Impatto Sonoro
Menu

Back In Time

“Delìrivm Còrdia”, sezionare il buio con un bisturi futurista

Amazon button

“Il buio è complice delle entità immonde”

Il buio

Sì, ho appena citato uno dei famigerati Trailer di Maccio Capatonda per introdurre un articolo dedicato ai Fantômas. Embé? L’ho fatto di nuovo. Perché? Ci arriveremo.

Correva l’anno 2004, da poco, e ancora ero pieno zeppo del Technicolor d’orrore di “The Director’s Cut”, disco con cui li scoprii tre anni prima, e aspettavo trepidante l’arrivo di un nuovo capitolo di quella che, allora, era la mia creatura preferita di Patton, anche se, nel mentre, mi ero già votato anima e corpo ai Tomahawk e al loro capolavoro “Mit Gas“. Quale sarebbe stato il passo successivo? A saperlo.

Appena acquistato, “Delìrivm Còrdia” lasciava presagire, già solo dal packaging, qualcosa di terrificante, persino di più di quanto sciorinato finora da Mike, Buzz, Trevor e Dave, una “entità mala” (ma allora è un vizio!). Sfilata la sovracopertina buia e nera come la notte e visionato il chirurgo con le mani guantate sul petto, il dubbio: “Non è che ci han messo dentro un album dei Carcass?” Oh, beh, nel caso, ben venga. Ma no, no, che dico. Messo su il disco le perplessità vengono fugate, ma il libretto pare orbitare proprio dalle parti del grindcore più luridazzo, e anche questa non è una gran sorpresa, dati i precedenti e l’ormai consolidata collaborazione con Mastro Zorn, avido fruitore death, grind e gore. Ma quella che prima era solo musica, ora sono anche immagini, foto inadatte ai deboli di stomaco, tratte dal libro “The Sacred Heart” di Max Aguilera-Hellweg.

Ero stupito? Forse un po’. La musica? Beh, ero sollazzato, perché era da “Disco Volante” che Mike, con una sua creatura, non tornava a questa quantità di oscurità ben poco latente, tutta esposta diremmo alla luce del sole, e invece no, sotto le lampade fredde poste sopra il tavolo operatorio. Rumorismo, futurismo (riecco il “Pranzo oltranzista” che torna su di getto), doom, oh, quanto doom, tra chitarre ed elettronica sforzata, ritmi tribali, film porno tagliati e ricuciti, ambient, sospensioni garage UK, canti gregoriani, presenze in fondo a corridoi poco illuminati, terrore che risale lungo la spina dorsale e incide la carne. Pesante, il monstre è forse oltre le possibilità, pigiato in una sola, lunghissima traccia, elemento di puro e inossidabile fastidio, quindi .

Patton era in stato di grazia, nessuno poteva fare a meno della sua presenza nei negozi di dischi, dove ti giravi, lui c’era, e il livello era sempre molto, molto alto. I Faith No More erano alle spalle (e meno male, visto quel che ci è toccato ascoltare anni dopo su “Sol Invictus”), ma anche i Bungle, superati dalla voracità dell’uomo di Eureka, dal suo bisogno di guardare sempre e solo avanti. Niente facilonerie rock, o pop, o altro, solo una mente contorta, ispirata dall’inner circle zorniano, da Berio tanto quanto dagli Slayer, inzuppato di mostruosità innominabili, pulsazioni che si attenuano e ricominciano a pompare sangue nero come la pece, capace di distruggere e ricomporre la musica, nella sua interezza storica come cazzo gli pareva. Se lo volevi più scanzonato lui ci andava giù duro, se lo volevi duro, eccolo cantare. Il bastian contrario per eccellenza.

Nel tempo tutto ciò si è allentato, ma in quel preciso istante il buio, sì, lo possiamo davvero dire, era pregno delle entità evocate da Maccio. Solo che qui da ridere non c’era proprio nulla.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Articoli correlati