1. Kolumbo
2. Mata Hari
3. Monko
4. Zacatecas (feat. Ama – Tommaso Mantelli)
“…Math Rock: genere musicale derivato dal rock sperimentale emerso alla fine degli anni ’80 e caratterizzato da una struttura ritmica complessa ed insolita. Le sonorità sono caratterizzate da accordi dissonanti e da una grande sperimentazione tecnica.” Questa, per dovere di cronaca, la definizione che le varie enciclopedie on line forniscono del genere musicale alla base del primo disco dei Tiger Flambé, duo veneziano qui alla loro prima prelibatezza discografica. E con questo ci siamo subito chiariti il terreno su cui poggia l’intero EP.
La fortuna è che in queste quattro tracce c’è molto di più, ed è tutto questo più che mi ha fatto innamorare di questo disco. Non sono trascorse molte settimane da quel gran varietà canoro che ogni anno si svolge sulle coste liguri e, a differenza di quello che si vorrebbe far credere su quel palco, nel paese che sembra una scarpa, giusto per citare gli Zen Circus, la rivoluzione rock non è certo arrivata nel 2021.
I sotterranei musicali sono da sempre fucine sensibili alle varie sperimentazioni, magari meno di altri paesi, su questo ci sono pochi dubbi, ma cose interessanti ne sono sempre uscite e questo primo lavoro dei Tiger Flambé ne è una piacevole dimostrazione. Non stiamo vivendo la più creativa delle decadi, questo lo possiamo evidenziare con il più grosso dei pennelli da imbianchino, ma basta essere un po’ curiosi, rovistare un po’ e di musica interessante se ne trova anche nel paese che considera musica indie-rock la musica leggera (anzi…leggerissima). Se non si è mai usciti di casa e non si sa cosa sia successo dagli anni 60 ad oggi, potrebbe anche non sembrare così, ma di fatto, cose buone se ne sono sempre sentite in giro e l’EP che questo duo ha prodotto, suonato, confezionato, è senza dubbio roba buona e giusta!
Tralasciando per un attimo (anche se in realtà non si dovrebbe) le prime sperimentazioni futuriste degli intonarumori, datate primi anni del 900, l’Italia è pur sempre una delle 4 nazioni europee che maggiormente hanno contribuito allo sviluppo della musica elettronica a partire dagli anni 50 ad oggi, ma questa è un’altra storia e prima o poi dovrà essere raccontata. E anche questo per rigoroso e mero dovere di cronaca.
A cinque anni dal progetto Trompe Le Monde, questo nuovo step fatto di sola musica strumentale, vede chitarra e batteria aggrovigliate tra loro per circa 16 minuti complessivi fatti di ritmiche asimmetriche, velocità, rallentamenti e risalite ardite. Quattro tracce che corrono, virano, scivolano su curve angolatissime e si gettano senza timori in territori che le nostre due tigri Flavio Bevacqua e Carlo Zulianello, coadiuvati anche dal lavoro di Tommaso Mantelli in regia, dimostrano di conoscere e padroneggiare in maniera sicura.
Si parte con Kolumbo. L’inizio è di quelli eterei, sospesi, ma dopo soli 30 secondi il percorso si fa subito più complesso e i grovigli sonori iniziano ad accavallarsi uno all’altro. Un lieve rallentamento ci traghetta al pezzo successivo, Mata Hari, dove le velocità aumentano in modo consistente e capiamo subito che qui di sano pogo, quando finalmente si potrò tornare ai concerti, se ne vedrà di bello e corposo. Si arriva a Monko, il pezzo più roccioso dell’EP, ma anche il più trascinante. Un loop in cui non puoi non lasciarti trasportare. E di questi tempi perché opporsi? L’ultimo giro su questo zootropio fatto di immagini rapidissime è sulle linee intrecciate di Zacatecas, dove alla chitarra e alla batteria si aggiunge il synth di Tommaso Mantelli. Qualità e stoffa non mancano. I concetti e le idee sono chiarissime. La carreggiata è libera da ostacoli e il percorso sembra essere iniziato nel modo migliore.
Nonostante i fiori ben addobbati sul palco del gran varietà canoro in riva al Mar Ligure siano di anno in anno sempre più sbiaditi, le speranze di continuare ad ascoltare musica ben suonata, di qualità e ricca di spunti interessanti, non sono affatto perdute.