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Back In Time

“Beggars Banquet” dei Rolling Stones, il ’68 dentro un disco

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È il 1968. Fuori dalla tua porta di casa rumoreggiano i primi sussulti che presagiscono un potente movimento studentesco atto alla contestazione. Per radio hai sentito qualche canzone forse dei Buffalo Springfield o forse dei Creedence Clearwater Revival che prende a pugni la guerra in Vietnam. Quelle poche volte che hai visto la Televisione non hai potuto far altro che guardare con ammirazione i tuoi coetanei vestiti di fiori e con i capelli sciolti che protestano contro le autorità.

Hai pochi soldi e l’unico legame che ti unisce alla contestazione è la musica. Così non appena hai racimolato qualche spicciolo e una manciata di minuti liberi esci di casa e vai al negozio di dischi. Ricordati il cappotto perché è il 6 dicembre. Il freddo punge ancora. 

Entri nel negozio e l’odore del vinile misto a quello delle sigarette ti accoglie piacevolmente. Non sai ancora cosa comprare. Mentre ti guardi intorno rimani incantato dalla folle copertina di un vinile. Prendi la custodia tra le mani assaggiandola con il tatto. Fai scorrere le tue dita su quell’immagine figurante di un gabinetto diroccato incorniciato da scarabocchi e scritte sul muro dello sfondo. La scritta più grande dice The Rolling Stones. È in rosso. Questi ragazzacci li conosci bene e sai che l’album precedente a questo non ti era piaciuto un gran che. Troppo psichedelico. Questo nuovo però, già dalla copertina sembra diversi. Il titolo è “Beggars Banquet”(La cena dei Mendicanti). Lo acquisti e a grandi passi veloci arrivi a casa impaziente di ascoltarlo.

Oggi è il 6 dicembre 2020. Sono passati 52 anni da quando “Beggars Banquet” ha fatto discutere la critica musicale. È uno di quei dischi che si dovrebbe sapere a memoria. “Beggars Banquet” segna un ritorno alle origini da parte degli Stones. L’album precedente dal nome enigmatico “Their Satanic Majesties Request” cavalcava l’ondata flower power che in quei anni ritmava l’animo dei giovani scandito da LSD, psichedelia e fiori. Con “Beggars Banquet” i Rolling Stones mettono da parte il rock psichedelico e pop rock britannico per il sogno americano. In che senso? Se avete ascoltato l’album vi sarete accorti che blues, rock, country rock sono le fondamenta di ogni canzone. Una matrice americana che non si limitava solo alla copia spudorata del sound d’oltreoceano ma che si intersecava nel DNA della band fino a creare quello stile inconfondibile degli Stones. 

La prima canzone dell’album è una delle più famose ma anche controverse della band. Simpathy For The Devil è un pezzo ispirato al romanzo “Il maestro e Margherita” dello scrittore russo Michail Afanas’evic Bulgakov. La peculiarità del brano è che Jagger scrisse il testo dal punto di vista di Lucifero. Il testo è stato spesso analizzato perché scandalizzò la società del 1968 che interpretava il testo come una lode a Satana. Cosa smentita dalla band. Anzi il testo pone l’accento sulla doppia personalità degli esseri umani che sanno essere buoni e anche cattivi. Jagger sostiene che il diavolo è dentro di noi. Il ritmo del brano entra dentro la testa come pochi partendo da una partitura in stile folk rock culminando poi in samba rock. 

In No Expectations e Dear Doctor troviamo riferimenti alla musica blues e country. La prima è una ballata lenta che parla di solitudine e rimpianti in cui la slide guitar di Brian Jones si fa sentire. La seconda è un testo molto ironico in cui Jagger si mette nei panni di un ragazza pieno di dubbi sul matrimonio che lo attende. Se Simpathy For The Devil aveva scandalizzato per i presunti contenuti satanici anche Street Fighting Man creò scalpore. E’ un pezzo meraviglioso che ritrae un momento particolare e indimenticabile della storia moderna. Street Fighting Man è ispirata agli scontri studenteschi del maggio del 1968 e ai disordini di strada causati dalle manifestazioni contro la famigerata guerra in Vietnam che esplodevano un po’ dappertutto. Keith Richards suonò il riff iniziale con una chitarra acustica sovraincidendo numerose volte le parti di chitarra su di un piccolo registratore e poi mixandole ottenendo un effetto distorto. Il genio e la rivoluzione.

All’epoca gli Stones sperimentavano molto, ne è un esempio l’ultima traccia Salt Of The Earth in cui la la voce di Keith Richards inizia a sorpresa la canzone proprio su un suo fraseggio con la chitarra. Il brano è un omaggio alla classe operaia definita “sale della terra”. In armonia con tutto l’album anche qui troviamo gli elementi country-blues che hanno permeato tutto il loro progetto.

Figlio di un anno, il 1968, pieno di contestazioni, contrasti e rivoluzioni “Beggars Banquet” porta con sé una certa dose di cambiamenti radicali. All’interno troviamo dei brani che hanno fatto scalpore, che hanno scandalizzato l’opinione pubblica. Troviamo l’amore concreto per la musica americana come il folk, il country e il blues. Troviamo tutto il 1968. Ascoltarlo non ci può fare che bene, magari da una svegliata pure a noi. 

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