Impatto Sonoro
Menu

Recensioni

The Armed – ULTRAPOP

2021 - Sargent House
mathcore / ultrapop

Ascolta

Acquista

Tracklist

1. ULTRAPOP
2. ALL FUTURES
3. MASUNAGA VAPORS
4.  A LIFE SO WONDERFUL
5.AN ITERATION
6. BIG SHELL
7. AVERAGE DEATH
8. FAITH IN MEDICATION
9. WHERE MAN KNOWS WANT
10. REAL FOLK BLUES
11. BAD SELECTION
12. THE MUSIC BECOMES A SKULL


Web

Sito Ufficiale
Facebook

Viviamo nell’epoca dell’ultrapop, epoca in cui tutto si è amalgamato e, mischiandosi, è divenuto indefinibile. Male: il rischio è appiattirsi. Avvenuto. Siamo indistinguibili, questa non è uguaglianza. Bene: The Armed ne approfittano per farsi descrizione di questo nuovo mondo, tentando di mettersi nei panni, tanto variegati da non poterne che trarre il massimo. Avvenuto. “ULTRAPOP”, l’album, ultrapop, il genere, o meglio, il sottogenere, e più ci si addentra in un certo concetto, privo di concetti, più si va incontro ad aspettative che divengono feticismi. Definire qualcosa, ucciderlo. Questo il concetto del collettivo per battezzare quest’opera. Estrema, “anti-nichilista, anti-punk”. Usare la moda per distruggere le mode.

Ultra, dal latino, come oltre, di più, più lontano. E qui sì che siamo ben oltre, siamo in territorio di tutti e di nessuno, il posto immaginifico in cui i punk, o suddetti tali, sarebbero voluti entrare tanto tempo fa ma che, per poco coraggio o timore reverenziale, non hanno avuto la forza di varcarne la soglia. Spesso, a comprimere così tante influenze, generi, idee, ma anche persone, si fa più danno che guadagno, finendo per confondere e confondersi. Oggi il gruppo consta di nove elementi (ivi compreso Ben Koller di Converge e Killer Be Killed) e poco importa chi ha fatto cosa e come, se vogliamo tener fede al manifesto di “ULTRAPOP”, ognuno è tassello fondamentale, un colore nella tavolozza calidoscopica del disco.

Immaginatevi un progetto Pop-Art che diventa un alieno mathcore, un ibrido Haring/Pollock che scopre in sé l’avanguardia punk che verrà, fatta di micro e macro esposizioni alla violenza acustica innata, pennelli, pennarelli, chine e chitarre, tele, sudore e grida. La resa omogenea di un essere tentacolare ed eterogeneo è atto di forza, ma The Armed fanno tutto senza sforzo, pare sia naturale passare da una melodia che non è possibile definire pulita, perché il suono granuloso che avvolge tutto il disco finisce per infettare anche passaggi più sacrali o extreme pop che mozza il fiato, con tanto di sgargianti video, in cui stile e arte finiscono per avvinghiarsi. Scariche di chitarre e synth che fanno tremare, assalti frontali, esagerazioni castranti nella rapida successione che porta il post-post-post-hardcore (da lontano scorgiamo The Blood Brothers sorridere) al ratto della sanità mentale che furoreggia, strapiombi di progressioni che, svuotandosi, danno spazio alla vitalità strabordante di dilagare. Urla e ancora urla, math smontato e rimontato, gramigna industriale che si insinua e abbatte mura, sfuriando ultracore, disperato e impazzito, senza respiro se non per far ancora più male.

Erano anni che non ascoltavo un album così tanto totalizzante e fuori di testa. Mi sembra di essere tornato ai tempi di “Miss Machine”.

Piaciuto l'articolo? Diffondi il verbo!

Altre Recensioni