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Retrospettive

A Day To Remember…but some time ago

Chi di noi non ha alcune band del cuore, quelle che da anni occupano un posticino speciale, band delle quali attendiamo impaziente l’ultimo singolo o lavoro. Io stessa, durante gli anni universitari, riscoprii il mondo del metalcore melodico e mi affezionai talmente tanto ad una band di Ocala, Florida, gli A Day to Remember, da farmi un sacco di km per andare ad un loro concerto, che tenne luogo nel giardino di un castello medievale, la rocca Malatesiana di Cesena. Sapevo ovviamente a memoria tutte le loro canzoni e quella sera feci il mio primo wall of death, perdendo rovinosamente una Converse che trovai intatta a fine concerto non so per quale opera divina.

Dopo più di dieci anni, il 5 marzo è uscito il loro ultimo full length You’re Welcome, con un cambio di etichetta decisamente notevole: dopo aver abbandonato a seguito di ripercussioni legali l’etichetta Victory Records, che li aveva accompagnati con la produzione a partire dal loro secondo studio album, dopo un album self-produced ed un altro prodotto con Epitaph, il loro settimo lavoro è marchiato Fueled by Ramen (Twenty-One Pilots, Paramore, Panic! At the Disco, ecc.), e l’impronta musicale della label si sente tutta. Se pensavate che Resentment potesse dettare il sound principale di questo ultimo album, vi sbagliavate di grosso: nonostante la collaborazione con Marshmello per Rescue Me nel 2019, e sebbene poi il singolo Degenerates ci avesse fatto suonare qualche campanello d’allarme, il singolo sopra citato e Brick Wall ci lasciavano con il beneficio del dubbio.

In verità però, You’re Welcome è uno di quegli album in cui si skippano compulsivamente le tracce per sperare di trovare qualche gemma rara, che per carità c’è, – con Last Chance to Dance (Bad Friend) sono saltata sulla sedia perché mi ha addirittura ricordato A Shot in the Dark – ma siamo molto lontani dai tempi di “Homesick”, soprattutto visto che in 46 minuti di album, i breakdown si contano su una mano. Come sempre è notevole la performance vocale di Jeremy McKinnon, frontman e voce degli ADTR, ma pochissimi sono i riff di cui avere memoria mentre si sprecano i sample elettronici e gli effetti. In più, se ormai ci eravamo anche abituati alla presenza di una ballad in ogni album, in You’re Welcome ne troviamo addirittura due, una delle quali presentata anche come singolo: Everything We Need resta la classica ballata acustica voce, chitarra e coretti, mentre Only Money, per quanto orecchiabile, non fa mandare giù i synth elettronici onnipresenti nel brano.

Tutto sommato l’album è godibile e di certo, come McKinnon ha dichiarato, è il loro album più allegro, ma la sensazione complessiva è quella di un lavoro senza infamia e senza lode. Gran parte dei fan, dopo cinque anni di attesa, sperava in una discreta bombetta piuttosto che in una sterzata così netta verso il pop punk e l’elettronica. L’unica costante è che anche in questa copertina, disegnata da Mike Cortada, viene raffigurata la figura maschile di spalle che guarda davanti a sé: da un buco in un muro osserva una strada lastricata di rosso che termina su una porta da cui si vede il cosmo stellato.

L’uomo di spalle è ormai simbolo di ogni release della band di Ocala. A partire dal loro primo full length “And Their Name Was Treason”, prodotto dall’etichetta Indianola nel 2004, la copertina presenta un ragazzo di spalle chino su una macchina da scrivere. L’album, seppur abbastanza acerbo e sporco, presenta delle tracce la cui matrice musicale fa incontrare il punk ritmico, scanzonato e un po’ cazzone con i breakdown eccessivi della scena emo/metalcore che stava lentamente prendendo piede.

