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“Écailles de lune”: la misteriosità oceanica degli Alcest

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Il talento di Stéphane Paut, in arte Neige, era già prepotentemente emerso come chitarrista e membro dei Peste Noire e nel favoloso ibrido Black Metal/Post Punk dell’EP “Ruines humaines” degli Amesoeurs, ma è con il progetto Alcest che la sua personale ascesa come figura di spicco del rock alternativo degli ultimi quindici anni ha inizio. Inizialmente una one man band, con Neige alle prese con tutti gli strumenti, parti vocali, mixing e produzione, esordisce nel 2005 con l’interessante EP “Le secret” e, spinto da un’urgenza espressiva sempre più personale, due anni dopo prende vita l’ormai mitologico (e, diciamolo, discusso) “Souvenirs d’un autre monde”: un’istantanea di un istante d’ispirazione, rappresentazione spontanea di un mondo fantasy e atmosferico in una foresta nebulosa che, di fatto, da vita ad un nuovo sottogenere musicale: il Blackgaze.

Per dare un seguito ad un lampo così spontaneamente folgorante nella riuscita e nel successo immediatamente generatosi, gli Alcest diventano una vera e propria band dove spicca la presenza del batterista dei Les Discrets, Winterhalter, già con Neige negli Amesoeurs, in grado di proporre un drumming più dinamico e variegato rispetto ai comunque affascinanti pattern più dilettantistici degli esordi. “Écailles de lune” gode dunque di una scrittura maggiormente programmata, scelte stilistiche più consapevoli e un lavoro in studio sopraffino, rischiando però di annegare il principale pregio dell’esordio, appunto la sua spontaneità e semplicità, in troppa professionalità.

È invece è una proposta che non perde la sua misteriosità profonda, mutando e ampliando visioni e prospettive, dove la fredda malinconia dell’inverno lascia spazio ad una spiritualità ispirata dall’oceano, con samples e atmosfere acquatiche che evocano sensazioni armonicamente distorte a colpi di tremolo riffs e ambientazioni soft e naturalistiche. La notevole ambizione è svelata dalla title track, 20 minuti (suddivisi in Part 1 e 2) che fungono da manifesto del linguaggio Alcest: suoni eterei, melanconici, sognanti e sempre più dark, dove frammenti Black Metal e Dream Pop fraseggiano con riflessioni acustiche, mentre Percées de Lumière sublima l’unione tra screaming e clean vocals in un dream-gaze dal tocco punk-ish in un mare di chitarre distorte: si tratta probabilmente degli apici assoluti nella carriera di Neige, mostrandoci un livello di scrittura, complessità e maturità artistica non indifferente. La seconda parte dell’album semplifica la formula fin qui mostrata, pur mantenendo un livello qualitativo elevato, riavvicinandosi alle atmosfere irripetibili di “Souvenirs d’un autre monde” tinte di Cocteau Twins (Solar Song) e chiudendo con la sinfonia acustica di Sur l’ocean couleur de fer.

Pur non avendo nulla di speciale nei singoli elementi, l’esperienza Alcest è stata, nel corso degli anni, qualcosa di imperfettamente magico. La sua diversità (e fama) hanno troppo spesso ridotto il giudizio a cosa ci saremmo aspettati di trovare in una miriade di combinazioni diverse: da quanta percentuale di Black Metal o di Shoegaze sia presente, è troppo easy listening, è Black Metal nell’attitudine ma non nei suoni, non ha nulla di Black Metal è Shoegaze atmosferico, è Folk con wall of sound assortiti, no è Post-Rock melanconico e via all’infinito. Questo bisogno di ridurre la musica in etichette e catalogarla si pone come uno dei maggiori rischi nel mortificare la propria esperienza, riducendo l’arte musicale in un mero contenitore nel quale immagazzinare cartelle e file mentali, perché “Écailles de lune” non è Black Metal, non è Shoegaze e neppure Dream Pop, pur prendendo più di uno spunto da essi, ma la visione di una mente artistica dove l’atmosfera prende il sopravvento sulla logica e i ragionamenti: sta a noi scegliere se abbandonarci ad essa.

I would like to fearlessly disappear under the floods / To let the cold currents purify my thoughts, immobilize my flesh / To find sleep at the bottom of the ocean

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