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Belgrado Post-Punk 1980-1982

Da città anestetizzata dal Rock più conservatore, Belgrado si è ritrovata improvvisamente ad essere tra le capitali europee della New Wave: cercheremo di raccontarne la fulminante ascesa.

Che spesso le congiunture sociali, economiche o generali considerate sfavorevoli siano state linfa per dar vita a ferventi scene e movimenti, è certamente dimostrato anche dalla vibrante storia di Punk e New Wave in Jugoslavia, spesso snobbata in occidente ma dalle dimensioni e qualità senza pari. 

È particolare però notare come la grigia e austera Belgrado fosse musicalmente anestetizzata in un Rock conservatore, a differenza delle nobili discendenti dell’impero Austro-Ungarico, in particolare Zagabria e Ljubliana, dove il Punk prima e New Wave e Post-Punk poi erano già non solo esplosi musicalmente e come fenomeno culturale (citiamo Prljavo Kazalište di Zagabria, Pankrti di Ljubliana, Paraf, loro di Rijeka, e la mitologica raccolta “Novi val”, ovvero New Wave in lingua slovena e croata), ma in una fase evolutiva importante e, ancor oggi, di enorme successo (pensiamo ad esempio agli Azra, Film e Haustor). 

Nella capitale le acque iniziarono a smuoversi intorno al 1978, quando una serie di giovani band galleggianti nell’underground Rock e Hard Rock si avvicinarono alle nuove correnti, ma è solo sul finire del 1979-inizio del 1980 che nacque una scena Novi talas (New Wave, in serbo) belgradese, attiva soprattutto con una serie di concerti in città ed allargatasi poi nei molteplici festival nazionali. Da istantaneo fenomeno del sottobosco – praticamente nessuno aveva ancora registrato un album e in pochissimi qualche singolo – le attenzioni crebbero alla velocità della luce nel giro di pochi mesi e ad attirare l’occhio di critica ed etichette furono in particolare tre formazioni: Akrobata Šarlo (L’acrobata Carlo, soprannome di Charlie Chaplin in Jugoslavia, denominazione presto invertita in Šarlo Akrobata), Električni Orgazam (Orgasmo Elettrico) e Idoli. A metterli sotto contratto fu la Jugoton di Zagabria che, anticipando le etichette di Belgrado, si dimostrò per l’ennesima volta un passo avanti ponendo sotto la propria ala quasi tutta la New Wave più importante del periodo e, nell’autunno 1980, le tre band entrarono ai Druga Maca Studio per la registrazione di un maxi-singolo a testa. Presto si trovò però più allettante l’idea di una compilation che fungesse da istantanea della BAS, la scena alternativa di Belgrado, mentre un altro episodio che si rivelerà fondamentale sarà la visita allo studio di registrazione degli autori del famoso programma televisivo Rokenroler, convinti nell’inserire nella programmazione dello show un minimalista video per ogni traccia della raccolta.

Con nessuna o pochissima esperienza in studio e massima indipendenza artistica, si dimostrarono gruppi coraggiosi e in piena trance creativa, sperimentatori di forme di Art Punk istrioniche, teatrali e soverchianti, influenzati dal Post-Punk più oscuro e tagliente ma anche dalla No Wave più sbilenca. Gli Idoli si destreggiano tra schegge Punk (Plastika), marcette patafisiche in un tedesco nonsense(Schwüle über Europa – Tempo soffocante sopra l’Europa) e Maljčiki (Ragazzi, in russo), una parodia in salsa Ska sulla propaganda socialista dell’Unione Sovietica che diventerà incredibilmente celebre, nonostante il videoclip censurato dalla tv nazionale. Krokodili Dolaze (I coccodrilli stanno arrivando) degli Električni Orgazam è un capolavoro di Coldwave meccanica e atmosferica, mentre il Reggae di Ona se Budi dei Šarlo Akrobata presenta untesto rivoluzionario per gli Anni 80 socialisti, parlando dell’alienazione giovanile dell’epoca. Con l’iconica copertina che incornicia una Belgrado invasa da una coltre di smog in una grafica razionalista, Razni izvođači“Paket aranžman” (tradotto Artisti Vari“Pacchetto tutto incluso”) viene pubblicato nel febbraio del 1981, dopo alcuni mesi di ritardo dovuti alla mancanza di materiale vinilico, con le band, sempre più mature e convinte, non entusiaste della produzione finale e dei limiti tecnici dello studio. 

Ma nulla impedì alla raccolta di mutare presto da semplice fotografia della nuova scena di Belgrado a manifesto assoluto, traino iniziale per essere considerato ancora oggi il più influente e importante album nella storia della nazione. Particolare che si tratti di una collezione di Post-Punk dissonante e non certo di una proposta Pop Rock, che pure abbondava nell’ex-YU: come se Rip Rig & Panic e Pop Group in UK o Contortions e X negli USA fossero improvvisamente diventati i gruppi più seguiti e influenti nei rispettivi paesi.  Se il successo commerciale può sembrare numericamente limitato a causa delle prime due limitate tirature, l’impatto mediatico dei videoclip andati in onda nell’intera Jugoslavia fu enorme, aiutando la compilation a conquistare una fama ancor oggi del tutto intatta.

