Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Ani DiFranco – Revolutionary love

2021 - Righteous Babe Records
songwriting

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Revolutionary Love
2. Bad Dream
3. Chloroform
4. Contagious
5. Do Or Die
6. Station Identification
7. Shrinking Violet
8. Metropolis
9. Simultaneously
10. Confluence
11. Crocus


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Se penso alla discografia di Ani DiFranco mi vengono in mente un museo o una galleria d’arte: dentro sono conservate piccole opere, frutto dell’impegno e della partecipazione alla vita politica e sociale dei suoi Stati Uniti. Ad ogni esperienza corrisponde una canzone, una manciata di cose da dire rappresentano un album, e così via da ormai trentun anni. Tutto fatto in casa, è bene ricordarlo, perché a soli 20 anni, con 50 dollari in tasca e il movimento Riot Grrrl nella testa, nel 1990 Ani fondò la sua etichetta discografica perché non voleva avere nulla a che fare con le majors e i loro affari.

Da allora di tempo ne è passato, nel 2020 la songwriter di Buffalo ha spento 50 candeline, quale motivo migliore per rimettersi al lavoro – dopo l’ottimo “Binary” (2017) – e dar vita alle nuove ispirazioni? Ispirazioni che, in pieno DiFranco style, arrivano dal mondo degli ultimi: lei, che in passato ha sostenuto la causa razziale, la tutela dell’ambiente, le associazioni che promuovono la parità di genere e quelle che lottano per migliorare le condizioni di vita nelle carceri, non poteva che parlare d’amore e di pace, due elementi da cercare dentro noi stessi e da coltivare al fine di farne il centro dei nostri rapporti sociali.

L’amore, secondo Ani, è la vera rivoluzione da portare avanti: e così, ispirata dal libro “See No Stranger: A Memoir And Manifesto Of Revolutionary Love” – scritto dall’avvocata e attivista per i diritti umani Valarie Kaur – direttamente da casa DiFranco esce “Revolutionary Love”. Un disco lungo 11 tracce, tutte abbondantemente sopra i 4 minuti, frutto di altrettante riflessioni e di una completa esplorazione del suo ambiente circostante. Non è un caso che, in molti brani, prima di prendere la parola Ani introduca il pezzo con corpose parti strumentali.

Il tratto distintivo della sua musica, già ai tempi della militanza in un movimento socio-musicale vicino al grunge, è sempre stata l’unione tra una forma espressiva tenue e una sostanza compositiva autoritaria, spesso e volentieri intransigente. In “Revolutionary Love” il leitmotiv non cambia, tuttavia la scelta della struttura musicale è a sua volta rivoluzionaria. Ad accompagnare la voce e la chitarra di Ani, infatti, ecco le percussioni di Brevan Hampden, il corno e il flauto di Matt Douglas, l’organo di Phil Cook e la batteria di Yan Westerlund. Il basso è suonato da Todd Sickafoose, che posate le quattro corde dirige e arrangia un quartetto d’archi composto da due violini, una viola e un violoncello.

Il flusso musicale è lento e dolce, scorre costante e senza scossoni. La title track, con i suoi godibilissimi sette minuti, apre un discorso chiaro fin dalle prime battute. Da lì in poi è tutto un profluvio di sinuosi movimenti all’interno dell’universo difranchiano. Si va dallo smooth di Contagious e Crocus a un groove buono per un crooner (Bad Dream), da una bossa nova che sfoggia percussioni, organo e chitarra (Do Or Die) all’easy listening di Simultaneously, dall’impostazione classica ma non stucchevole.

Il disco non manca di pezzi dall’arrangiamento particolare, caratterizzati da eclettiche sessioni ritmiche: è il caso di Chloroform, Station Identification e Confluence, quest’ultima interamente strumentale. In Shrinking Violet e Metropolis siamo invece in pieno territorio slo-core, con pochi ma determinanti tocchi di chitarra, piano e batteria: due brani che messi insieme fanno più di 12 minuti di musica.

L’unica considerazione che si può trarre dall’ascolto di “Revolutionary Love” è che passano gli anni, cambiano le stagioni, ma Ani DiFranco non arretra di un millimetro. È in splendida forma, la sua voce – calda ed empatica – si veste ancora una volta di autorità e traccia un solco tra chi ha storie vere da raccontare e chi bada (quasi) esclusivamente alle rotazioni radiofoniche. 

Il disco è, per l’ennesima volta nella carriera della folk-singer newyorkese, un lavoro pieno, completo, che profuma del vissuto quotidiano dell’autrice dalla prima all’ultima nota. Nondimeno, è da apprezzare il coraggio di Ani nel cambiare completamente registro musicale rispetto ai recenti lavori, creando in questo modo un pezzo unico nella sua recente discografia.  

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni