Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

William Basinski – Lamentations

2020 - Temporary Residence Ltd.
dark ambient / tape music

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. For Whom the Bell Tolls
2. The Wheel of Fortune
3. Paradise Lost
4. Tear Vial
5. O, My Daughter, O, My Sorrow
6. Passio
7. Punch and Judy
8. Silent Spring
9. Transfiguration
10. All These Too, I, I Love
11. Please, This Shit Has Got to Stop
12. Fin


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Le sue nastro-rielaborazioni hanno coniato un linguaggio emozionale e minimalista portatore di oscure ombre di bellezza e profonde meditazioni sulla morte, ma nel corso degli anni William Basinski ha cercato sempre nuove fonti d’ispirazione seppur con legittimi alti e bassi interpretativi, a volte avvicinandosi pericolosamente ad una forma di wallpaper music o cercando di colmare (presunti) vuoti ispirativi inasprendo il concetto di concetto. La digressione space-drone del precedente lavoro “On Time Out of Time” ha indubbiamente rappresentato una nuova tappa sia nei suoni che nella metodologia, con l’idea di trascrizione di un suono spaziale – e quindi della natura – racchiuso in formule matematiche in assenza di tape loops, ma anche recenti collaborazioni fuori dai soliti sentieri battuti hanno portato a chiedersi se i vari cambiamenti di rotta potessero rappresentare qualcosa in più che casi isolati.

I dubbi hanno trovato pronta risposta, perché Basinski torna a riesumare nastri di proprie registrazioni e studi risalenti fino al 1979 per dar vita a “Lamentations”: ovvero, scavare nel passato per cercare la via del presente. Fin dai primi minuti si avvertono composizioni strutturalmente (e musicalmente) fruibili, dove i segni del tempo di 40 anni di registrazioni vengono plasmati nell’oggi sottoforma di ricordi rilasciati in una coltre di droni.

La sensazione è che si tratti di una ricerca di spiritualità tra le più intense nella propria ricerca musicale, come mostrato dall’enfasi vocale di una cantante d’opera in O, My Daughter, O, My Sorrow che nebulizza sofferenze in ripetitivi scenari isolazionisti con una teatralità sommersa in un minimalismo esistenziale. L’anima riconosce e conserva il valore del tempo enfatizzando minuscoli brandelli di suoni in un’elettronica bipolare che lambisce visioni angeliche (Tear Vial) per poi affondare nel dark ambient più minimale e ossessivo (The Wheel of Fortune), comprimendo il potere emozionale tipico dei “The Disintegration Loops” in dei sussurri all’abisso.
Senza che nessun elemento prevarichi, si assiste a una placida contemplazione di suono-rumore avvolta tra zone d’ombra e solennità appena accennate.

Pur considerando fallace il concetto stesso di poter giudicare tale opera nei canoni del giusto o sbagliato e ritenendo il tempo, oltre che fondamento dell’opera, l’unico possibile giudice (se proprio necessario), l’impressione è che lo splendore sia tornato in una vecchia-nuova formula di atmosfere supportate da effettive composizioni in un remix di elementi familiari, il primo tra i quali è il confermarsi maestro nel trasformare suoni manipolati mediante procedure analogiche e sintetiche in poetici istanti d’espressione musicale.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni