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Back In Time

“Aladdin Sane”, che amava i Rolling Stones e cambiò il mondo con Ziggy l’alieno

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Chi è Aladdin? La domanda gira da quel 13 aprile 1973, quando l’album giunse ai negozi di dischi. Probabilmente in molti, all’epoca, ritennero che fosse sempre e solo l’alieno Ziggy Stardust. La foto in copertina non sembrava altro che uno dei travestimenti di Ziggy. Una foto piuttosto notevole per l’epoca: “la Monna Lisa delle copertine” è stata recentemente chiamata. Si trattava della copertina più costosa mai fatta fino allora, in quanto si usò un sistema a 7 colori, piuttosto che i soliti 4 (ricordo che all’epoca di copertine se ne stampavamo milioni, in fisico). Quindi, chi all’epoca vide l’album nei negozi pensò soltanto: “Grande, un nuovo disco di Ziggy con una copertina più figa che mai” e corse a spararselo a casa. David Bowie raccolse così il suo primo numero 1 nel Regno Unito ed entrò nella top 20 negli Stati Uniti, raggiungendo l’apice del suo successo, per il momento. A tanta fama avevano certo contributo mesi di tour in Europa, Giappone e soprattutto negli USA.

Gli Stati Uniti e l’accoglienza adorante dei giovani americani verso il messaggio di liberazione del 26enne inglese, bello da inquietare, ambiguo da spiazzare, “travestito” oltre la morale, avevano avuto un impatto destabilizzante su Bowie. L’artista cominciò il suo lungo e terrificante viaggio nella cocaina e a temere per la sua sanità mentale: “A Lad insane” (“Un tipo pazzo”), questo era il titolo del disco all’inizio.

“Non credo che Aladdin fosse un personaggio definito come Ziggy” – ha detto Bowie – “Ziggy era nato come chiaramente disegnato e definito, mentre Aladdin è piuttosto effimero. Egli è l’opposto di un individuo. Penso che interpreti delle situazioni, piuttosto che una vera personalità’”. Diciamo che Aladdin fu un personaggio di transizione. Egli era “sano” di mente, l’alter-ego di Ziggy che invece cominciava a soffrire questo pianeta e, a luglio 1973, dovette annunciare che se ne tornava su Marte insieme ai suoi ragni.

Aladdin amava i Rolling Stones e ne attingeva a piene mani. Lo testimonia la sua tirata cover di Let’s Spend the Night Together che, si legge da qualche parte, sarebbe “l’appropriazione gay di una canzone eterosessuale”. A parte la boiata pazzesca, il punto vero è che, con “Aladdin Sane“, David Bowie rende Glam i Rolling Stones, realizzando il disco perfetto del movimento Glam Rock e, cosi’ facendo, il miglior omaggio possibile alle pietre rotolanti. Innestando nel sound di “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars” il rock’n’roll delle pietre rotolanti, il biondo artista fotografa il genere definendolo per sempre. In questo modo, ne esce un Glam più grezzo, meno lucidato che nella precedente prova, con l’interpretazione e la messa in scena che prevalgono sul sound.

Non è la predetta cover il momento musicalmente più alto del disco, ma solo il momento in cui Bowie esplicita il suo amore per gli Stones. Amore che comunque era chiaro già dalla traccia iniziale, Watch that Man, che se ti dicono che e’ un outtake da “Exile on Main Street” ci credi, assomigliandoci persino nelle scelte di mixaggio. Ma gli Stones in Aladdin Sane” sono omaggiati dappertutto, persino nei testi: “E prova a farlo come una volta / Quando la gente guardava Jagger negli occhi e scopava / Come nei video film che abbiamo visto”. Drive-In Saturday e’ una canzone ambientata nel 2033 laddove, a seguito di un qualche disastro nucleare, la gente ha scordato come fare sesso e ricorre al cantante degli Stones per eccitarsi.

