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Interviste

Il fuoco non si è spento: la terza giovinezza dei Bull Brigade

Siamo dei punk rocker che provano a fare i musicisti, non il contrario. Ecco, se dovessi scegliere due sostantivi per descrivere il risultato della mia intervista a Eugenio, frontman dei Bull Brigade, sono senz’altro “franchezza” e “dedizione”.

Il 2021 ha un gusto particolare per la band torinese, un sapore di rivalsa nei confronti di quello che è stato lo scorso anno ma soprattutto una virata importante verso nuovi lidi ancora inesplorati dal gruppo nella sua carriera. È tempo di festeggiamenti, per i primi quindici anni di attività, ma soprattutto l’occasione per rilasciare un nuovo lavoro di studio, intitolato “Il fuoco non si è spento”.

Lo scorso anno abbiamo vissuto un contraccolpo pesante relativamente al percorso che stavamo portando avanti con la band; tuttavia, il poter lavorare comunque a distanza ha contribuito in maniera determinante su tutto ciò che troverete nel nostro nuovo album. Dobbiamo ringraziare la pandemia se siamo riusciti a specializzarci un po’ e a poter costruire il disco anche senza vederci: abbiamo tratto il meglio che potevamo da una situazione di crisi e incertezza.

Una creatura che si evolve ma non invecchia: la terza giovinezza dei Bull Brigade arriva ora, con quello che sarà un cambio di marcia importante, una prova discografica matura, curata in ogni particolare e capace di parlare di vita vera e di avvenimenti personali. Il punto di partenza di questa avventura, neanche a dirlo, sarà come sempre Torino. Siamo nati nel 2006, anno delle Olimpiadi: ero da poco uscito dai Banda del Rione e facevo parte degli Youngang, ma avevo voglia di concentrarmi su un unico progetto. In città si respirava un’aria di cambiamento importante, soprattutto dal punto di vista politico: una rivoluzione fallita, perché da un lato si puntò forte sul turismo, andando però a smantellare totalmente il settore automobilistico e l’indotto della FIAT.

Nel 2008 vede la luce “Strade Smarrite”, la fatica discografica più rappresentativa dei Bull Brigade, con brani come Costruito a Torino, A Way Of Life e Dopo La Pioggia a dominare quello che, a distanza di tredici anni, rimane uno dei migliori album Oi! / hardcore-punk usciti sul territorio nazionale. Il timore reverenziale nei confronti di questo album era tantissimo, ma con l’uscita di “Vita Libertà” nel 2016 abbiamo capito davvero il potenziale che potevano avere i Bull dopo così tanto tempo. Va da sé che ancora oggi la gente ci chieda di suonare i pezzi di “Strade Smarrite”: dieci brani con i quali ci siamo tolti tantissime soddisfazioni in Italia e all’estero e che sembrano non passare mai di moda.

Dalla chiacchierata con Eugenio non può che emergere anche un certo senso di delusione mista a rassegnazione nel momento in cui analizziamo l’evoluzione del d.i.y. e della cultura punk in generale. Da un lato, la questione è prettamente anagrafica, poiché a quarant’anni è difficile pensare di fare aggregazione come un tempo; dall’altro, l’avvento – e il successivo dominio – del digitale ha dato un colpo di grazia importante al concetto di “fai da te”. Quando avevi una demo, te la ascoltavi tutto il giorno finché non andavi a un altro live, scambiavi i dischi con gli amici e il concerto era un momento in cui scoprivi musica nuova senza averla mai ascoltata prima. Il do it yourself era una cosa seria, si organizzavano live e si gestivano sale prova, si stampavano zine e si auto producevano dischi, c’era un senso molto più ampio di cooperazione tra le persone.

Il presente dei Bull Brigade sembra essere luminoso, ma saranno i prossimi mesi a vedere la band tornare in pista in maniera decisa: il processo di avvicinamento alla release di “Il fuoco non si è spento” è iniziato e la terza giovinezza della band torinese è tutta da scrivere.      

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