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Ramon Moro – Offering

2020 - Subcontinentale Records
dark ambient / jazz

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Tracklist

1. Preparation And Presentation Of The Gifts
2. Labyrinth
3. Elephantine March
4. Recuerdos de la alhambra (Francisco Tarrega)
5. Walking Towards Farewell
6. I’m Sorry Ma’Am, Nothing More To Be Done
7. IV Adagietto Symphony No.5 (Gustav Mahler)


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Vedo la scena. Una spiaggia deserta irraggiata da un sole pallido, freddo. Una figura vestita di nero a cavallo di un destriero anch’esso nero. Si avvicina lentamente. Molto lentamente. La distanza si riduce. Si azzera. Si sofferma dinanzi a noi. Si toglie il cappello. Un cilindro foderato di seta. I suoi occhi sono celati da occhiali scuri. Volge lo sguardo a noi…Ed è a questo punto che il regista, Roger Corman, con voce soddisfatta grida: “Cut!”.

Sì perché il nuovo disco di Ramon Moro, giunto qui al suo terzo album da solista, sembra davvero uscito da quelle atmosfere decadenti e affascinanti che erano così care ai film del maestro della controcultura Hollywoodiana degli anni 60 e 70.

Offering”, registrato e mixato da Ale Ovi Sportelli presso gli omonimi studi di Cascina (Pi) nel giugno scorso, è un lavoro che lascia il segno. Un disco che se fosse un colore sarebbe un denso nero, intriso di quel romanticismo ottocentesco poi tramutatosi in cinico decadentismo parigino. Atmosfere dilatate, eteree, mistiche, capaci di descrivere paesaggi sempre in attesa dello spuntar di un sole che sembra non arrivare mai. Un viaggio tra jazz, ambient darkissimo e meravigliosa avanguardia. Suoni che emergono da selve fatte di visioni oniriche e crepuscolari. Melodie che dondolano sul filo di una sottile corda come bendati equilibristi sospesi su baratri mozzafiato.

Un disco bellissimo, velato di una tristezza solo apparente che lascia spazio ad un flusso continuo di musica proveniente da altri mondi, sotterranei, paralleli, fuori da qualunque collocazione temporale. Sette tracce intense, mai troppo articolate, cullate dal suono di una tromba sempre delicata e morbida. Un antro sospeso nello spazio, illuminato da una flebile luce e pervaso da note suonate in punta di piedi, con quella leggiadra magia che solo i grandi musicisti sono capaci di creare.

L’onore del primo passo in questo viaggio tra lande desolate e cieli meravigliosamente dipinti, è riservato a Preparation And Presentation Of The Gifts, pezzo d’apertura che emoziona già dalle prime note. Labyrinth, il pezzo successivo, irrompe con un suono più spinto e fragoroso, mentre Elephantine March simula perfettamente la goffa cadenza di quel pachiderma effervescente di barrettiana e psichedelica memoria. Recuerdos de la alhambra sembra risalire da quella Los Angeles perennemente bagnata dalla pioggia descritta da Ridley Scott in “Blade Runner”. In lontananza si sentono anche le esplosioni che l’agente Rick Deckard vedeva balenare tra i grattacieli in quel distopico 2019 immaginato da Dick.

Con Walking Towards Farewell la marcia sembra accelerare il ritmo, ma con la successiva I’m Sorry Ma’Am, Nothing More To Be Done l’atmosfera torna ad essere rarefatta e i primi raggi di sole si fanno finalmente strada tra le dense nubi. IV Adagietto Symphony No.5 (Gustav Mahler), con i suoi oltre 10 minuti ci accompagna verso il finale di questo percorso suggestivo e che non dimenticheremo.

Un disco visionario, pregevolmente delicato e che ammetto, aveva catturato la mia attenzione sin dalla copertina, realizzata dall’artista Danijel Zezelj. Un sogno, o romantico incubo, avvolgente dall’inizio alla fine.

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