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“Aqualung”: e il folk incontrò il metal

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Quando ti ritrovi a scrivere di un disco uscito esattamente 50 anni fa, che ha ottenuto ogni tipo di riconoscimento tra cui tre volte Platino negli USA, ti poni due domande. Possiamo trovare in quel disco qualcosa che lo renda ancora rilevante ai giorni nostri, diciamo per un ragazzo di 20 anni che voglia saperne di più sui classici del rock? E cosa posso scrivere che non sia già stato detto da qualcuno? A questa seconda domanda è difficile rispondere. Anche perché la bibliografia, soprattutto in lingua inglese, su un’opera del genere è sconfinata. Quindi, non ci proviamo nemmeno ad essere originali. Per l’altra domanda, invece, quella sulla rilevanza odierna del disco, c’è speranza; basti pensare, ad esempio, che Sua Maestà Nick Cave adora i Jethro Tull.

Il punto di partenza è: come classifichiamo un’opera così densa come Aqualung? La pagina Wikipedia italiana, malgrado un album di tale spessore e che nel 1971 arrivò al secondo posto delle classifiche patrie, è fatta talmente male che i curatori dell’enciclopedia online l’hanno segnata tutta in rosso: “pagina che non cita fonti o lo fa in modo insufficiente”. Poco male, Impatto Sonoro non è Wikipedia; anzi meglio, non faremo copia e incolla. Una cosa però mnotiamo (che è uguale nella pagina in inglese); la definizione di genere, trina: rock progressivo, hard rock, folk rock.

Aqualung” non è rock progressivo, non nel senso che intendono i nostalgici: gli stessi che 50 anni fa erano abbastanza cresciuti da contribuire a portare da noi questo e altri album a posizioni cosi’ alte in classifica. Ha poco a che vedere con i Genesis, con gli Emerson Lake & Palmer o con gli Yes. Non ci sono muri di tastiere, acrobazie strumentali, suite di venti minuti, bassisti o batteristi più veloci del west e tutto l’armamentario del caso. “Aqualung” è invece rock progressivo nel senso di una musica che non conosce frontiere e che non si preoccupa di esplorare cose nuove e mescolare genere in teoria distanti. Mai si era visto un frontman, Ian Anderson, che quando non canta, suona il flauto (in equilibrio su una gamba sola, sempre la destra), alternando i suoi assoli a quelli del chitarrista. E “Aqualung” è certamente sia hard rock che folk rock. Anzi, è esattamente un disco diviso in due tra questi due generi. Sembrano quasi due dischi, a tratti: il riff heavy di Cross-Eyed Mary e la canzone folk di Moher Goose non hanno molto in comune a prima vista. Poi però ci sono tracce come My God: un giro blues che si svolge alternandosi tra folk e hard. O Wind Up, che comincia folk e poi diventa heavy.

Facciamo un passo indietro. 1968: i Jethro Tull esordiscono con This Was, un disco di British blues, alla maniera dei primi coevi Fleetwood Mac. 1969: in disaccordo con le velleità sperimentali di Ian Anderson, lascia il chitarrista Mick Abrahams, appassionato di blues, che viene sostituito da un tale Tony Iommi. Durerà poche settimane, il tempo di una apparizione nel “Rolling Stones’ Rock and Roll Circus”, e poi Tony se ne andrà, guarda caso, a fondare l’heavy metal con i Black Sabbath. Sempre 1969: lo rimpiazza il chitarrista Martin Barre che rimarrà nella band fino al 2011. “Era un chitarrista non definito, non categorizzato, per cui io e lui spaziavamo. Martin capi’ da subito cosa volevo fare” – racconta Ian Anderson. La nuova formazione pubblica Stand Up: “Le canzoni erano nuove, la direzione anche, non c’era nessun altro che suonava quello stile di musica”, ricorda Barre. A questo punto, spiega Anderson: “Sulla stampa musicale iniziò ad apparire la categoria prog rock per descrivere gli Yes, i King Crimson e tra gli altri anche i Jethro Tull. Poco tempo dopo apparirono anche ELP e i primi Genesis, ma ormai il prog si limitava a rimirarsi il buco del culo. I Genesis non mi sono mai piaciuti. E gli ELP erano dei grandissimi segaioli”.

Benefit“, del 1970, fu il disco della transizione prima del nostro “Aqualung“: 19 marzo 1971. La critica dell’epoca lo battezzò un concept album sulla storia di un barbone (che da il nome al disco) e delle sue frustrazioni personali e religiose. Ciò aiutava a continuare a catalogare la band nell’ambito del progressive. Ian Anderson si ribellò all’idea, al punto da burlarsi di critica e fan realizzando nell’album successivo un concept fake:Thick As A Brick“. Ma questa è un’altra storia.

Oggi, quello che conta è che ascolti “Aqualung” e poi vieni a sapere che gli Iron Maiden hanno realizzato una cover di Cross-Eyed Mary nel 1983. Gli Iron Maiden: gli eroi del metal britannico, nulla di più lontano dagli ELP. E poi, vieni anche a sapere che nel 1987 i Jethro Tull sono stati nominati, insieme ai Metallica, per un Grammy nella categoria “Hard Rock/Heavy Metal”: “la casa discografica ci disse di non andare nemmeno alla cerimonia, tanto avrebbero vinto i Metallica”, racconta Ian Anderson. Indovinate un po’: vinsero i Tull.

Aqualung è questo: alcuni tra i più bei riff heavy mai scritti, l’anno dopo che l’ex Tull, Iommi, aveva fatto il botto con i suoi Sabbath: li trovi su Cross-Eyed Mary appunto, sulla title-track, su Locomotive Breath, Hymn 43, My God, Wind Up. Questi sono oggi standard dell’heavy metal, coverizzati più volte dalle band più cazzute in circolazione. Poi ci sono le canzoni completamente folk rock: Cheap Day Return, Mother Goose, Wond’ring Aloud, Slipstream. Qui, è lo stesso Anderson ad ammettere la forte influenza del cantautore inglese Roy Harper che, in Italia, conosciamo soprattutto per avere prestato la voce solista ai Pink Floyd, su Have a Cigar. Nel Regno Unito, Harper è celebrato come una sorta di Cat Stevens locale.

Alla fine, “Aqualung” è l’incontro di questi due mondi. Un’entusiasmante cavalcata che si pone tanto alle fondamenta del metal di lì da venire, quanto ad omaggio di un folk-rock che nel 1971 cominciava ad esaurire il suo momento di gloria. Un ibrido imitato ma ineguagliato, marchio di fabbrica della band, che in questo disco raggiunge il suo apice, suonando ancora oggi rilevantissimo, soprattutto se avrete l’accortezza di ascoltarlo nel bellissimo remix realizzato da Steven Wilson nel 2011.

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