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“Sabbath Bloody Sabbath”, il culto infinito dei Black Sabbath

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Nel 1970 esordiva con il primo album omonimo una delle band più importanti per il movimento metal, che ha cambiato per sempre il volto della musica contemporanea: senza ombra di dubbio stiamo parlando dei Black Sabbath. Affiancandosi a titani come Deep Purple e Led Zeppelin, questo gruppo nasce dal genio strumentale di Frank Anthony Iommi, Terence Michael Joseph Butler e dalla folle mente di John Michael Osbourne, che diedero il via alla rivoluzione oscura ed esoterica della musica: il metal. In soli tre anni, il Sabba Nero produce ben cinque album, uno migliore dell’altro, nei quali il rock si fonde con il folk, con il progressive e sfodera sonorità plumbee che metteranno le basi per il futuro del genere doom, ma più in generale del genere metal.

Proprio oggi ricorre la data nella quale, ben quarantasette anni fa, usciva uno degli album più importanti della decade dei settanta: “Sabbath Blody Sabbath“. L’impronta di un giovane heavy metal si pone alla base del sound della band e con esso si fondono tonalità folk e soprattutto prog, grazie alla partecipazione della guest star Rick Wakeman, tastierista degli Yes, fortemente voluto da Iommi. Tutto ciò tende a sottolineare come i Sabbath fossero immersi in continue sperimentazioni di nuove sonorità e fusioni stilistiche, tanto da assumersi non pochi rischi nei loro lavori. C’è chi considera proprio questa audacia nella sperimentazione la prima responsabile dell’album “Technical Ecstasy” (1976), tra i più criticati lavori della band di Birmingham.  

L’album inizia con la title-track, divenuta un cult, pezzo oscuro con tonalità molto pesanti e la voce acuta di Ozzy che si scaglia contro un muro granitico di suono. Con Fluff iniziamo a scoprire cosa Wakeman ha escogitato: non sembra affatto un brano dei Sabbath come li conoscevamo, un armonioso arpeggio di chitarra si fonde con arrangiamenti e passaggi di tastiere che creano una cornice melodica e delicata, come uno squarcio di cielo limpido tra oscuri cumulonembi. Esplode un altro cult assoluto della band, Sabbra Cadabra caratterizzata da una linea di suono frastagliata, dove un blues elettrico e selvaggio va a intersecarsi con tastiere progressive che donano al brano una aurea più mistica e psichedelica: il sound di una decade di metal racchiuso in un unico brano.  

Restano in puro stile Sabbath, oltre alla sopra citata titletrack, anche A National Acrobat e l’efficacissima Killing Yourself to Live, altro grande brano in cui l’unicità vocale del Madman si esalta. Infatti, in questo disco, Ozzy offre una delle sue migliori prove canore di sempre.  Naturalmente il lavoro strumentale di Iommi, Butler e Ward è impeccabile, preciso e chirurgico in ogni sfaccettatura: ragazzi la classe non è acqua! La cosa che sorprende è come il suono della band acquisti sempre più compattezza e maturità brano dopo brano. Looking for Today presenta linee hard rock molto più comuni per la band che dà vita ad un altro brano perfettamente composto e arrangiato che si chiude sul ritornello a sfumare con un bellissimo assolo di Iommi.

Tra i brani più originali e mistici del disco, c’è Who Are You?: incredibile il lavoro di Wakeman che fonde la psichedelia delle sue tastiere con un brano dal sound misterioso ed ipnotico. La band esce di scena con un meraviglioso connubio tra melodia, sonorità prog e hard rock: Spiral Architect che presenta anche degli insoliti, ma efficaci sottofondi di archi che pennellano una track veramente ben fatta, anche se non nel classico stile sabbathiano.

13” è l’ultimo lavoro che la band ha pubblicato riunendosi a Ozzy nel 2013 ed è stato emozionante ascoltarlo. Nonostante fosse passato parecchio tempo, lo smalto e il sound erano rimasti gli stessi, certo gli anni pesano, soprattutto se gli eccessi sono stati i tuoi compagni di vita per decenni. Purtroppo la band ha definitivamente decretato la fine delle sue attività con il tour The End nel 2015, anche se il Madman ha rilasciato un nuovo lavoro solista lo scorso febbraio: “Ordinary Man”. Questa indomita icona della musica metal sembra non volersi mai fermare, anche se i rumors sulle sue condizioni di salute e sullo sfruttamento della sua immagine da parte delle label discografiche non fanno che intristirci ed amareggiarci.  

La storia di questa band inglese è quella di un gruppo titanico che resterà inimitabile nella storia del metal, sebbene, come sempre, non si può pretendere di piacere a tutti, ma il genio è sicuramente indiscutibile. Mentre ascolto le ultime note di Spiral Architect, prendo spunto dall’ultimo lavoro solista di Ozzy rassicurandolo che i Black Sabbath non moriranno mai e soprattutto nessuno di loro sarà più un uomo comune, loro sono storia!

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