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The Eye Of Time – Acoustic II

2021 - Denovali Records
classica contemporanea

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Tracklist

1. Not From This World
2. To Heal A Shape-Shifted Mind
3. Itself
4. A Lost Song
5. On perd sa vie à chercher sa place
6. Un volcan qui pousse les os
7. De l'incapacité de dire au revoir aux belles choses
8. Behind The Unknown Is Where Magic Is
9. Eternal Conflicts
10. La résilience se trouve à l'Est
11. Hope Is By Nature
12. L'éternité se cache dans un jardin au fond du mois d'août
13. Today Is The Journey
14. Toucher le temps du bout des doigts


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Chitarrista di band rock alternative come Sugartown Cabaret, Aussitôt Mort, Karysun, Mort Mort Mort, Marc Euvrie è il nome reale che si cela dietro al nom de plume di The Eye of Time. E The Eye Of Time è la dimensione solitaria di Marc Euvrie, l’avatar creato per soddisfare la necessità di procedere istintivamente nel solco di una musica diversa autonoma, per sé e sufficiente a sé. The Eye Of Time nasce per raccontare un viaggio a ritroso nella memoria, è una riflessione personale sulla complessità del mondo nel quale viviamo e con il quale interagiamo.  

“Acoustic II” è il sesto album di Marc Euvrie, il secondo a seguire il genere classico moderno ed è una scelta solo apparentemente paradossale con il genere delle altre band in cui suona. L’assunto è semplice, non esistono stili o legami espressivi, la musica è solo musica: passione, emozioni e sincerità. E la musica non solo è un mezzo per l’espressione di sé, ma anche uno strumento con il quale tentare di mettere ordine in un mondo caotico, di limitare l’entropia e di comprendere la vita, aprendo gli occhi sul presente in maniera critica. The Eye Of Time ci dice che osservando con attenzione il passato, potremo comprendere il presente e scorgere il futuro. E poco importa che la musica sia quella di una chitarra, di un drone, di un pianoforte o di un violoncello. Poco importa se siano i Godspeed You! Black Emperor, Silver Mt. Zion, Portishead, Sigur Rós, Third Eye Foundation, Björk, Meshuggah, oppure Claude Debussy, Philip Glass, Eric Chopin, J.S. Bach o Michael Nyman. La musica è arte e in essa tutto è interconnesso, la sensibilità, la sincerità e le emozioni. Qualsiasi cosa ci tocchi in profondità è arte, tutta la bellezza della vita intorno a noi… ma anche la violenza e quindi il dolore, le profondità oscure che corrispondono alle vette argentine. Il tutto è arte. La vita è arte. 

Se ci abbandonassimo a uno sguardo superficiale, “Acoustic II” apparirebbe molto simile alla colonna sonora di un documentario un po’ triste sul destino tragico di una qualche specie di raro rapace, fatalmente spinto dall’uomo oltre il limine del baratro dell’estinzione. Lunghe inquadrature aeree mostrerebbero l’estatica bellezza di animali dominatori dei cieli, voli pindarici e sguardi tumidi con il quale nessuno di noi è in grado di interferire, non più. Impotenti osservatori, cullati dalle note, le lacrime disseteranno il nostro senso di colpa rendendoci chiaro quanto piccolo possa essere il nostro impatto su un mondo troppo superiore per noi, piccoli uomini.

Inquadrato in un contesto più ampio, “Acoustic II” ci permette di ampliare la vista sulla produzione dell’autore, aggiungendo un altro petalo a un fiore elegante, tipico di uno spazio ambient e di musica classica moderna, venato di nostalgia (canaglia). Benché privo di particolari picchi di originalità espressive, soluzioni di avanguardia o colpi di scena da blockbuster, “Acoustic II” permette all’ascoltatore di partecipare a un viaggio per lo più rilassante, lungo un paesaggio naturale tipico del nord della Francia (Normandia, o cara!) rivelandosi una produzione più che piacevole, che si muove lungo un percorso alla Einaudi, solo declinato in una versione più scura e con un mood generale che tende a far emergere le somiglianze con lo spleen di una certa musica, malinconica e romantica, come fosse il corrispettivo (in versione classica) dei Joy Division. E ciò risulta evidente anche dagli stessi titoli dei brani (qui di seguito tradotti per agevolare): non di questo mondo, una canzone perduta, si perde la vita a cercare il proprio posto, l’incapacità di dire addio alle belle cose, conflitti eterni, l’eternità si nasconde in un giardino al termine del mese di agosto. Eppure: dichiarazioni di intenti e obbiettivi prefissati rischiano di rimanere solo parole se non sono confortati dalla realtà. Il racconto dell’emozione non corrisponde all’emozione stessa e spiegare le proprie intenzioni, quello che si prova all’ascolto e che si vorrebbe che gli altri provassero, non è sufficiente affinché poi questo avvenga effettivamente.

La musica ha un funzionamento semplice: ascolti una canzone e sai subito se ti piace o meno. Il perché mi/ci piaccia o perché piaccia a me e non a te nasconde complessità inestricabili. In parte dipende dal percorso (musicale) di ciascuno di noi, dalle abitudini (sempre musicali) a cui siamo stati esposti e dalla motivazione che ci spinge ad ascoltare musica (potrebbe essere gestire il cattivo umore o creare rapporti interpersonali). Di fatto la musica, qualunque genere, assolve da un lato a un compito sociale, dall’altro a una necessità comunicativa. Nel caso di Acoustic II, sono persuaso che manchi l’aspetto sociale: banalmente, questa musica cambia radicalmente se eseguita con pianoforte acustico e violoncello, all’aperto e in un ambiente naturale e con un pubblico presente. Ascoltata attraverso un media, seduto in casa, tra quattro mura, in solitaria, corre il rischio di apparire solipsistica. Il dubbio che mi coglie nei casi come questo è atroce: sono io a essere uscito dal mondo creato dall’autore o è il mondo dell’autore ad allontanarsi dall’ascoltatore, fino a diventare parte del contorno e del contesto, colonna sonora extradiegetica di una vita raccontata, che non riesce a essere vissuta? 

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