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John Carpenter – Lost Themes III: Alive After Death

2021 - Sacred Bones Records
synthwave / elettronica / sperimentale

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Tracklist

1. Alive After Death
2. Weeping Ghost
3. Dripping Blood
4. Dead Eyes
5. Vampire’s Touch
6. Cemetery
7. Skeleton
8. Turning The Bones
9. The Dead Walk
9. Carpathian Darkness


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Luci spente in sala. Musica sintetica. Titoli di testa.
Scritto e diretto da “John Carpenter”.

Descrivere quello che rappresenta per me questo cineasta è qualcosa che non si può racchiudere o contenere in una singola serata di chiacchiere e parole.

Il cinema di Carpenter affonda le sue radici nei b-movie di Roger Corman, nelle pellicole indipendenti della nuova Hollywood della fine degli anni 60 nata sulle consumate strade di Easy Rider, nella Zoetrope di Francis Ford Coppola e negli occhi di gente come George Lucas, Martin Scorsese e Steven Spielberg, allora poco più che adolescenti, ma già convinti che in un modo o nell’altro ce l’avrebbero fatta.

Nato come musicista, il genio di Carthage, stato di New York, stanco dell’università, molla tutto molto presto e si dedica ai suoi cortometraggi componendone sin da subito le musiche. Metriche elementari. Tappetti sonori ossessivi. Distorsioni elettriche che fanno solo da contrappunto alle tastiere, vere protagoniste di ogni sua colonna sonora.

Pause. Silenzi. Sospensioni gravi e ansiogene interrotte da chitarre fragorose e prepotenti. Ritmi da discoteca anni 80 influenzati dalle prime sperimentazioni dance del maestro Giorgio Moroder e precursori del french touch di marca Daft Punk.

Le colonne sonore composte da “John Carpenter” hanno inventato la musica synthwave, ne hanno solcato il sentiero e delineato i limiti di carreggiata. In attesa che il cinema gli chieda scusa (…in ginocchio!!!) per averlo troppe volte snobbato e gli renda il giusto riconoscimento, la musica è da qualche anno la principale dimensione dell’autore di capolavori come The Fog, Halloween, Fuga da New York e…mi fermo qui perché altrimenti li cito tutti, nessuno escluso.

Mancando nuovi film in sala ormai dal 2010, anno della realizzazione di The Ward, il maestro del brivido ha intrapreso dal 2015 un percorso che lo ha portato a realizzare dischi di musica per pellicole immaginarie e presenti solo nella sua fantasia.

Lost Themes III: Alive After Death”, uscito da pochi giorni, raccoglie l’eredità dei due precedenti capitoli, “Lost Themes” del 2015 e “Lost Themes II” del 2016. Il risultato qualitativo è praticamente lo stesso e non troviamo in questa nuova raccolta particolari sorprese o innovazioni rispetto ai precedenti album.

Quello che però c’è da dire è che il livello base di partenza era decisamente alto e l’ascolto è un continuo susseguirsi di spunti interessanti e di immagini di film che sarebbero potuti essere o che, speriamo, saranno in futuro. A tratti si denota una certa melodia da opera synth-rock troppo ridondante e che forse risuona compassata e troppo legata agli anni che furono.

Questa l’unica pecca di un album che nel suo totale è “John Carpenter” all’ennesima potenza, ed è esattamente così che lo volevamo. Sinistro, compulsivo, minimale, sintetico, cazzuto. Se pezzi come Dead Eyes risultano troppo blandi e meno convincenti, il maestro dell’horror ci riprende subito a schiaffi con cavalcate come Weeping Ghost, Cemetery o Skeleton, le prime due più sinfoniche, la terza decisamente più synthwave.

E nel tunnel dei colori al neon continuiamo a perderci con pezzi del calibro di Turning The Bones, in cui le luci notturne della città sfrecciano veloci fino a mischiarsi in un acquerello fatto di sensazioni ed emozioni. Dripping Blood ci rimanda ai Daft Punk della colonna sonora di “Tron: Legacy”, altro capolavoro ispirato a sua volta proprio alle sonorità carpenteriane, ma è su brani come The Dead Walk e la conclusiva Carpathian Darkness che anche gli ultimi freni inibitori svaniscono e ci lasciamo andare ad un assolo di air-guitar che se ci vedessero i vicini sarebbe subito da chiamata d’emergenza alla neuro.

Sono passati già 5 anni da quel concerto all’Auditorium Parco della Musica di Roma, ma io quell’istante, quel preciso momento in cui il maestro è arrivato sul palco e alzando il pugno in segno di saluto si è presentato al pubblico dicendo semplicemente “Hi! I’m John Carpenter”, lo ricordo ancora come fosse ieri.

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