Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

Augustine – Proserpine

2021 - I Dischi del Minollo
dark folk / slowcore

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. Tower Stones
2. Pomegranate
3. Response Of The Oracle
4. Fanny, They Killed Me
5. Pagan
6. The Dark Place
7. Moments Of Pleasure And Joy
8. How To Cut Your Veins Correctly
9. Good News
10. Adonis
11. Anemones
12. Deep, So Deep
13. My Love Speak Flowers


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Nel mito le trasformazioni si susseguono, parti integranti della narrazione di tempi antichi. Sara Baggini s’incammina sul sentiero, all’ombra delle leggende, e prima veste i panni di Augustine e, nel cammino, trova il modo di tramutare la sua forma in quella di Persefone, o meglio la sua controparte del pantheon romano, Proserpina. La regina degli Inferi getta il suo sguardo sulle ombre che vi transitano, e poi guarda a sé, alla sua tragedia e ciò che consegue il suo personale viaggio.

Il viaggio nel proprio animo più profondo, in cui il passaggio tra realtà, pensiero, conscio e inconscio è liminale, un confine labile, valicabile, saggiabile e tremendamente vero. La morte e le sue conseguenze, i pensieri che riguardano il trapasso e il ritorno alla vita, l’uscita dal luogo fisico che è il mondo che Proserpina presiede è il nucleo di “Proserpine”, come chiunque abbia narrato del passaggio in tale luogo ameno, è fatto di un iter specifico. Si snoda tra racconto mitologico e introspezione, e lo fa con un tocco leggiadro, sospeso, come la copertina che riprende il celebre dipinto di Dante Gabriel Rossetti, che vi arrivò in seguito ad una perdita. Il legame a questo leitmotiv è forte.

La voce di Augustine è deliquio di dolcezza oscura, un guanto di seta nera che carezza ogni brano e ne innalza le qualità e ne sottolinea la forte natura dicotomica, di prigionia e libertà assoluta. Il castello melodico è diafano, un soffio, le chitarre passano di stanza in stanza senza riposo, ora percettibilmente elettriche e taglienti, ora sanguinosamente acustiche si incuneano nella linearità di una vocalità in cui barlumi di abisso si affacciano a finestre illuminate a giorno, di un lucore da incubo, sempre in bilico tra l’uscita e il punto più basso dell’esistenza (in Moments Of Pleasure And Joy la sensazione si fa palpabile in un’altalena di storture melodiose atte a ferire), riunendo in ogni composizione un mondo dalle mura troppo alte da poter superare, una prigione di buio amorevole, che culla ma che fa tendere all’uscita. Gli strumenti non accompagnano solo il racconto, ne sono parte intrinseca, contrappunti necessari e ribattute sul tempo, si rincorrono e adagiano l’ugola su un letto cosparso di pagane ispirazioni al limite estremo dello slowcore.

Polverizza il cuore e con i resti ne fa la base per il colore di un quadro i cui dettagli sono la chiave di lettura perfetta di ciò che alberga in un buco nel petto autoinflitto. O se inflitto da altrui mano, poco cambia, perché nell’ora dei lupi siamo soli con noi stessi e da soli dovremo rimettere assieme i pezzi per tornare integri e abbracciare un amore che pareva perduto.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni