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“Songs Of Faith And Devotion”, l’album più sofferto dei Depeche Mode

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Songs of Faith and Devotion” è forse l’album più sofferto e dichiarativo dei Depeche Mode, specchio autentico del carattere di una band agitata da difficoltà interne e soprattutto private, riesce a graffiare e avvolgere l’ascoltatore con denti aguzzi e spire degne del più flessuoso serpente.

Trovando le proprie strette in un Dave Gahan debilitato dalla tossicodipendenza e in Andy Fletcher, che a quel tempo soffriva di un profondo stato depressivo, le tensioni di quegl’anni non lasciarono in pace nemmeno Martin Gore, alle prese con problemi d’alcolismo. Anche la copertina nella giustezza della composizione tradisce un macchiato collage di pezzi in frantumi e ricomposti dal colore viola, simbolo di una membratura allo spasmo, emaciata e segnata da una lunga serie di velenosi morsi.

I più dolorosi di questi le hit Walking in My Shoes e In Your Room, i cui videoclip saranno affidati all’occhio esperto di Anton Corbijn, già regista in quegli anni per altri gruppi di grande calibro, dagli U2 ai Danzig, fino a Nick Cave and the Bad Seeds.

Se nei due brani principali cola sulle ferite un’intensa porpora dalle derivazioni dark, allo stesso modo lo speciale amalgama tra la voce radicale di Dave Gahan e i riff alla chitarra di Martin Gore liberano brani intrisi di blues come I Feel You e altri più sinuosi dal profondo lirismo come Condemnation, le cui vocazioni gospel trovano (intro)missioni nelle tastiere essenziali e mai austere di Andy Fletcher. A farla da padrone saranno però le batterie acustiche, emblematiche in Rush, affidate ad Alan Wilder, da sempre nel gruppo, deciderà due anni più tardi di cambiare aria per cercare nuovi stimoli lontano dai ragazzacci di Basildon.

Nonostante le innumerevoli difficoltà, l’album prende il via dopo un passaggio a vuoto nella penisola iberica, i cui luoghi non riuscirono a sollecitare a dovere la band, cosa che invece accadrà in Germania e più precisamente ad Amburgo. Forse, proprio per questo “Songs of Faith and Devotion è una pietra rara e preziosa, estratta da innumerevoli vicissitudini che non abbandonarono mai Gahan e compagni anche in fase di registrazione, sarà poi incastonata nel monolite eretto dai Depeche Mode fedeli da sempre a un sound elettronico dalle partiture ballabili, ma che proporrà in fase di post-produzione una durezza espressiva fatta di inarcamenti e ondulazioni serpeggianti all’interno di un imprescindibile anima(le) rock.

Musicalmente belli e intimamente dannati i Depeche Mode ri-emergeranno attraverso il loro ottavo album in una veste di maggiore spessore rispetto ai loro precedenti lavori, “Songs Of Faith And Devotion” infatti si colloca cronologicamente e idealmente al centro di una carriera dal sound ancora oggi accattivante e che per ribellismo riesce a strisciare fuori dai sentieri dance e pop senza incappare mai in crepacci o nelle cadute che aspettano chiunque si trascina senza avere la capacità di rialzarsi.

I Depeche Mode invece, e questa è la loro forza, seppero mutare pelle vividamente veicolando sentimenti tanto ostili come la rabbia e il rimorso verso luoghi sacri intitolati alla Fede e alla Devozione.

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