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Ottone Pesante – Doomood

2020 - Aural Music
jazz-metal / doom

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Tracklist

1. Into The Chasm
2. Distress
3. Tentacles
4. Coiling Of The Tubas
5. Serpentine Serpentone
6. Ocean On A Eco
7. Grave
8. Strombacea
9. Endless Spiral Helix
10. End Will Come When Will Ring The Black Bells


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La prima cosa che salta all’orecchio del nuovo lavoro degli Ottone Pesante è che la band sembra riprendere esattamente da dove ci eravamo lasciati, circa 3 anni fa, con l’ultimo brano dell’ottimo “Apocalips” che si chiamava proprio Doom Mood, pezzo di per sé anomalo per gli standard della band, sia per costruzione che per durata.

Al di là di ogni ragionamento analitico e razionale sembrerebbe che la band abbia in qualche modo virato il proprio sound (che di impronta resta simbolicamente lo stesso) su coordinate che fuoriescono dai sentieri, già parecchio tortuosi, ai quali eravamo stati abituati con gli album precedenti.

I trademarks del caso ci sono sempre tutti. Una bella struttura potente composta di soli fiati – pesanti – sostenuti da uno scheletro ritmico killer e millimetrico. Se l’intro ed il primo brano Distress fungono da overture/preparazione al viaggio senza puntare alla sorpresa (la loro originalità e la loro estetica musicale si giustificano da sole) allo stesso tempo ci introducono alla prima, vera sorpresa di questo labirinto di collose pareti doom. Il timbro dolce e potente di Sara dei Messa che irrompe in medias res è il primo momento in cui si tira fuori la testa dall’acqua, ed è qui che l’umore si fa più lisergico e contemplativo, rendendo Tentacles, la prima gemma del disco.

Questo disco dichiara più che comunicare , meglio di mille conferenze stampa, la direzione che vuole intraprendere. Il sound, che si fa più oscuro e meno istericamente math, si insinua sotto la pelle, sotto le ossa e trascina in paludi di liquido viscoso, nero, ipnotico. La musica rallenta, si fa più intensa, più introspettiva; i dettagli diventano i protagonisti, mentre la struttura svanisce.

Gli Ottone Pesante hanno saputo inventare e reinventare se stessi attraverso un processo di sottrazione e cesellatura del proprio sound in modo estremamente lucido e chirurgico. Riescono ancora a sorprendere perché, se nei dischi precedenti la forma/formula lasciava a bocca aperta in primis per il pensiero straordinario che un’altra musica (soprattutto in Italia) è possibile, a questo giro sorprende l’ulteriore evoluzione, la prontezza nel saper captare e trasformare se stessi, sfornando non solo il miglior album della propria carriera finora, ma costruendo una nuova pelle per una band le cui trasformazioni sono lontane dall’essere definitive.

É la coerenza interna che dona forza alchemica a questa nuova uscita, il gruppo non è mai stato così coeso e centrato, si sente il senso del gusto per la ricerca, si sente la volontà di disegnare per la propria band un nuovo orizzonte, che apra porte invece che tracciare i confini di un corridoio.

Ma cosa rimane di questo disco? Rimane una grande atmosfera, rimangono le immagini , rimane la cura del suono e l’idea che qui e ora gli Ottone Pesante stiano facendo qualcosa di grosso, sia musicalmente che intellettualmente. Ma soprattutto rimane la voglia, una volta terminato l’ascolto, di rimetterlo su. E questa, a conti fatti, è sempre la cosa più importante di tutte.

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