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Godspeed You! Black Emperor – G_d’s Pee AT STATE’S END!

2021 - Constellation Records
post-rock / experimental

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Tracklist

1. A Military Alphabet (five eyes all blind) (4521.0kHz 6730.0kHz 4109.09kHz) / Job’s Lament / First of the Last Glaciers / where we break how we shine (ROCKETS FOR MARY)
2. Fire At Static Valley
3. GOVERNMENT CAME” (9980.0kHz 3617.1kHz 4521.0 kHz) / Cliffs Gaze / cliffs’ gaze at empty waters’ rise / ASHES TO SEA or NEARER TO THEE
4. OUR SIDE HAS TO WIN (for D.H.)


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“Questo disco è la nostra attesa per la fine. 
Ogni attuale forma di governo ha fallito. 
Questo disco è la nostra attesa per l’inizio
ed è ispirato dalle seguenti esigenze:

svuotare le prigioni. 
prendere il potere dalle forze dell’ordine e darlo ai quartieri che loro stessi terrorizzano.  
terminare le guerre senza fine ed ogni altra forma di imperialismo.  
tassare i ricchi fino al loro totale impoverimento.  
[…] 
Questi sono tempi di morte e la nostra parte deve vincere. 
Ci rivedremo in giro quanto I numeri cadranno

I Godspeed You! Black Emperor del 2021 sono incazzati e lo sono più del solito. Basterebbe infatti questa dichiarazione d’intenti per descrivere il mood del nuovo lavoro del collettivo canadese, che più che un disco è un vero e proprio manifesto anarchico di rivolta. Sul fatto che Efrim Menuck, Michael Moya e collaboratori vari non siano simpatizzanti dello stato globale della società attuale è palese sin da quel “F#A#∞” che cambiò, quasi venticinque anni fa, le carte in tavola nella musica rock.

Annunciato come ormai da prassi solamente poche settimane prima della sua uscita, “G_d’s Pee AT STATE’S END!” ripercorre la formula presente nei tre dischi precedenti (ovvero quelli del post decennio di esilio musicale) ma con un risultato ancora più sorprendente, terrificante ed emotivamente disturbante. Se strutturalmente ci troviamo nuovamente di fronte a due lunghissime suite alternate a due momenti più brevi, ciò che ne esce fuori è il resoconto di un mondo in sfacelo, una sorta di sinfonia per un’apocalisse sociale e politica più spietata e nera che mai.

Desolanti field recordings e inquietanti registrazioni di stazioni radio fantasma aprono e chiudono i crescendo musicali del primo brano in cui il basso è uno dei protagonisti principali, con i suoi bordoni che scuotono fisicamente l’ascoltatore e sul quale si appoggiano chitarre spigolose e una sezione di archi mai come oggi perfettamente integrata.

I sei minuti di Fire At Static Valley (il primo dei due momenti più brevi) si snoda su un crescendo di chitarra ed archi, tanto magnifico quanto desolante, che riecheggia Henryk Gorecki e la scuola minimalista, sorretto da un inesorabile crescendo di pulsazioni ritmiche.

La seconda delle due lunghe suite è una sinfonia post rock orchestrale divisa in due sezioni, profondamente GY!BE negli intenti ma che brilla di una originalità che non sentivamo da tempo. La marcia solenne della prima parte costruisce infatti le premesse per un finale che, con il suo climax di scuola Berlioz su ritmiche a cavallo tra kraut e pop, sorprende non poco e svanisce nell’assordante suono di campane in festa. È questo il suono della vittoria a cui si riferivano i canadesi? Molto probabile.

G_d’s Pee AT STATE’S END!” si congeda infine con i sei minuti e mezzo di Our Side Has to Win (for D.H.) un capolavoro emotivo, in cui un tema Morriconiano si mescola alla delicatezza e alla sacralità di Arvo Pärt per concludere quello che è probabilmente il capolavoro della seconda fase di carriera dei GY!BE, nonché uno dei dischi più belli del 2021. 

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