprezzato la coerenza e la sincerità di fondo: la band toscana sostanzialmente non si è mai staccata un centimetro dalla propria proposta musicale e lungo questi più di vent’anni di carriera, affrontando il rischio di essere etichettati come quelli che non cambiano mai, sempre uguali a sè stessi e via dicendo, hanno semmai variato i toni e la prospettiva: i proclami sguaiati e incendiari degli inizi hanno via via lasciato spazio a riflessioni malinconiche e racconti disillusi, il loro rock d’autore è di fatto naturalmente invecchiato, spogliandosi pian piano delle influenze garage degli inizi per indossare abiti più legati alla tradizione cantautorale, ma è sempre rimasto fedele a se stesso, senza stravolgersi per seguire questa o quella corrente che ha nel tempo infestato il panorama italiano.

Sono pressoché certo che Appino e soci abbiano sempre suonato ciò che fondamentalmente sono e “L’ultima casa accogliente” non fa altro che confermare tutto ciò, ed è in fondo il pregio più grande degli Zen Circus. Il passaggio ad una major, coinciso con la trascurabile partecipazione all’ultimo Festival di San Remo, non ha scalfito l’anima e l’intenzione della band, ma d’altronde il confine tra mainstream ed underground si è fatto via via sempre più fluido, finendo per trasferire elementi di un universo nell’altro e creando più spesso mostri che motivi di reale interesse. È un album, come tanti altri usciti in questo periodo, figlio del lockdown, una sorta di concept sulla casa, intesa sia come il luogo tangibile che conosciamo ahinoi fin troppo, sia come concetto astratto, rifugio di ricordi ma anche corpo in cui siamo confinati.

Fortemente aggrappato alla poetica collaudatissima di Appino, che scandaglia il fondale dei propri ricordi ma – nonostante non sia neanche lontanamente Shane MacGowan come qualcun altro sostiene – ha la credibilità e il carisma per farli risuonare universali, “L’ultima casa accogliente” non aggiunge e non toglie nulla di rilevante a quanto non si sia già ascoltato nei 10 album precedenti degli Zen Circus. Al netto di qualche divagazione new-wave (la title-track, 2050) qualche assolo dal sapore glam (Appesi alla luna) e qualche immersione nel cantautorato più tradizionale (Ciao, sono io), i 40 minuti scarsi de “L’ultima casa accogliente” suonano compatti, inflessibili ma sostanzialmente banali, non regalano sussulti, ma nemmeno si scostano mai dal focus comunque centrato di una proposta che nonostante tutto funziona bene e funzionerà a lungo.

È triste pensare che nel contesto stagnante e ormai irrecuperabile del fu indie italiano basti così poco, ma non è colpa degli Zen Circus.

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