Aladdin Sane” è il disco che dice al mondo che Bowie è determinato a cambiare il mondo. Con la provocazione morale innanzitutto: “Jean Genie vive del suo culo / Jean Genie ama i comignoli”. Jean Genie è forse la traccia più famosa del disco. Aladdin celebra lo scrittore francese Jean Genet, omosessuale e, per un periodo, prostituto. Il riff di chitarra, come avrebbero fatto gli Stones, attinge a piene mani ai classici del blues e Bowie ci suona persino l’armonica sopra: “Volevo lo stesso suono di armonica che gli Stones avevano nel loro primo album. Non mi sono nemmeno avvicinato, ma aveva comunque quel sound che volevo, molto anni ‘60”.

In mezzo a queste scelte musicali rétro, obbligatorie in un disco Glam, ci sono quelle rivoluzionarie, come la nuova aggiunta agli Spiders from Mars al pianoforte: Mike Garson si presenta con un incredibile assolo free jazz su Aladdin Sane. Tutta un’altra cosa rispetto al classicheggiante Rick Wakeman di “Hunky Dory”. “David mi ha chiesto un assolo e io ne ho fatto uno blues. Lui ha detto no. Allora gliene ho fatto uno latino. Allora lui mi ha ricordato che mi ero presentato come un pianista avant-garde. Gli ho detto: ‘Sicuro? Potrebbe rovinare la tua carriera’”. Ma David non era il tipo da spaventarsi per questo, ora lo sappiamo.

Panic in Detroit attacca con un riff sincopato di chitarra, il Bo Diddley Beat che hanno usato tutti: dagli Stones naturalmente e successivamente i Clash, gli Smiths, gli U2. Poi entra Aynsley Dunbar alle percussioni, tribali, e un coro femminile che scorre fino alla fine e ricorda tante cose celebri sempre degli Stones. Bowie canta degli scontri razziali di Detroit del 1967, raccontatigli da Iggy Pop: 43 morti e oltre 1000 feriti. Mike Ronson chiude il pezzo con un lungo e lento assolo, distorto e molto blues.

Lady Grimming Soul è l’ultima traccia dell’album; come tale, spesso destinata ad un ascolto distratto, se ci si arriva. Ma è una traccia emotivamente intensa, in cui Garson può dare sfogo alle sue voglie latineggianti, insieme a Ronson, impegnato all’acustica prima e in un assolo romantico alla fine. Una delle tracce più sottovalutate della sconfinata discografia di Bowie e che, al pari di Time, richiama quell’atmosfera da cabaret tanto cara all’artista.

Questi sono solo alcuni dei lampi di genio di cui “Aladdin Sane è cosparso, così come tutta la discografia del nostro. La verità è che, in Italia, sono in tanti a non aver compreso a lungo di che artista stiamo parlando. I travestimenti, i personaggi interpretati, hanno impedito per decenni da noi di fare un discorso serio su Bowie. Trattato alla stregua di una macchietta pop, in Italia piaceva soprattutto alle ragazze e questo, ammettiamolo anche se ci fa fare una pessima figura, creava un pregiudizio. La verità, purtroppo, è che non avevamo “autorevoli” critiche musicali all’epoca che ci potessero salvare dai pregiudizi e non poteva essere una cosa seria uno che si presentava così. Cosa ne sapevamo in Italia, ai tempi, della libertà di essere te stesso senza molte etichette? Una libertà che Bowie è stato tra i primi a immaginare e, quindi, a creare, cambiando il mondo, con i suoi alter-ego.

In una intervista di quegli anni, poco più che ventenne e lucido come un intellettuale anziano, spiegava come quel senso di aggregazione che i giovani del mondo anglosassone sperimentavano attorno a Ziggy Stardust, non poteva replicarsi nei Paesi mediterranei come l’Italia e la Grecia. “Lì c’è la famiglia, i giovani non hanno bisogno di sentirsi parte di qualcosa”, spiegava. Rassicurante, ma poco fertile per l’innovazione creativa. Questo è il motivo per cui l’Italia non ha creato il rock, ma lo ha subito. Questo è il motivo per cui l’Italia ha comprato i dischi di Bowie in quegli anni (“Aladdin Sane” giunse al numero 8 in classifica), ma non lo ha capito. Era “musica leggera”, non aveva la dignità intellettuale degli Yes o dei Genesis. Salvo poi stracciarsi tutti le vesti e, quattro decenni più tardi, piangere in pubblico la morte del “genio” che, anche con i suoi travestimenti, ha cambiato il mondo.

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