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“One-Armed Bandit”, quando il futuro è già un classico

Il 5 marzo 2011 si tenne ad Oslo la trentanovesima edizione dello Spellemanprisen, il Grammy norvegese, nonché più alta onorificenza musicale nazionale.

In quella occasione il collettivo Jaga Jazzist vinse nella “Åpen Klasse” ovvero una specifica categoria in cui finiscono artisti di difficile collocazione in cui si può trovare di tutto, dalle derive più sperimentali dell’elettronica (come Deathprod) al jazz meno ortodosso (qualsiasi artista delle etichette Hubro o Rune Grammofon).

In quell’anno ai Jaga Jazzist venne finalmente reso il giusto merito ad una carriera fatta di coraggio, ricerca costante e intuizioni fuori dal comune, e poco importa se a prendersi gli applausi della platea fosse paradossalmente il disco che, più di altri, tentò di distaccarsi dal loro suono classico.

Tra i più importanti esponenti della gigantesca scena nu-jazz scandinava, il collettivo dei fratelli Lars, Line e Martin Horntveth (in cui militò anche Jorgen Munkeby degli Shining) grazie ad un’attitudine libera da ogni preconcetto e un talento musicale fuori dal comune hanno saputo far collidere come pochi jazz, elettronica, post rock, hip hop, e progressive rock in un caleidoscopio musicale spesso squisitamente zappiano.

Successore del meraviglioso ed emozionante “What We Must (fortemente influenzato dal post-rock), One-Armed Bandit” abbandona quasi totalmente le influenze drum and bass per esplorare territori più progressivi e rock, il tutto condito dal supporto di synth che questa volta svolgono un ruolo più organico e meno ritmico.

Il tutto rende questo disco non di facile ascolto, tanti infatti sono i cambi di tempo repentini e i momenti quasi free in cui le ritmiche di batteria si incastrano a melodie di archi e fiati, il tutto sorretto da un tappeto quasi subliminale di synth magistralmente organizzato da John McEntire (Tortoise) presente anche dietro al mixer. Prognissekongen ne è l’esempio più fulgido.

La title track e Book Of Glass risplendono della capacità dei Jaga Jazzist di creare temi musicali memorabili senza mai perdere di vista la complessità, l’eleganza e il groove. Prezioso in questo caso è il supporto di Stian Westerhus che dona ai brani layer sonori inediti come le chitarre in glitch di Music!Dance!Drama!, momento particolarmente cupo dalle ritmiche quasi hip hop che sfocia in un finale zappiano.

Con un lavoro più “estremo” e difficile, i Jaga Jazzist tentarono l’avvicinamento ai giganti della musica progressiva lasciandosi dietro alcune caratteristiche del loro sound originario ma mantenendo intatta quella bravura compositiva e sperimentale che li ha sempre contraddistinti e che rende “One-Armed Bandit“, a suo modo, un classico.

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