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Aborym – Hostile

2021 - Dead Seed Productions
industrial rock

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Tracklist

1. Disruption
2. Proper Use Of Myself
3. Horizon Ignited
4. Stigmatized (Robotripping)
5. The End Of A World
6. Wake Up Rehab
7. Lava Bed Sahara
8. Radiophobia
9. Sleep
10. Nearly Incomplete
11. The Pursuit Of Happiness
12. Harsh And Educational
13. Solve et coagula
14. Magical Smoke Screen


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Di rado capita che band per le quali non ho mai provato un gran trasporto, ad un certo punto, se ne escano con un album che attira la mia attenzione al punto da farmelo ascoltare di continuo. Gli Aborym, nella mia personale esperienza, sono una di quei rari gruppi.

Non posso dire che non mi siano piaciuti “Psychogrotesque” e “Dirty”, anche se non al punto di ritornarci su di continuo, e questo, ai miei occhi, pardon, alle mie orecchie, rende “Hostile” ancor più interessante. Fabrizio Giannese parla, a ragion veduta, di sperimentazione, di sfidare se stessi ed essere differenti, e cosa c’è di più sperimentale di cambiare pelle, sfidare il proprio passato (in un certo senso), anche in direzioni che prima d’ora, almeno su disco, non si erano affrontate, a costo di scontentare la fanbase? È una sfida, su più livelli, anche rischiosa.

Di punti di forza, da queste parti, ce ne sono quanti ne volete, uno su tutti le mutazioni del rock in tutte le sue declinazioni, senza timore di risultare “pop”, che per tanti è una parolaccia, ma che ritengo essere il tassello necessario, l’amalgama per rendere completo un lavoro camaleontico, e qui arriviamo al cuore della cosa: “Hostile” porta in dote una miriade di influenze che confluiscono in un solo punto, ossia Aborym stesso, come voce di fondo e collante tra queste isole che viaggiano solitarie su un unico pianeta, coperto da una coltre d’oscurità che avvampa ad ogni tuono.

Le incursioni grunge che salgono a galla sono uno dei tanti scrigni nascosti nella stanza, e una volta aperti emergono dalle torbide acque industriali di Nearly Incomplete e dalla seconda metà di Sleep, puro aliceinchainianismo di richiamo che si abbatte sulle strazianti Horizon Ignited e Wake Up, Rehab, acre e arcigno, pieno e completo, sfilacciato nell’ordalia noise che avvolge The Pursuit Of Happiness, con le chitarre virate black e i synth strazianti di Enrico “Petrolio” Cerrato. Volgendo altrove lo sguardo traspaiono atomizzazioni sassofonistiche (ad opera di Pierluigi Ferro, direttamente da quella camera oscura che è Macelleria Mobile di Mezzanotte) che lambiscono il rock pompato di Solve et coagula, un numero da dancehall infernale, a là Shining già tramutati. Spinte all’idrogeno industrial rock si sprecano nei momenti più adrenalinici, protagonista la batteria a propulsione atomica di Gianluca Catalani: Proper Use Of Myself, trita metallo e sintesi, schiocca ferocia, invece, Stigmatized (Robotripping), la voce un serpente laminato d’acciaio che striscia e poi colpisce, mentre lo scenario spaventoso di Chernobyl si staglia fuori dalla finestra di un palazzo ormai fatiscente mentre Radiophobia risuona raggelante dalle casse di una radio abbandonata dagli abitanti in fuga.

Sulle ballad ho ancora qualche riserbo, anzi, forse solo sulla delicatezza apocalittica di The End Of A World, che cresce ma non prende allo stomaco, è sentita, e il power pop che ne sbuca è un elemento di sorpresa, mentre la chiusura affidata alla strascicata Magical Smoke Screen è ulteriore spira di luce. Ci sarà tempo per approfondire, o magari per andare in direzioni ancora diverse. Andrebbe bene in ogni caso, se il nuovo inizio degli Aborym è questo.

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