Sull’onda della notorietà le tre band incideranno i relativi esordi su album: l’evoluzione di personalità e sound ottenuta in pochi mesi è fulminante, e anch’essi si riveleranno lavori seminali nonché vertici assoluti del Post-Punk tutto.

I primi ad debuttare su album saranno gli Električni Orgazam, checon l’LP omonimosvilupparonouna forma di Art Wave nevrotica e marziale, sublimata nei capolavori Infekcija, Coldwave oppressa dall’andamento di basso fusioneggiante e mirabolanti organetti doorsiani, e Fleke, una delle rielaborazioni Reggae più incredibili dell’epoca. Per quanto probabilmente sia un lavoro meno particolareggiato e distintivo rispetto agli album di cui parleremo a breve, rimane un’opera di assoluto valore.

Nel 1981 è il turno di “Bistriji ili tuplji čovek biva kad…” (Un uomo diventa più brillante o più scemo quando…) dei Šarlo Akrobata, primo e unico album della band. Influenze? Captain Beefheart, sì, probabilmente i Can e i King Crimson di “Red” che vanno a braccetto coi Gang Of Four, ma questo fenomenale Post-Punk sghembo e sperimentale, in gran parte anticipatore di ciò che saranno Post-Hardcore e Noise Rock negli USA, è un album unico, da inserirsi tra i tesori (più o meno) nascosti degli 80’s. Una chitarra tagliente e sfavillante serpeggia dentro strutture complesse con una sezione ritmica abrasiva e straordinariamente compatta che travolge con una slavina di elettricità, una potenza inaudita il cui apice è rappresentato da Ljubavna priča (Love Story): sette minuti di Math Rock ante litteram dai richiami crimsoniani sfociante in una jam session free-form, sullo sfondo della storia dell’uomo qualunque della Jugoslavia innamorato della sua Zastava 101.Si tratta di un album storico e simbolo dell’epoca, nonostante i numeri di vendita limitati. Poi, dalle ceneri dei Šarlo Akrobata, il leader Milan Mladenovic fondera gli Ekatarina Velika, divenendo il personaggio più importante nella storia del rock jugoslavo, mentre il bassista Dušan Kojić Koja formerà un’altra formazione simbolo, i Disciplina kičme.

Dopo “Paket aranžman”, gli Idoli divennero probabilmente il gruppo più in vista del paese, grazie anche ai singolima soprattutto all’EP “VIS Idoli” del 1981, mala gestazione dell’LP d’esordio “Одбрана и последњи дани” (Odbrana i poslednji dani ; L’Apologia e l’ultimo giorno) si rivelò particolarmente complessa. Vide infatti la luce nel marzo 1982 dopo quasi quattrocento ore di indecisioni varie e complicati lavori in studio e sei mesi passati sotto la luce dei riflettori, dove la stampa viveva di aggiornamenti sulla lavorazione e rumours vari: tiene ancor oggi banco la poco chiara questione sulla copertina, che sarebbe dovuta essere una rappresentazione dell’affresco “L’angelo bianco” del monastero di Mileševa, idea non approvata dalla Jugoton considerando la questione religiosa in Jugoslavia (supposizione per la verità più volte smentita, considerando che la religione è un elemento cardine dei testi). Come se non bastasse, anche la cover effettiva, un dettaglio d’abito di una raffigurazione di San Nicola fotografata al museo nazionale di Belgrado, scaturì polemiche, accusata di ricordare una svastica: anche in questo caso, illazione seccamente respinta. Fermi tutti! Non è finita, perché l’idea di rendere Tito il protagonista della seconda track, clamorosamente non venne accolta con entusiasmo e dovettero cambiare il titolo da Maršal a Poslednji dani (L’ultimo giorno) rimuovendo l’ultimo verso del testo, dove il maresciallo veniva citato esplicitamente, senza comunque cambiarne il senso: l’uomo jugoslavo e il suo Dio.

Lavoro dichiaratamente non commerciale, è un concept album basato sull’omonimo libro di Borislav Pekić nel quale i risvolti psicologici dell’alienazione e le turbe dell’anima del personaggio ai tempi della Seconda Guerra Mondiale vengono trasfigurate dagli Idoli sullo sfondo dell’ortodossia urbana belgradese contemporanea, in quello che è – a parere di chi scrive – tra gli album più originali e ambiziosi di sempre: cupo, imperioso eppure a suo modo catchy, è realmente la realizzazione di un linguaggio unico e, se l’accoglienza fu inizialmente abbastanza fredda anche per gli effetti collaterali dei motivi sopracitati, è ormai da decenni considerato da critica e pubblico il più grande album del rock Made in YU.

Negli anni in cui infiamma il revival Post-Punk di Idles, Protomartyr e via discorrendo – per il quale chi scrive è il primo ad essere entusiasta – è un peccato che alcuni dei capolavori del genere siano ancora così poco conosciuti, che sia a causa di barriere linguistiche e culturali (realmente così invalicabili?) o per una visione dei classici ormai consolidata e considerata quasi sacra, però giunta a noi tramite una critica musicale d’altri tempi, per forza di cose limitata rispetto all’era di internet. Un’epoca, questa, grazie alla quale stiamo scoprendo che incredibile movimento sia stata la New Wave europea. 

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