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Killer Be Killed – Reluctant Hero

2020 - Nuclear Blast
alternative metal

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Tracklist

1. Deconstructing Self-Destruction
2. Dream Gone Bad
3. Left Of Center
4. Inner Calm From Outer Storms
5. Filthy Vagabond
6. From A Crowded Wound
7. The Great Purge
8. Comfort From Nothing
9. Animus
10. Dead Limbs
11. Reluctant Hero


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Quattro minatori sporchi da testa a piedi che a colpi di piccone che risuonano nelle profondità del metal alternativo più grezzo, pesante, furioso e tamarro, questo erano i Killer Be Killed al loro debutto sei anni or sono. Rischiavano di restare intrappolati là, al buio, dopo che l’esplosione dell’album ci aveva investiti tutti. Non è così che è andata. Proprio no.

La vampata esce dall’imbocco della cava e illumina il cielo, così “Reluctant Hero” s’incendia nei cieli e a cavallo di questo fuoco, a metà strada tra sacro e profano, vediamo Max Cavalera, Greg Puciato, Troy Sanders e Ben Koller (che sostituisce in pianta stabile Dave Elitch), con un’espressione trionfante in volto, pronti a dare spettacolo, a dimostrare come quella creatura a quattro teste sia in grado di divorarsi tutto quanto.

Dalla grezza dissezione dei punti cardinali arriva l’amalgama finale, si sente l’unione divenire reale, una sola via che porta a quello che rischia di diventare un disco difficile da accantonare. Se l’omonimo era eco di zone di guerra, l’oscura sacralità del nuovo lavoro del quartetto è altare verso dèi lontani, un’ombra che scende e si posa su ognuno di noi e ghermisce fino a stritolarci. Le voci si destreggiano sulla scena, ciascuna nel luogo prescelto, giusto, perfetto. Le parti strumentali raggiungono l’apice, un climax che la sezione ritmica di Koller e Sanders avvolge in un’ambiente sospeso, quando non intenta a crivellare di colpi.

L’epico incedere di mastodonti mistici formati al 90% da tenebre impenetrabili come The Great Purge (il cui stomp finale annienta) e From A Crowded Wound spinge il piano astrale sulla Terra, è cifra di un nuovo modo di formulare la violenza, violenza che altrove mostra zanne affilate: l’ulcerica Deconstructing Self-Destruction, Comfort From Nothing e le sue sanguinolente staffilate thrash-core, tra serpeggianti e trucide allucinazioni in fase REM che spazzano Dream Gone Bad, le mitragliate caricate a colpi grind di Animus e ancora le bordate obnubilanti di Left Of Center.

Come asfissie da mortali strette metalliche come Dead Limbs possano far passare aria fresca sotto forma di voci ascendenti lo sanno solo loro, e loro sono Greg e Troy, campioni assoluti, sempre supportati dalle incursioni micidiali di Sua Maestà Cavalera, che qui è al suo massimo espressivo dai tempi che furono, letale, magistrale, sulla cattedra di un genere che da solo è riuscito a plasmare come cazzo gli pareva, e ancora oggi non sembra essere sazio. E quando le fiamme diventano nere e si ritirano nella fredda terra prende forma la title track, una tenaglia al cuore, col silenzio che banchetta con la deflagrazione melodica che spazza tutto, come un lontano ricordo che lascia in bocca l’acre sapore di una vittoria riluttante, ottenuta nostro malgrado. Gli occhi rivolti al cielo, le mani sporche di sangue.

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