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Quando i demoni diventano alleati: Leonard Cohen e i 50 anni di “Songs Of Love And Hate”

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Si può considerare arte il modo di trasformare le proprie insicurezze, ansie, angosce, desideri, obbiettivi e successi in musica. Leonard lo ha fatto da sempre, esplorando temi come l’isolamento, dove tutto quanto non è mai abbastanza e i sentimenti contrastanti che l’uomo vive nella propria vita. Nella natura di questo linguaggio che è la musica, una canzone deve passare da mente a mente, cuore a cuore, e per certi versi si può dire che Leonard ci è sempre riuscito, perché oltre ad avere avuto una carriera brillante come uno tra i migliori cantautori più influenti di tutti i tempi, ricordiamo che è stato anche scrittore di numerosissime uscite letterarie tra romanzi e libri di poesie.

Vorrei dire tutto ciò che c’è da dire in una sola parola. Odio quanto può succedere tra l’inizio e la fine di una frase

Il cantautore fa il suo incontro con la musica in due fasi, militava in una band country chiamata i Buckskin Boys alla McGill University, e accompagnava le sue letture di poesie con la musica jazz, ispirato dai poeti beat, ma l’inizio di tutto questo alla fine è grazie alla cantante e amica Judy Collins che per prima ne interpreta alcune canzoni e poi lo esorta a tentare la fortuna con la musica, spingendolo a suonare e cantare in pubblico. Autore di testi toccanti, arrangiatore geniale e cantante dalla “voce di rasoio arrugginito” Leonard racconta: Sono nato così, non avevo scelta, sono nato con il dono di una voce d’oro. Ha sempre abituato il suo pubblico con poetiche taglienti, ma allo stesso tempo esistenziali, un universo dalle mille sfaccettature che sono diventate il marchio di fabbrica della musica di Cohen, dalla guerra, alla religione, alla sessualità spesso ripiegata sull’individuo, facendo di questo una persona che, della vita difficile, ne rende forse un luogo sicuro dove poter riflettere. 

Songs Of Love And Hate” è il terzo lavoro di Leonard Cohen, pubblicato per Columbia Records il 19 marzo del 1971, dal produttore Bob Johnston. Probabilmente il lavoro più dark, cupo, quello che si mette di più in discussione, e il titolo dell’album è descrittivo e indica le linee chiave dei testi dell’album, dove c’è un approccio emotivo e personale. Nashville e Londra sono le tappe per la lavorazione e registrazione del disco, mentre nel reparto tecnico troviamo Neil Wilburn, Ed Hudson e Robin Cable, supportato da una troupe di musicisti eccezionali, incluso Charlie Daniels al violino.

Ma altrove, “Songs Of Love Snd Hate” è un lavoro che riflette anche in un periodo di grande depressione e incertezza nella vita di Cohen, però nella sua forma più raffinata e sottile, come nei brani Avalanche, Last Year’s Man e Famous Blue Raincoat l’artista cattura con forza l’attrazione tra la sicurezza e l’ignoto, l’amore e la libertà, la spiritualità e la sensualità in una visione panoramica dell’esperienza umana, spesso dove gli occhi esterni della gente non vedono e comprendono. Quest’ultima, la canzone termina con la sua firma Sincerely, L. Cohen ed è stata tradotta in italiano da Sergio Bardotti e Fabrizio De André e incisa da Ornella Vanoni. Un altro brano dell’album, Joan Of Arc, è stato tradotto con il titolo Giovanna d’Arco sempre da De André e pubblicato su 45 giri, in aggiunta anche sulla raccolta di quattro CD “Tu che m’ascolti insegnami” del 2017, insieme a un altro celebre brano di Cohen del 1972 Suzanne, e poi inserito nell’album “Canzoni” del 1974. Mentre per la già citata Avalanche è stata reinterpretata da Nick Cave e pubblicata come brano d’apertura del suo primo disco con i Bad Seeds, “From Her To Eternity“, così come i Ghost per l’edizione deluxe del loro album del 2018 “Prequelle” e Aimee Mann per la colonna sonora della miniserie documentaria “I’ll Be Gone In The Dark“.

Lo stile di scrittura di Cohen è più europeo che americano tradizionale, più alla Bertolt Brecht. Leonard dice: “Ho imparato il mio mestiere leggendo Federico Garcia Lorca e ascoltando canzoni di persone come Brecht, cerco di manifestare queste influenze nella mia musica”. 

In un’altra intervista Cohen afferma rivelando che, il suo modo unico di suonare la chitarra classica sincopata, è particolarmente evidente in Avalanche, e ha anche detto: “Ci sono canzoni come Dress Rehearsal Rag che ho registrato una volta e io non canterò mai. Judy Collins ne ha fatto una versione molto bella, migliore della mia. Non la farei mai in concerto; non riesco a seguirla “. Nelle note di copertina dell’album del 1975 “The Best Of Leonard Cohen” ha scritto di Last Year’s Man, “Non so perché, ma mi piace questa canzone. L’ho suonata su una dodici corde messicana finché non l’ho distrutta saltandoci sopra in un impeto di furia impotente, era il 1967. La canzone aveva troppe strofe e ci vollero circa cinque anni per trovare quelle giuste “. Troppi dubbi si sono presentati dentro Cohen durante la realizzazione di questo album, ma le avversità che si incontra durante il percorso sono la giusta resistenza che ci permette di crescere, anche musicalmente. Non ci sarebbe crescita senza resistenza. Solo se c’è la paura si inizia a farsi delle domande, e cominciamo quel sano e indispensabile lavoro di introspezione che ci permette di entrare in profondità al nostro interno per scovare e illuminare le zone ancora buie.

Per cui, questo lavoro fin dal principio è stato e può essere tutt’ora considerato come una lettera che Cohen ha scritto per tutti noi, un inno alla speranza, alla continua ricerca di quella luce in fondo al tunnel, una gloriosa rivoluzione umana da prendere come esempio. Buon cinquantesimo anniversario.

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