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夢遊病者 (Sleepwalker) – Noč Na Krayu Sveta

2021 - Sentient Ruin
avantgarde black metal

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Tracklist

1. Boundless Love / Resilience
2. Redemption / Retaliation


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Culture che si incontrano nell’etere, come correnti d’aria calda e fredda che generano un temporale. Il punto d’incontro dei venti che spirano tra Osaka (Giappone), Tver (Russia) e New York (Stati Uniti) è uno spot di luce feroce, un ciclone che prende il nome di 夢遊病者 (o meglio Sleepwalker).

Il metodo è semplice: condividere idee via telematica, trattarle, lavorarci sopra, poi trovarsi e registrare. Oggi che non si può avviene tutto in sospensione, le creazioni si formano sospese nel vuoto virtuale e, una volta assemblate, danno vita a “Noč Na Krayu Sveta”, dallo sloveno “notte ai confini del mondo”, ed è tutto ciò che serve per descrivere quanto l’ascoltatore andrà incontro.

PBV, NN e KJM (queste le iniziali dei misteriosi componenti del gruppo) portano l’arte improvvisativa alle conseguenze più estreme, in un flusso di coscienza in perpetua espansione. Gli strumenti coinvolti a dar man forte a chitarra basso e batteria sono una marea e tra i più disparati: bouzouki, quray, Moog, organi, violini, trombe, oud, baglama, kubyz e una carrettata di sintetizzatori analogici da uscirne matti. Amici, famigliari, musicisti di varia estrazione imbracciano questo arsenale musicale e si gettano nella mischia.

Black metal, sì, imbevuto nell’avanguardia più pura, un complesso intreccio di futuro e tradizione in cui armonia e rintocchi disarmonici si stringono e sbattono sulle pareti. In due brani appena (Boundless Love / Resilience e Redemption / Retaliation) si rincorrono turpi distruzioni (r)umorali, grida aliene, delirio jazzistico, rabbocchi mediorientali e mediterranei (a là Electric Masada), gelo e idiosincrasie brucianti, improv free form che implode e si schiude su sfuriate spaventose tanto quanto gargantuesche, come enormi mutanti che si muovono lenti nella notte, una notte il cui tempo è scandito da rintocchi algidi, sintesi elettroniche che ritagliano il proprio spazio su strade in cui gli ottoni disegnano lunghi cammini nel buio (in alcuni passaggi sembra di sentire lo Steven Bernstein di “Diaspora Blues”) che nella sezione dei legni trova riposo, subito disturbato da caracollanti brutalità, senza riposo né pace, in un tunnel ipnagogico senza fine.

Assordante, violento e pregno di bellezza.

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