Impatto Sonoro
Menu

Back In Time

“Troublegum” o l’abilità di trovarsi nel posto giusto, al momento giusto

Amazon

Inutile nasconderlo, “Troublegum” rappresenta una delle più riuscite sintesi del metal alternativo/indie degli anni ’90. Lungo lo srotolarsi delle quattordici tracce che lo compongono, concentra i suoni tipici di un’epoca di ferro e nebbia, accompagnati da testi neri, umoristici e trasgressivi: è musica destinata ai figli di una società industriale acida e compromessa, agli adolescenti costretti a muoversi strisciando le spalle lungo corridoi di oscure fabbriche di pneumatici. È la musica di chi si sente costretto in gabbie metaforiche e reali, la colonna sonora di chi cerca la salvezza nel mezzo di un levigato oceano cupo. Con “Troublegum”, i Therapy? hanno creato una miscela esplosiva plastica capace di spingere in orbita anche il monster truck più grande mai concepito, in grado di far superar loro la barriera che divide la musica di nicchia da quella planetaria.

Provenienti dall’Irlanda del Nord, i Therapy? nascono nel 1989, fondati dal chitarrista/cantante Andy Cairns e dal batterista Fyfe Ewing. Nel giro di quattro anni passano dai concerti nei locali dell’underground a “Troublegum”, disco di successo mondiale e pluripremiato, con il quale Cairns, Ewing e McKeegan creano un mélange musicale screziato di metal rock, noise e melodie pop, arricchito da uno spiccato senso dell’umorismo (nero). Non solo basso, chitarra e batteria, ma feedback a iosa – usato come vero e proprio strumento aggiuntivo – e una sequela di maestri/colleghi ispiratori ai quali rubare istantanee e momenti: The Jesus Lizard, Big Black, Loop, Ride, Teenage Fanclub, Inspiral Carpets, Tad, Fugazi, Pixies, Babes In Toyland e Hole. Cioè il meglio del meglio di quegli anni.

Se la porta del successo per i tre dell’Ulster comincia ad aprirsi con “Nurse” album del 1992, al cui interno già si trovano canzoni dalle strutture poco convenzionali, accompagnate da testi originali e ricchi di calembour, è con “Troublegum” che il portale per i Therapy? si apre definitivamente, mandandoli in orbita, oltre che in tutta una serie di festival rock e indie, quali Reading e Donington. Tutto intorno, la rivoluzione grunge è alla massima potenza e il successo che arride ai tre potrebbe essere del tutto incidentale, legato alle similitudini al genere più in voga in quel momento; ma come sempre e dopo tutto, quello che contano sono i numeri e “Troublegum” avrebbe venduto oltre un milione di dischi, nonostante le preoccupazioni di Chris Sheldon, il produttore, permettendo a Cairns & co. di suonare davanti a folle feroci e urlanti, negli Stati Uniti e in Europa. A distanza di più di cinque lustri, possiamo tranquillamente affermare che esso è ancora una lucida e funzionale raccolta di riff metallici, melodie punk e introspezione.

“Troublegum”, irriverente gioco enigmistico che da travelgum, gomma da masticare a base di dimenidrinato efficace contro la nausea, arriva a troublegum, come se il disco potesse essere un rimedio contro i malesseri della vita, razionalizza, omogenizza e rende fruibili alla massa degli ascoltatori (non a tutti, ma comunque a molti) suoni ed esperienze di band altre, seminali (Big Black, Fugazi, The Jesus Lizard, Slint), che altrimenti rimarrebbero nell’oblio.

Il sistema compositivo dei Therapy? procede per estrapolazione e reinterpretazione, modifica e quindi normalizzazione: parte da suoni astratti, complessi, per ricondurli al concreto. Al semplice o addirittura commerciale, se volete. Knives, per esempio, nasce dall’ascolto ripetuto di Jailhouse Rock di Elvis Presley e dal sound dei Big Black; quindi viene materializzato a un’essenza mediana più spinta dell’uno, ma meno spaventevole nella forma, dell’altro. Il compito di fare paura viene affidato ai testi con l’inserimento di citazioni e riferimenti e alla loro interpretazione. In Screamager è evidente l’ossessione per Bob Mould e gli Hüsker Dü, ma anche l’amore e l’ammirazione per l’intransigenza e il volume degli Helmet di Page Hamilton (che difatti viene invitato a partecipare ad Unbeliever). Hellbelly Lunacy Booth, nascono grazie all’ispirazione di “Trompe le Monde” dei Pixies e dal tentativo di creare materiale che al proprio interno contenesse qualcosa di Metallica e di Black Flag, mentre i testi sono fortemente ispirati allo stile gotico della scrittrice Flannery O’Connor (ne sono esempio i versi “Jesus without the suffering” e “Dead crow on a fence is you style”).

Con Stop It You’re Killing Me il feedback è protagonista, mentre Nowhere è un classico punk pop dalle progressioni di accordi decisamente scontate, ma efficaci. Die Laughing ha un’ottima melodia, un fantastico riff e un groove tipico alla Fugazi e al loro modo oscillante di rendere il suono delle chitarre. E poi Turn che si ispira ai R.E.M. della prima ora e Trigger Inside che cita il serial killer Jeffrey Dahmer. E la cover di Isolation dei Joy Division (ben riuscita) e Femtex, felice neologismo tra semtex e femination e così via. Il disco offre all’ascoltatore un campionario vario, ancorché omogeneo, di soluzioni commerciali che contribuiscono alla lotta contro il logorio della vita moderna. Esorcizzare le paure, da oggi sarà un gioco da ragazzi.

“Troublegum” è stato uno dei lampi più luminosi degli anni novanta, una nitida fotografia  dello stato dell’arte della musica alternativa rock indipendente negli anni del grunge. Luminoso e fatuo, ancora oggi ci lascia abbacinati, con la voglia di riascoltarlo per capire in quale equivoco fossimo capitati: eravamo realmente cattivi o stavamo solo giocando?

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Articoli correlati