In attività dal 2003, gli A Day to Remember, formati inizialmente da Jeremy McKinnon, Neil Westfall, Tom Denney, Joshua Woodard e Bobby Scruggs, si fanno conoscere ben presto non solo a livello locale, ma anche al di fuori della loro Florida, tanto da arrivare nel giro di pochi anni a firmare un contratto con la Victory Records, casa discografica che li accompagnerà fino alla fine del 2011 producendo i loro successivi tre studio album.
A Gennaio del 2007 esce il loro secondo lavoro, “For Those Who Have Heart”, anticipato dalla pubblicazione sul loro MySpace della cover di Kelly Clarkson, Since U Been Gone. Oltre questa riuscitissima rivisitazione di un brano pop – esperienza che poi ripeteranno nel 2009 con la cover di Over My Head (Cable Car) dei The Fray presente nella compilation “Punk Goes Pop Vol.2”, prodotta e promossa da Fearless Records – l’album presenta diverse tracce difficili da dimenticare, super heavy ma allo stesso tempo con una linea melodica prepotente.

Dopo un tour in Regno Unito, gli ADTR vengono nominati come Best International Newcomer ai Kerrang! Awards del 2008, dove non si assicurano il premio ma ottengono visibilità internazionale, a punto tale che il loro terzo album “Homesick” (2008) raggiunge le 250,000 copie vendute, mentre il successivo “What Separates Me From You” raggiunge mezzo milione di copie, entrando anche nella classifica Inglese ed Australiana. “Homesick” è sicuramente il disco della consacrazione. Ogni traccia ha una sua identità talmente forte da parlare da sola: l’intero album è uno schiaffo in faccia, sia per la pesantezza del sound, sia per il sottotono dolcemente malinconico che lo permea. Indimenticabile e quasi solenne l’intro di The Downfall of Us All, come anche il breakdown che apre Mr. Highway’s Thinking About the End, facendo partire subito la canzone con un ritmo serratissimo.

Nel 2008 (ma verrà poi reso noto alla stampa soltanto nel 2011) la band sostiene di non aver percepito alcune royalties e va in causa con la loro etichetta discografica, la Victory Records; ad ogni modo “What Separates Me From You“, con un cambio nella line-up in cui al posto di Denney entra a far parte della band Kevin Skaff, viene pubblicato comunque nel 2013. Seppure l’album si apra decisamente aggressivo con la traccia 2nd Sucks, il sottotono malinconico e dark si accentua e la copertina è riflesso molto significativo dell’atmosfera: il nostro personaggio di spalle stavolta è intrappolato all’interno di una clessidra mentre guarda l’incrocio di una grande città pullulare di gente.

Come anticipato, la scalata delle classifiche però non termina qui: avendo chiuso la lawsuit con la Victory Records, gli A Day to Remember riescono ad auto-prodursi il loro successivo album “Common Courtesy” (2013), che non solo raggiunge la top 60 negli States, in Regno Unito, Austria, Germania e Australia, ma ottiene anche il plauso della critica e dei fan; molti lo ritengono l’album migliore della band, la fusione perfetta della dualità che da sempre li contraddistingue. “Common Courtesy” è un prodotto di qualità nonostante il grande calderone del genere nel quale rientrano sia sempre ritenuto di livello inferiore dai puristi del metallo e non sempre degno di apprezzamento.

Nel 2016 esce “Bad Vibrations”, disco che fa raggiungere agli ADTR la vetta delle classifiche, ottenendo la Top 10 in ben sei paesi: echi di “Homesick” si possono ritrovare in Exposed e in Paranoia, ma le sonorità, seppure restino abbastanza legate all’hardcore, iniziano a virare verso il pop punk, aiutate dal sempre meno frequente cambio di registro nel cantato, che si addolcisce e risulta meno incisivo di quanto non lo fosse in precedenza. Come abbiamo potuto notare, gli anni che separano “Bad Vibrations” da “You’re Welcome”, hanno evidentemente portato la band a restare su un ritmo più leggero di quello a cui ci avevano fatto abituare in precedenza.

Certo, è normale che le band si evolvano e crescano seguendo ciò che per loro è più artisticamente affine, ma questa virata decisamente drastica fa perdere loro l’identità che si erano creati negli anni, restando non più un giorno da ricordare, ma un ricordo che speriamo possa ritornare.

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