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Tindersticks – Distractions

2021 - City Slang
indie / pop

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Tracklist

1. Man alone (can't stop the fadin')
2. I imagine you
3. A man needs a maid (Neil Young cover)
4. Lady with the braid (Dory Previn cover)
5. You'll have to scream louder (Television Personalities cover) 
6. Tue-moi
7. The bough bends


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Stuart Staples, nell’annunciare il tredicesimo album della band di Nottingham, ha messo subito le mani avanti: “l’isolamento (del lockdown) è parte del disco, ma il disco non è frutto dell’isolamento”. Cioè: “non è che abbiamo fatto il disco perché ci annoiavamo e dovevamo riempire il buco derivante dall’assenza di concerti (“come e’ capitato ad altri”, aggiungerei io con un pizzico di cattiveria), bensì eravamo belli ispirati anche grazie al lockdown e alla pandemia”.

Effettivamente, la sostanza e la qualità ci sono tutte. Forse però non c’era troppa ispirazione compositiva dato che 3 tracce su 7 sono cover. E 2 delle altre 4, da sole, occupano quasi 21 minuti di musica, in modo atipico per i Tindersticks. Ma non c’è un momento di noia. Si comincia proprio con gli 11 ipnotici e claustrofobici minuti di Man Alone (Can’t Stop the Fadin’). Drum Machine e basso in bella evidenza, ripetitivi e alienanti, come le voci intrecciate e affannate.

“Viaggiare in un taxi londinese di notte provoca un senso particolare di solitudine” – dice Staples, postando il relativo video, filmato dal sedile posteriore di un taxi notturno. Prima di vedere il video, avevo immaginato un viaggio mentale, sempre solitario e notturno, nel chiuso del proprio appartamento durante la pandemia e l’effetto finale resta lo stesso: l’isolamento non ci fa bene. Non suonano come i classici Tindersticks, comunque, quasi Drum ‘n Bass. Più digitali e meno analogici del solito e cosi’ rimarranno per la gran parte del disco. I Imagine You conferma l’impressione: qui torniamo alle atmosfere classiche del gruppo (un po’ dark, un po’ sognanti) ma, oltre alla voce, il pezzo si regge unicamente su suoni elettronici.

E arriviamo alle cover. Le prime due pescano nel cantautorato nordamericano degli anni ‘70. A Man Needs a Maid, dal celeberrimo “Harvest” di Neil Young, riceve un trattamento sontuoso da XXI secolo. Sempre una drum machine in loop e un gran bel giro di basso, elevati dalle armonie vocali nel ritornello e nel bridge. Della canzone di 50 anni fa rimane solo la bellezza della melodia che i Tindersticks fanno risuonare contemporanea. Discorso simile si potrebbe fare per Lady with the Braid di Dory Previn. Qui però compaiono, in punta di piedi, un pianoforte e degli archi. Bellissima la versione di Staples e compagni, in levare e impreziosita da un finale in cui gli archi e il contrabbasso di Dan Mc Kinna prendono infine il sopravvento.

You’ll Have to Scream Louder e’ la magnifica cover di un pezzo del 1984 dei Television Personalities. Il lockdown e la rabbia che ne deriva hanno fatto tornare alla mente di Staples una canzone di protesta punk della sua giovinezza che, di per se’, non era passata alla storia. ”Dovrai urlare più forte / perché nessuno sta ascoltando / Non ho nessun rispetto / per questi che stanno al potere / che prendono decisioni / dalle loro torri d’avorio / e sento l’odio / crescermi dentro”. Con i Tindersticks, l’inno punk diventa una traccia estremamente catchy e ballabile, ma l’operazione ora è rétro. Attacco con percussioni elettroniche che fanno partire chitarra, basso e batteria alla Chic, per un effetto “anni ‘70”; da ballare in compagnia, se non ci fosse il lockdown. Ci accontentiamo allora di immaginarci ai tempi gloriosi dello Studio 54, tra puzza di sigarette, minigonne e orribili camicie multicolorate.

Tutto rallenta con le due tracce finali che ci fanno reimmergere nella solitudine e nell’introspezione di questi tempi. Tue-Moi e’ una ballata voce e pianoforte, più tradizionale per i Tindersticks, allo stile di Leonard Cohen: cantata persino in francese. Si chiude con i 9 minuti di The Bough Bends. Inizio bucolico con uccellini, flauto e un respiro affannoso che lascia poi spazio a un parlato. Ti immagini in un parco, durante l’ora d’aria e sport del lockdown. Poi lentamente, si sviluppa un tema delicato, con la caratteristica voce di Staples in risalto: a un certo punto arriva la pioggia, la stessa di Man Alone, ma lo spazio in cui ci troviamo qui suona aperto e non più claustrofobico e sono di nuovo gli uccellini a chiudere. Una chiusura serena e ottimistica, forse.

In sintesi, un disco con poche idee nuove. Ma, in ogni modo, un disco fortemente ispirato, sentito e, come sempre per Staples e soci, finemente prodotto e arrangiato. Uno dei più belli degli ultimi anni per la band. A tratti mi ricorda gli ultimi Destroyer (“Have We Met”, 2020): più Indie Elettronico che Chamber Pop, per quel che valgono le etichette, ossia solo per far capire a chi non lo ha ancora ascoltato. Fatevi la vostra idea, ne vale la pena.

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